In futuro la saliva potrebbe essere impiegata per diagnosticare Alzheimer e Parkinson.


A quanto pare in un futuro non troppo lontano potrebbe bastare un semplice tampone salivare per diagnosticare il morbo di Alzheimer ed il Parkinson; o almeno questo è quanto hanno dimostrato di recente 2 due ricerche. In pratica la prima di questa, pubblicata sul Journal of Alzheimer's Disease, è stata condotta da alcuni ricercatori del Beaumont Hospital Research Institute su un campione di 29 soggetti, i quali hanno scoperto come all'interno della saliva dei malati di Alzheimer ci sono sostanze che la caratterizzano, mentre ne mancano altre normalmente presenti: si tratta di differenze sufficienti a consentire all'équipe di predire, appunto, le persone più a rischio di sviluppare la malattia rispetto ai soggetti sani di controllo. Ad ogni modo il secondo studio, pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE, si è occupato del Parkinson ed è stato condotto da alcuni ricercatori dell'I.R.C.C.S. Neuromed, in collaborazione con l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", guidati da Alfredo Berardelli. In sostanza, come già noto, uno dei principali problemi legati a questa malattia è la difficoltà nel formulare un'accurata diagnosi, specie nelle fasi iniziali: attualmente la malattia viene diagnosticata sulla base dell'osservazione clinica, un metodo che, nelle prime fasi, può non essere sufficientemente accurato, soprattutto per quanto riguarda la diagnosi differenziale con i cosiddetti parkinsonismi atipici. Motivo per il quale la ricerca in questione ha voluto aprire la strada alla possibilità di avere un test molecolare semplice, non invasivo e tutto basato, appunto, sulla saliva. Per entrare un può più nei dettagli questo studio si è concentrato maggiormente sull'alfa-sinucleina, ovvero una proteina normalmente presente nei neuroni in forma non aggregata, (ovvero sotto forma di monomero), che caratterizza la Malattia di Parkinson comportandosi in modo anomalo: le singole unità tendono ad aggregarsi, formando aggregati detti "oligomeri" che risultano essere altamente tossici per le cellule. Ed è stata proprio la presenza delle 2 forme di alfa-sinucleina nella saliva alla base della ricerca dei ricercatori italiani: lo studio ha, infatti, evidenziato come nei pazienti affetti da Parkinson vi sia da un lato una diminuzione della forma non aggregata della proteina in questione, e dall'altro un marcato aumento della sua forma oligomerica. Al riguardo Giorgio Vivacqua, uno dei principali autori della ricerca, ha spiegato: "In condizioni normali il rapporto tra monomeri ed oligomeri è in equilibrio, e questo ci dice che i processi cellulari di "ripulitura" stanno funzionando correttamente e riescono ad eliminare con efficienza le proteine aggregate prima che possano diventare nocive. Nella Malattia di Parkinson, invece, questo rapporto cambia: la forma aggregata aumenta, segno che quei meccanismi non stanno più svolgendo il loro compito". Mentre Antonio Suppa, coautore dello studio, ha proseguito affermando: "La nostra ricerca ha consentito di evidenziare una correlazione tra le alterazioni del rapporto tra la forma non aggregata di alfa-sinucleina, (monomerica), e quella aggregata, (oligomerica), e la progressione dei sintomi motori della malattia. Questo dato potrebbe contribuire a sviluppare in futuro un metodo obiettivo di valutazione dell'evoluzione della patologia". Ed, infine, Giovanni Fabbrini, un altro coautore della ricerca in questione, ha concluso dichiarando: "L'alfa-sinucleina è stata finora ricercata nel liquido cerebrospinale ottenuto attraverso l'esecuzione di una puntura lombare, metodica invasiva, dolorosa e difficilmente ripetibile. Un test così poco invasivo, indolore e facilmente ripetibile come quello della saliva rappresenta, al contrario, un notevole passo avanti nel raggiungimento di una diagnosi precoce della malattia. Tuttavia dobbiamo essere cauti, e sono necessarie ulteriori ricerche al fine di standardizzare tale procedura".

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