Ricreato per la prima volta in laboratorio il "cuore" del Sole.


Di recente, grazie all'impiego della Z machine, (ossia il più grande generatore di raggi X al mondo, progettato per la sperimentazione sul comportamento dei materiali in condizioni estreme di temperatura e pressione, ed installato presso i Sandia National Laboratories ad Albuquerque, in Nuovo Messico), è stato possibile per la prima volta nella storia ricreare in laboratorio il "cuore" del Sole. In pratica si tratta di un'esperimento, durato circa 10 anni e descritto dettagliatamente sulla rivista Nature, che potrebbe permettere agli scienziati di spiegare alcuni dei "capricci" della nostra stella che finora non hanno trovato un riscontro nelle teorie elaborate dai fisici; parallelamente potrebbe essere anche possibile conoscere i segreti di molte stelle attorno alle quali potrebbero ruotare pianeti abitabili. In sostanza le più recenti analisi dello spettro emesso dalla superficie apparente del Sole, (vale a dire la fotosfera), avevano messo in crisi le stime che erano state fatte in precedenza riguardo all'abbondanza di elementi chimici come ossigeno, carbonio ed azoto, arrivando anche a dimezzarle. Ed è stato per chiarire questa discrepanza, i ricercatori dei Sandia National Laboratories, guidati da Jim Bailey, Taisuke Nagayama, Guillaume Loisel e Greg Rochau, hanno provato a ricreare in laboratorio le stesse condizioni di temperatura e pressione presenti all'interno della nostra stella per osservare direttamente il comportamento di questi elementi; ed a quanto pare ci sono riusciti creando la temperatura interna del Sole in un campione delle dimensioni di un granello di sabbia. Ad ogni modo il primo elemento ad essere studiato è stato il ferro, (il quale determina addirittura un quarto dell'opacità della materia stellare alla radiazione solare; ovvero un fattore molto importante nel determinare la temperatura interna del Sole): dai risultati dell'esperimento è emerso che l'opacità del ferro in queste condizioni è dal 30% al 400% più alta del previsto. Il che significa che, se il ferro si comporta diversamente da quanto teorizzato finora, allora molto probabilmente lo stesso potrebbe valere anche per gli altri elementi chimici; dunque non sarebbero da rivedere le stime della loro abbondanza all'interno del Sole, bensì le teorie sul loro comportamento in condizioni fisiche così estreme. Al riguardo lo stesso Jim Bailey ha spiegato: "Ottenere dati precisi è stato difficile, in quanto l'interno di una stella è uno dei luoghi più misteriosi dell'universo. È troppo opaco per permettere agli strumenti remoti di vedere all'interno ed analizzarne le reazioni, ed è troppo caldo per poterci inviare una sonda. È stato anche troppo difficile eseguire test in condizioni appropriate in un laboratorio. Per questo motivo la fisica che descrive come gli atomi, incorporati nel plasma solare, assorbono le radiazioni, non è mai stato testato sperimentalmente. Inoltre tale processo domina il modo in cui l'energia generata da reazioni nucleari all'interno del Sole viene trasportata verso l'esterno. Fortunatamente, nei nostri esperimenti, possiamo creare condizioni di temperatura e densità abbastanza vicini a quelli della regione interna del Sole che influisce maggiormente sulla differenza - il bordo della zona in cui domina il trasporto di energia radiativa - in un campione che è abbastanza grande, duraturo ed uniforme per essere studiato. Abbiamo usato questa nuova capacità per misurare l'opacità di ferro, uno dei pochi elementi che svolge la parte più importante nel trasferimento di energia radiante". Mentre Taisuke Nagayama ha dichiarato: "Non importa quello che facciamo, attualmente non siamo in grado di effettuare misurazioni in tutte le diverse condizioni di cui abbiamo bisogno. Ci sono 20 elementi presenti, ed una vasta gamma di temperature e densità. Studiamo il ferro, perché la sua struttura elettronica complessa è una sfida da rappresentare nelle teorie di opacità. Ed è importante in fisica solare. Il Sole è un banco di prova per modellare altre stelle. Senza prove sperimentali non sappiamo se questi modelli sono accurati. Nelle misurazioni non riusciamo a compendere il Sole, quindi il funzionamento di altre stelle sono soggetti ad una certa incertezza". Difatti, come già anticipato, questo esperimento potrebbe, infine, avere importanti implicazioni, non solo per il Sole, ma anche per lo studio delle altre stelle della galassia intorno a cui ruotano pianeti che potrebbero, appunto, ospitare forme di vita.

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