Google e Microsoft contro pedofili e pedopornografia.


In questi giorni Eric Schmidt, l'attuale presidente di Google, ha scelto le pagine del tabloid britannico "The Daily Mail" per aggiornare i cittadini e le autorità dei progressi fatti per combattere gli abusi sui minori perpetrati in Rete. Infatti da ora le istituzioni non avranno più motivo per puntare il dito contro gli intermediari di Internet, in quanto Google si è messo all'opera per la messa a punto di una nuova tecnologia capace di bloccare le ricerche di materiale pedopornografico su internet. Inoltre non è un caso che l'annuncio di Eric Schmidt sia stato fatto nel Regno Unito: le autorità britanniche nei mesi scorsi hanno sollecitato una risposta forte dal parte degli operatori del Web, spingendoli a mettere a punto soluzioni tecniche in grado di sradicare una volta per tutte la pedopornografia, per svincolarsi dalla responsibilità di mediare illegalità. Ma Google non è il solo; infatti anche Microsoft si è messa all'opera già da tempo, attrezzando il suo motore di ricerca, Bing, con un sistema di filtri sensibile a certe parole chiave, che innescano la comparsa di un banner che segnala l'illegalità di contenuti frutto di abusi sui minori, sviluppando sistemi d'identificazione delle vittime degli abusi come la tecnologia PhotoDNA. Perciò il colosso di Montain View ha promesso di non essere da meno. Infatti Eric Schmidt durante il suo annuncio ha illustrato i progetti compiuti nei mesi scorsi, ovvero dei passi avanti in una strategia a lungo termine che ha finora visto al lavoro oltre 200 persone solo negli ultimi tre mesi. In primis l'affinamento degli algoritmi, che ha permesso di "ripulire" i risultati di 100.000 query dai link a sfondo pedopornografico e che presto si estenderà a 158 lingue nell'arco dei prossimi 6 mesi. Tuttavia al riguardo lo stesso Eric Schmidt ha ammesso: "Abbiamo affinato la ricerca su Google per impedire di far apparire tra i nostri risultati link a siti di abusi sessuali dei bambini. Però nessun algoritmo è perfetto e Google non può impedire preventivamente ai pedofili di aggiungere nuove immagini al Web. Comunque i cambiamenti ottenuti hanno consentito finora di ripulire i risultati di oltre 100.000 richieste potenzialmente correlate ad abusi sessuali sui bambini". Inoltre, in risposta a 13.000 parole chiave, ed in risposta alla volontà del primo Ministro britannico, David Cameron, il colosso californiano adesso ha mostrato degli avvertimenti espliciti; infatti nei banner che compaiono digitando le suddette parole chiave si può leggere: «I contenuti frutto di abusi sui minori sono illegali, esistono delle istituzioni che possono porgere aiuto». Dunque se da un lato Google promette di interrompere i link con le immagini pedopornografiche, dall'altro Eric Schmidt assicura di operare anche attivamente, sul fronte dell'individuazione degli abusi. Infatti accanto al suddetto sistema di classificazione e di tracciamento delle immagini sviluppato da Microsoft, il colosso californiano ha messo a punto una tecnologia che sembra derivare da VideoID, già utilizzata per identificare i video su YouTube. Quindi se è necessario del personale umano per "distinguere tra immagini innocenti di bimbi che fanno il bagnetto e reali immagini degli abusi", questa tecnologia può tenere traccia del replicarsi dei video. Insomma Google sta mettendo a punto una soluzione di questo tipo, per poterla offrire alle numerose organizzazioni che operano contro l'abuso sui minori. Tuttavia se da una parte gli sforzi di Google sono stati accolti dal plauso istituzionale, dall'altra parte c'è chi lamenta una falla non da poco nei meccanismi approntati dai privati rispetto al modo di operare di chi sfrutta i minori. Infatti in tal proposito un rappresentante del Child Exploitation and Online Protection Centre, (noto anche con la sigla CEOP), ha spiegato: "I pedofili non vanno su Google per cercare le immagini  si rivolgono agli angoli più bui di Internet ed ai siti peer-to-peer". A questo però penseranno le istituzioni; infatti le forze dell'ordine del Regno Unito tra non molto collaboreranno con quelle statunitensi per dare un contributo ancora più globale alla lotta contro la pedopornografia.

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