Un raro muschio cinese per combattere l'Alzheimer?



Negli ultimi giorni è stata realzzata un'ulteriore scoperta nel campo della medicina, infatti, negli Stati Uniti è stato condotto uno studio su un raro muschio cinese che sembrerebbe avere effetti benefici nella cura dell'Alzheimer, (detto anche "demenza senile di tipo Alzheimer", "demenza degenerativa primaria di tipo Alzheimer" o più comunemente "morbo di Alzheimer"; è definibile come un processo degenerativo che pregiudica progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace di una vita normale, provocandone alla fine la morte). Dal suddetto studio ne è derivato un integratore alimentare chiamato Huperzine A. Quest'ultimo agisce come inibitore enzimatico ed, in base ad alcuni test clinici condotti sempre in America, sembra funzionare. Però vi era un problema che ne limitava sempre l'utilizzo; infatti l'Huperzine A ha come "fonte" il suddetto muschio cinese, (l'Huperzia), che attualmente è raro ed a rischio d'estinzione. Per questo motivo la ricerca e le sperimentazioni sono state molto frenate. Basti pensare per esempio, che l'Huperzine A può costare addirittura fino a 1.000 dollari al milligrammo. La buona notizia è che i ricercatori dell'Università di Yale sembrano essere riusciti a sintetizzare la molecola in laboratorio. Il che significa che vi è la possibilità di produrne nella quantità voluta anche quando eventualmente il muschio non dovesse più esistere in natura. Anche in passato c'erano stati tentativi di riprodurre la sostanza in laboratorio, ma il processo di sintesi si era rivelato particolarmente complesso. Il nuovo metodo messo a punto a Yale, infatti, richiede solo otto passaggi e produce una resa del 40%, contro quella dell'appena 2% del complicato procedimento tentato in precedenza. Lo studio menzionato in precedenza è stato guidato dal chimico Seth Herzon ed, in seguito, pubblicato sulla rivista Chemical Science e ripreso, inoltre, dalla testata web Osservatorio Malattie Rare. Il suo team ha prodotto in vitro, (vale a dire in provetta), diversi grammi del composto. In proposito il chimico Seth Herzon ha affermato di essere in grado di produrne molto di più, fino ad arrivare a ridurre il costo dell'Huperzine A a soli 50 centesimi al milligrammo, (ovvero la dose media giornaliera necessaria ad un paziente). Inoltre l'Huperzine A ha dimostrato di essere in grado di bloccare nei primati, (cioè nelle scimmie, per chi non lo sapesse...), senza produrre effetti collaterali, la tossicità di molti agenti usati nella guerra chimica. Ed, infatti, per questo motivo è in corso anche una collaborazione con l'esercito americano. Infine lo stesso inibitore enzimatico è attualmente oggetto di sperimentazioni cliniche per diverse malattie neurologiche. Ma, nonostante questi progressi nella ricerca, purtroppo una cura definitiva per l'Alzheimer ancora non esiste. È solo possibile rendere al miglior modo possibile le condizioni di vita del paziente, grazie a cure di supporto ed una continua ed adeguata assistenza. In Italia sono almeno 700 mila i malati di Alzheimer. Ad occuparsi di loro la maggior parte delle volte sono le famiglie che li assistono a domicilio. Pertanto è importante che accanto ai servizi socio-sanitari, spesso insufficienti, vi siano altri aiuti esterni che debbono però essere qualificati per incidere realmente sulla qualità di vita di tutto il nucleo familiare. L'Associazione Alzheimer Uniti ha in progetto di realizzare corsi di formazione per volontari, da inviare presso le famiglie in base all'esperienza acquisita ed alle reali necessità. E chissà che magari un giorno non si riesca a trovare finalmente una cura definitiva a quest'altra grave malattia.

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