L'attacco DDoS più grave della storia? Soltanto un'esagerazione.


A quanto pare il tanto chiacchierato "attacco informatico più grande e pericoloso della storia del Web", annunciato negli scorsi giorni, di fatto, non è stato poi così tanto grande. In pratica si è trattata di una esagerazione che moltissime testate online e televisive hanno condiviso. Infatti il New York Times ha parlato del "più grande attacco su Internet", mentre la BBC lo ha definito: "il più grande attacco della storia". Inoltre il sito solitamente più che documentato, Ars Technica, ha profetizzato che l'attacco fosse grande abbastanza da "minacciare Internet" nel suo complesso. Per di più sono apparse anche relazioni di servizi di monitoraggio che parlavano di una Rete che viaggiava "a passo d'uomo" in tutto il mondo. Al riguardo Alan Woodward, docente esperto di sicurezza informatica presso l'Università del Surrey, aveva dichiarato: "L'effetto a catena generato da questo attacco sta avendo ripercussioni su Internet a livello globale". Tuttavia nel corso della giornata di Giovedì 28 Marzo, alcuni osservatori su Gizmodo, ed anche il noto blogger cacciatore di bufale, Paolo Attivissimo, avevano sollevato qualche dubbio in merito. In sostanza i dati che riguardavano le attività di hosting di Amazon, (che da' ospitalità a migliaia di servizi e di siti), erano stranamente normali. Tuttavia, secondo VentureBeat, il rallentamento è stato piuttosto sensibile ed ha riguardato soprattutto Regno Unito, Germania e Paesi Bassi. Ed il motivo di ciò è che l'attacco DDoS di questi giorni pare fosse in realtà una resa dei conti tra la tanto discussa Spamhaus, (azienda specializzata nell'individuare spammer e creare liste nere di server "cattivi"), e CyberBunker, (un hosting provider olandese, cioè una società che da' ospitalità ad attività online), la quale sarebbe piuttosto spregiudicata nello scegliersi i clienti, scartando esclusivamente pedopornografi e terroristi. Infatti sembra che proprio dai server di CyberBunker sarebbe partita la minaccia alla Rete su larga scala, che però ha coinvolto, guarda caso, i Paesi dove ha sede la Spamhaus. Successivamente a rincarare l'allarme ci hanno pensato, in particolare, la stessa Spamhaus e CloudFlare, che ha pubblicato un post dal titolo "The DDoS that almost broke the Internet". In realtà, questa minaccia, che tra l'altro pare fosse già attiva da una settimana, clamorosamente non è stata registrata dai "sismografi" più attendibili e soprattutto non coinvolti direttamente da scopi di lucro. Infatti già a partire dal giorno dopo Renesys aveva fatto circolare una smentita, invece l'Internet Traffic Report mostrava, per così dire, calma piatta da circa un mese a questa parte. Tanto per intenderci, l'attacco c'è stato, perché il salto dello spam a 300 Gbps, rispetto alla media di 50 Gbps, costituisce un bel primato. Tuttavia Internet ha spalle abbastanza larghe e ci vuole altro per metterlo al tappeto. Insomma, come già spiegato, si è trattato di una bella esagerazione rimbalzata su più fonti: New York Times, (primo a lanciare l'allarme), Wired, BBC, e molti altri; alcuni dei quali ovviamente hanno subito provveduto a chiarire l'equivoco.

Di seguito una mappa tematica del suddetto attacco spam risalente alle ore 9:00 del 28 Marzo:
http://www.formiche.net/wp-content/uploads/2013/03/akamai.png

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