Registrati per la prima volta gli effetti dell'LSD sul cervello.


Di recente un gruppo multidisciplinare di neuroscienziati, psicofarmacologi e psicologi guidati dal professor David Nutt del dipartimento di medicina dell'Imperial College London durante uno studio pubblicato sulla rivista PNAS ha analizzato il cervello di 20 volontari sotto l'effetto del dietilamide dell'acido lisergico, (sostanza psichedelica meglio nota come LSD), attraverso la risonanza magnetica funzionale, la magnetoencefalografia e l'arterial spin labeling, per valutare la loro attività cerebrale dal vivo in modo non invasivo, durante il cosiddetto "resting state", (ovvero uno stato in cui la mente "viaggia" senza concentrarci su nulla di particolare). Così facendo nei momenti di maggiori allucinazioni visive, (indipendentemente dallo stato di coscienza riportato dai soggetti), i ricercatori hanno registrato un'intensa attività di alcuni circuiti diversi dalla corteccia visiva, che solitamente elabora questo tipo di informazioni. Il che indica il coinvolgimento anche di altre aree cerebrali: un po' come se i soggetti stessero vedendo ad occhi chiusi degli oggetti frutto della propria immaginazione piuttosto che elaborando stimoli visivi provenienti dal mondo esterno. Inoltre i modelli di attivazione neurale registrati nel corso delle esperienze allucinatorie provocate dalla droga in questione hanno evidenziato una maggior connettività tra vari network cerebrali, tra reti in genere funzionalmente più segregate le une dalle altre perché deputate a specifiche funzioni, (come, ad esempio, l'attenzione, il movimento, la percezione sensoriale ecc...). Insomma, questa iperconnessione e la modalità di funzionamento più "unificato" del cervello sarebbe alla base delle alterate percezioni riferite dal soggetto, spesso originali e di natura multisensoriale. Ad ogni modo i ricercatori hanno anche notato che altrove, (come, ad esempio, nei circuiti tra la corteccia paraippocampale, vicino ai circuiti delle nostre memorie a lungo termine, e la corteccia retrospleniale, coinvolta nella memoria autobiografica), la connettività risultava essersi ridotta; tale diminuzione si è registrata in corrispondenza di stati alterati di coscienza definiti dal soggetto come di "dissoluzione dell'Io" e di alterazione del pensiero, uniti ad un senso di unificazione con la natura ed il mondo circostante, a conferma dell'importanza già sospettata di questo circuito nel mantenimento del . Per di più da diverso tempo si sta assistendo ad un sempre più rinnovato interesse verso lo studio degli effetti terapeutici delle droghe psichedeliche, (sostanze neuroattive in grado di alterare la nostra esperienza cosciente già oggetto dell'interesse degli neuroscienziati), e gli studi su di esse sono stati accantonati dopo circa un ventennio di fioritura, tra gli anni '50 e '60. Difatti al riguardo lo stesso David Nutt ha spiegato: "Gli scienziati hanno cercato per oltre 50 anni di scoprire come LSD alteri la biologia del nostro cervello. Adesso per la prima volta possiamo vedere cosa accade al nostro cervello durante uno stato psichedelico e possiamo capire meglio perché LSD ha un tale profondo impatto sull'autoconsapevolezza e sulle musiche e le arti. Ciò potrebbe avere importanti implicazioni in psichiatria ed aiutare i pazienti a superare condizioni come la depressione". Oltretutto poter intervenire, (appunto, attraverso le sostanze psichedeliche), sulla formazione di nuove connessioni tra circuiti normalmente segregati potrebbe, infine, aiutare a capire cosa succede nella mente di chi soffre di disturbi psichiatrici che, per esempio, portano a non distinguere il dall'Altro, lo stimolo interno da quello proveniente dal mondo esterno: esattamente come accade a chi è sotto l'effetto di alcune droghe.


Di seguito un'immagine del suddetto studio:
http://www.focus.it/site_stored/imgs/0004/048/acid1-1200x800.jpg

Commenti