Secondo i dati Istat l'Italia 2012 risulta "Più povera e con più giovani senza lavoro".


In questi giorni l'Istat ha presentato una nuova "fotografia" dell'Italia che è emersa dal rapporto "Noi Italia 2012", vale a dire 100 statistiche per riuscire a capire il Paese in cui viviamo. Ed anche se i dati rilevanti non sono del tutto nuovi, messi in fila dipingono un ritratto sotto molti aspetti preoccupante di un Paese in cui solo 6 persone su dieci lavorano, nel quale la percentuale dei giovani che non hanno un impiego né lo cercano è fra le più alte d'Europa e dove oltre 3 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta. Sono questi i dati più importanti che, secondo le rilevazioni dell'Istat, compongono il profilo economico e sociale del nostro Paese. Inoltre più otto milioni di persone vivono in condizioni di povertà relativa e rappresentano il 13,8% della popolazione, ovvero l'11% delle famiglie residenti. Mentre, come già detto precedentemente, la povertà assoluta coinvolge oltre 3 milioni di persone, vale a dire il 4,6% delle famiglie. In aggiunta nel Meridione è stato registrato uno svantaggio reddituale del 25% rispetto al Nord. Ed, in aggiunta, la Sicilia si è aggiudicata il record della diseguaglianza nella distribuzione del reddito e del reddito medio annuo più basso, infatti, il 50% delle famiglie è collocata al di sotto dei 18.302 euro annui, con circa 1.525 euro al mese. Oltretutto in Italia un giovane su cinque non ha un lavoro e non studia. Infatti i NEET, (acronimo inglese che sta per "Not in Education, Employment or Training"), tra i 15 e 29 anni sono più di 2 milioni, (equivalenti al 22,1%), e rappresentano la quota più alta dell'Eurozona e la seconda dell'Unione Europea dopo la Bulgaria. In seguito per il terzo anno consecutivo dati hanno dimostrato una crescita del tasso di disoccupazione che ha raggiunto l'8,4%, anche se il valore è comunque inferiore a quello dell'UE che si è affermata al 9,6%. Per di più la disoccupazione di lunga durata, vale a dire che dura da oltre 12 mesi, riguarda il 48,5% dei disoccupati nazionali. Invece sei persone su dieci nella fascia di età compresa fra i 20 e i 64 anni sono risultate avere un'occupazione. Oltretutto il tasso di occupazione è sceso da 61,1% a 36,6% nella fascia d'età compresa fra i 55 e i 64 anni. Le donne che lavorano sono risultate in netta minoranza rispetto agli uomini e sfiorano appena il 50%. Tra l'altro nel Mezzogiorno quasi un lavoratore su cinque è risultato non essere in regola, tra questi uno su quattro nel settore dell'agricoltura e due su 10 in quello delle costruzioni. Anche nei servizi si è registrato un'incidenza media del lavoro non regolare superiore alla media nazionale che ha raggiunto il 18,7%. E dunque complessivamente al Sud la quota di lavoratori irregolari risulta quasi doppia rispetto al Nord. In particolare la Calabria è la regione record con il 29%, mentre l'Abruzzo è risultata quella più corretta. Tuttavia anche al Nord è stato registrato un peggioramento rispetto al 2009, in particolare la Liguria supera la media nazionale di lavoratori irregolari. Oltretutto rispetto al resto d'Europa l'Italia è risultata spendere davvero poco per la ricerca. Vale a dire solo l'1,26% del PIL nel 2009, anche se a dire il vero la percentuale non è tanto lontana dall'obiettivo nazionale fissato per il 2020, cioè l'1,53%. Infatti i ricercatori, (3,8 ogni mille abitanti), sono al di sotto della media europea e distribuiti in maniera eterogenea sul territorio. In aggiunta la quota di imprese innovatrici soprattutto del settore industriale è cresciuta dal 27,1% al 30,7%. Comunque il numero di laureati in discipline tecnico-scientifiche rimane basso, infatti, sono risultati solo 12 ogni mille abitanti e di età compresa tra i 20 e i 29 anni. Un altro dato numericamente inferiore alla media europea che viene però riprodotta quando si analizza la quota di imprese italiane con almeno 10 addetti che utilizza una connessione internet a banda larga, ovvero l'83%. Inoltre solo un italiano su 3 risulta praticare sport e meno della metà della popolazione risulta leggere almeno un libro in un anno. Ed, in più, poco più di un italiano su due legge un quotidiano almeno una volta a settimana. Oltretutto, secondo questi dati, gli italiani destinano ai consumi culturali solo il 7% della loro spesa. Mentre, come sottolineato in precedenza, sono 18 milioni e 800 mila quelli che praticano un'attività sportiva, di questi oltre il 40% nel Nord-Est e meno del 23% nel Mezzogiorno. Comunque lo sport rimane un'attività tipicamente giovanile con una maggiore preferenza da parte dei maschi nella fascia di età tra gli 11 e i 17 anni, (che rappresentano il 70%). Però con l'aumentare dell'età l'impegno sportivo è risultato diminuire. Oltre al resto tra le attività culturali più gettonate dagli italiani c'è il cinema, infatti, viene scelto dal 53,7% della popolazione che ha dichiarato di esserci andata almeno una volta nel corso dell'anno. Seguono la visite a musei e mostre che al Sud sono il doppio che al Nord. In pratica la media è pari a 20,8% nel primo caso, mentre scende a 9,6% nel secondo. Inoltre l'Istat ha dichiarato: "Appare evidente che l'erosione del reddito delle famiglie del Mezzogiorno in atto da alcuni anni ha accentuato il fenomeno del finanziamento dei consumi col ricorso al credito bancario". Per di più è aumentata la spesa pubblica rispetto al 2009. Infatti l'Italia nel 2010 ha speso oltre 1.900 euro annui per abitante. Oltre a ciò è salito a circa 115 miliardi di euro, equivalenti al 7,4% del PIL, la spesa pubblica, anche se rimane inferiore rispetto a quella di altri Paesi Europei. Infatti il livello di spesa più alto si è registrato nel Lussemburgo con 3.741 di dollari pro capite, mentre quello più basso è stato in Polonia, cioè solo poco più di mille dollari pro capite. In più è risultato che le famiglie italiane contribuiscono con le proprie risorse alla spesa sanitaria che ammonta a 955 euro per famiglia nel mezzogiorno, ed a 1.265 euro nel centro-nord. Oltretutto sono quasi 5 milioni, ovvero oltre il 7% del totale dei residenti, gli stranieri iscritti all'inizio del 2011.  Che rispetto al 2001 sono più che triplicati in particolare nel 2010 sono cresciuti del 7,9% ad un ritmo di crescita meno sostenuto rispetto agli anni precedenti. Infatti Romeni, Albanesi, Marocchini, Cinesi ed Ucraini sono le prime cinque comunità che da sole rappresentano più del 50% del totale. Risultano cambiate anche le motivazioni per le quali gli stranieri con permesso di soggiorno scelgono di vivere in Italia. Prime fra tutte sono le ragioni familiari, infatti, erano circa il 13% nel 1992, mentre nel 2010 sono arrivate al 34%. Inoltre il livello d'istruzione degli stranieri in età 15-64 anni risulta simile a quello della popolazione nazionale. Tra questi la metà è in possesso della licenza media, il 40% ha un diploma di scuola superiore ed il 10% possiede una laurea. In aggiunta la forza lavoro straniera rappresenta meno del 10%, ma il tasso di occupazione degli stranieri supera quello degli italiani che è del 7%; così come il tasso di disoccupazione 11,6% contro l'8,1%. Invece risulta inferiore di dieci punti rispetto a quello italiano il tasso di inattività della popolazione straniera che arriva ad una percentuale pari al 28,6%. Oltretutto, secondo le stime del 2010, l'Italia si è anche collocata tra i paesi a bassa fecondità con solo 1,41 figli per donna. In più è il quarto Paese per dimensione demografica. Mentre nel primo gennaio 2011 sono stati rilevati 144,5 anziani ogni 100 giovani ed in Europa solo la Germania ha presentato un indice di vecchiaia più accentuato. Infine la regione più anziana è risultata essere la Liguria con una media di 85 anni per le donne e di 79 per gli uomini, invece la più giovane risulta la Campania.

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