Facebook e Google+ decidono di abolire nickname e pseudonimi e sul web si scatenano le proteste.


Le recenti richieste dell'utilizzo del vero nome, invece che i soliti nickname, da parte dei vari Social Network, cosa che ormai è pretesa anche da servizi come Facebook, (il famoso Social Network in Blu), e Google+, (l'ultimo Social Network di casa Google), stanno facendo scatenare una "guerra" nella Rete. Infatti di recente si è formata una ristretta, (ma molto combattiva), cerchia di navigatori che si batte per il diritto all'anonimato. Schierandosi in difesa di tutti coloro che non possono usare la loro vera identità: dalle persone che vivono in Paesi che limitano la libertà di parola fino agli individui che sono vittime, nella vita reale, di stalking, bullismo oppure dei classici pregiudizi sul loro orientamento sessuale. In pratica questi conflitti, che ormai si stanno facendo sempre più accesi mediante botta e risposta sul web, sono nati dalle recenti linee guida che, appunto, il Social Network di Mark Zuckerberg e quello di Larry Page e Sergey Brin, lanciato poco più di un anno fa, hanno deciso di adottare. Difatti entrambi i Social Network stanno promuovendo la cosiddetta "Real Name Policy", la quale prevede che chiunque vuole iscriversi ai loro servizi deve fornire il suo vero nome. Mentre per coloro che decideranno di utilizzare pseudonimi e soprannomi è prevista la sospensione dell'account, salvo nei casi in cui questi pseudonimi siano "certificati" da una buona popolarità online. Comunque la logica aziendale di tutto ciò potrebbe essere anche comprensibile, visto che la maggior parte degli utenti usa i Social Network per stringere legami come farebbe nella vita reale; cercando ed aggiungendo amici/contatti attraverso il loro nome reale. Il che rappresenta uno dei principali motivi per cui i navigatori hanno abbandonato MySpace ed i suoi nickname per iscriversi su Facebook. Per questo motivo non ci si dovrebbe stupire se c'è addirittura chi crede che in futuro i profili virtuali possano trasformarsi in valide carte d'identità da esibire nel mondo reale; vale a dire delle tessere plastificate con il logo del Social Network, foto profilo, nome e cognome, nazionalità e Qr Code per accedere immediatamente alla propria pagina per tutti gli ulteriori controlli. O almeno questo è quello che ha ipotizzato l'artista tedesco Tobias Leingruber, il quale ha anche creato un Social ID Bureau che gli utenti di Facebook possono utilizzare per generare il proprio "documento d'identità". Tuttavia la sua voleva essere una provocazione, un modo per denunciare quanto sia in pericolo l'anonimato sul web, anche se, come accade sempre più spesso, in molti l'hanno trasformata in uno status symbol da mostrare ai propri amici. Inoltre l'idea è stata immediatamente ripresa dall'ingegnere Moritz Tolxdorff, anche lui tedesco, che ha dato vita alle Google+ ID Card.  Però accanto all'entusiasmo per l'identità reale sbandierata online scorre la rabbia di tutti coloro che non intendono legare al proprio nome ogni singola azione effettuata sul web; come sta chiedendo di fare, per esempio, YouTube. Infatti da qualche settimana i titolari di un profilo Google+ vengono invitati a commentare i video usando il proprio nome e non più il nickname con cui sono registrati al più popolare sito di video sharing. Tuttavia in questo caso gli utenti possono ancora scegliere di rifiutare il cortese invito, anche se il "no" necessita comunque di una giustificazione. Per il momento il tutto vale solo per gli utenti YouTube residenti in America, però Google ha fatto sapere che la gentile richiesta arriverà anche in Italia, anche se ancora non è stata stabilita una data certa. Secondo alcuni, tutto ciò si iscrive nella volontà di Google di responsabilizzare gli utenti, nel tentativo di prevenire i commenti volgari ed offensivi che, con la copertura dell'anonimato, abbondano su YouTube. Il che potrebbe essere vero, anche se viene da pensare che i dati sui gusti musicali e sui video preferiti da utenti reali debbano valere una fortuna. Difatti l'aspetto economico legato alla Real Name Policy non è da sottovalutare, poiché se la società di Mark Zuckerberg naviga nell'oro, lo deve ai profili sempre più accurati creati dai propri utenti. Infatti le abitudini sul web di persone reali e facilmente identificabili possono essere monetizzate. Mentre gli pseudonimi non dicono nulla e non sono appetibili. E questo è anche spiegato chiaramente da Facebook nella pagina ufficiale dedicata agli inserzionisti: "Scegli il tuo pubblico in base a posizione geografica, età ed interessi". Per di più secondo i crociati delle nymwars, (tra l'altro esiste anche un'hashtag specifico da seguire sul famoso Social Network dai 140 caratteri, Twitter, chiamato #nymwars), le iniziative di colossi come Facebook e Google rappresentano tendenze alquanto pericolose. In ogni caso chi vuole usare pseudonimi può sempre rifiutare di iscriversi ai suddetti Social Network e trovare asilo in numerose ed anonime comunità online, come 4chan oppure Twitter. Anche se esattamente un anno fa, in seguito ai London Riots, la polizia britannica chiese proprio a Twitter di prendere seriamente in considerazione l'idea di forzare gli utenti residenti in Gran Bretagna ad utilizzare i loro veri nomi. Mentre dallo scorso Marzo tutti navigatori cinesi che decidono di iscriversi a Social Network simili a Twitter, (tra questi uno dei più popolari è  Sinia Weibo), devono farlo fornendo il proprio vero nome. Oltretutto nel 2007 una norma del tutto simile venne introdotta, (e poi quasi immediatamente ritirata), anche nella Corea del Sud. E dunque a quanto pare anche i governi non perdono occasione per dichiarare guerra agli pseudonimi sul web. E così chiunque vuole passare inosservato sul web, pur continuando ad accontentare i "padroni" dei Social Network, ricorre ad un sito molto popolare chiamato Fake name generator. Il quale permette di scegliere la nazionalità del nome, il Paese di residenza, il sesso e la fascia d'età, (oppure l'età precisa), desiderata, e successivamente il sistema genera un nome e cognome seguito da informazioni dettagliatissime, (dall'indirizzo al numero telefonico fino ad arrivare perfino al gruppo sanguigno ed al numero di carta di credito). In pratica si tratta dati falsi che chiunque può utilizzare online per essere paradossalmente più credibili; ma ovviamente ciò è ritenuto illegale e chi decide di utilizzare questi dati potrebbe passare guai seri. In ogni caso, come già spiegato in post precedenti, esiste una celebre vignetta realizzata da Peter Stainer nel 1993 per il New Yorker, che riassume al meglio il concetto di identità sulla Rete. Nel disegno sono raffigurati due cani; uno guarda scettico l'altro, seduto davanti ad un computer, e sotto di loro appare la fase: "On the Internet, nobody knows you're a dog", (che tradotto in italiano significa: "Su Internet, nessuno sa che sei un cane"). Ma all'epoca ci si trovava nei primi anni Novanta, poco prima dell'esplosione del web; un era in cui ci si poteva aspettare, (ed immaginare), davvero di tutto all'altro capo della connessione. Ai giorni d'oggi invece molti cani, (e non solo), "posseggono" un proprio profilo su Facebook, ma nella maggior parte dei casi usano il loro nome reale.

In alto la celebre vignetta pubblicata sul New Yorker del 1993.

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