Eccomi qua a parlare per l'ennesima volta dell'ormai stra-famosissimo Social Network in Blu, Facebook, solo che questa volta non si tratta dei soliti aggiornamenti ma di una "questione" di privacy. Infatti Facebook è da sempre criticato per la "leggerezza" con cui affronta il problema della privacy degli utenti, ed in particolare ogni qualvolta effettua delle modifiche all'interfaccia oppure aggiunge nuove funzioni. Proprio per questo motivo un ventiquattrenne studente di legge a Vienna di nome Max Schrems, ha deciso di dare vita al progetto "Europe versus Facebook" per chiedere all'azienda di Mark Zuckerberg il rispetto delle leggi europee. La storia nasce ancora una volta un po' per caso un po' per talento ed intuito. Infatti mentre si trovava negli Stati Uniti per studio, Max Schrems entrò in contatto con un ragazzo che lavorava nella compagnia di Palo Alto. E parlando con lui scoprì che tutti gli utenti di Facebook che non sono residenti negli USA o in Canada, (ovvero circa il 70% del totale), fanno riferimento alla sede irlandese del colosso. E dunque da bravo studente di legge, Schrems si è reso conto che, stando a Dublino, Facebook deve far riferimento alle leggi irlandesi in materia di privacy, ben più rigide e precise di quelle americane. E iniziò così la sua piccola campagna a fronte di 22 violazioni che ha individuato nel comportamento del Social Network, accolte lo scorso 24 Agosto 2011 dalla DPC, (Data Protection Commissioner), irlandese. L'avventura di Max Schrems e dei suoi due compagni d'università che seguono con lui "Europe versus Facebook" è iniziata con una richiesta apparentemente banale. Infatti, secondo le direttive europee accolte in Irlanda dal Data Protection Act del 2003, ogni utente ha diritto a richiedere tutte le informazioni personali su di sé conservate dai servizi web. Tra cui naturalmente client di posta e Social Network. I tre studenti hanno compilato così sul forum ufficiale di Facebook la richiesta dei propri file personali contenenti tutti i dati conservati sui server del Social Network, (disponibile solo fuori da USA e Canada, non essendo obbligatorio in quella giurisdizione), e hanno ricevuto in risposta dei file PDF di 780, 1142 e 1222 pagine. Nei testi hanno trovato una mole incredibile di dati su di loro. E come ha raccontato lo stesso Max scherms: "Fra le informazioni riportate c'erano un sacco di dati che io avevo eliminato: messaggi, note, amici bannati, poke, i miei nickname precedenti, gli indirizzi mail che usavo all'inizio, tag e foto cancellate". Da qui Schrems ed i suoi amici constatarono le prime violazioni della legge europea. Infatti, secondo il Data Protection Act, ogni informazione che l'utente elimina deve essere cancellata anche dal server. Invece Facebook mantiene traccia di tutto. Inoltre Max Schrems ha spiegato: "Nei file che abbiamo ricevuto ci sono tonnellate di dati cancellati ed alcuni messaggi contenevano informazioni molto sensibili". Ed ha continuato affermando: "Io penso che sia uno scandalo il fatto che loro dicano agli utenti che possono rimuovere facilmente i contenuti, se lo vogliono, ma in realtà continuino a conservarli. Da come la vedo io, stanno semplicemente prendendo in giro le persone. Oltre che violare una legge". Tanto che il 24 Agosto scorso la commissione irlandese per la protezione dei dati ha accolto la segnalazione dei tre studenti ed ha iniziato il procedimento di verifica verso Facebook. Oltre al problema della rimozione delle informazioni dai server, fra le segnalazioni di "Europe versus Facebook" ci sono anche altre anomalie. Infatti fra i reclami del progetto ci sono ad esempio, il riconoscimento facciale nelle foto di amici o il processo per cui un utente può inserire un altro in un gruppo senza il suo consenso o ancora il fatto che gli utenti non siano correttamente informati ogni volta che vengono cambiate le impostazioni di privacy, cosa che avviene tra l'altro molto spesso. Ed, inoltre, tra tutti questi reclami, uno di quelli a cui Schrems tiene di più è quello del "opt-out". Nelle impostazioni di Facebook, infatti, il profilo attiva le scelte di condivisione più ampie, (cioè pubbliche), da cui un utente si deve "de-selezionare" se vuole mantenere private le proprie informazioni. Ma la direttiva europea prevede l'"opt-in" anziché l'"opt-out", ovvero il fatto che se si vuole un'opzione la si deve scegliere volontariamente, non si deve esservi iscritto in maniera coatta per poi essere ricordati a deselezionare l'elemento. E dunque questa è un'altra violazione su cui si scagliano i tre studenti viennesi. Al riguardo Max Schrems ha spiegato: "Negli Stati Uniti non esiste una vera e propria legge generale sulla privacy, ma solo direttive frammentate sulla protezione delle informazioni finanziarie o relative alla salute su cui sono tra l'altro molto rigidi. Per tutto il resto la privacy è considerata una questione di opzioni, non un diritto fondamentale come è invece interpretata nel diritto europeo. Per questo i comportamenti di Facebook o delle altre grandi compagnie della Silicon Valley non fanno che applicare delle direttive comuni oltreoceano". Ed invece alla base delle leggi sulla privacy in Europa c'è l'idea che ogni utente, ogni individuo, debba consentire tutte le volte all'uso ed alla circolazione dei dati che lo riguardano. E dunque Facebook in vari modi trasgredisce questa norma fondamentale per chiunque, come sembrano dimostrare questi tre giovani attivisti. Il loro obiettivo però non è ottenere un risarcimento personale. Anzi la loro è una campagna pensata per sensibilizzare i gestori del Social Network a difesa di tutti gli utenti. Ed, inoltre, Max ha affermato: "Io penso che noi dobbiamo migliorare i nostri Social Media, non ignorarli. Io voglio rendere Facebook migliore. Mi piacciono i Social Network, li uso, ma non voglio che solo perché sono dei giganti possano fare un uso improprio dei nostri dati personali". Anche perché comunque si tratterebbe semplicemente di rispettare una legge già esistente, infatti, come ha afferma, infine, Max Schrems: "Se fanno il loro business in altri Paesi devono rispettare la loro legge. Se Facebook viene in Europa deve sottoporsi alla legge, esattamente come tutte le compagnie europee che in USA accettano le loro regole". Altrimenti ci sarebbe il rischio che si arrivi ad una concorrenza sleale con chi invece è nato e cresciuto in Europa e rispetta da sempre gli stretti parametri sulla privacy.
Eccomi qua a parlare per l'ennesima volta dell'ormai stra-famosissimo Social Network in Blu, Facebook, solo che questa volta non si tratta dei soliti aggiornamenti ma di una "questione" di privacy. Infatti Facebook è da sempre criticato per la "leggerezza" con cui affronta il problema della privacy degli utenti, ed in particolare ogni qualvolta effettua delle modifiche all'interfaccia oppure aggiunge nuove funzioni. Proprio per questo motivo un ventiquattrenne studente di legge a Vienna di nome Max Schrems, ha deciso di dare vita al progetto "Europe versus Facebook" per chiedere all'azienda di Mark Zuckerberg il rispetto delle leggi europee. La storia nasce ancora una volta un po' per caso un po' per talento ed intuito. Infatti mentre si trovava negli Stati Uniti per studio, Max Schrems entrò in contatto con un ragazzo che lavorava nella compagnia di Palo Alto. E parlando con lui scoprì che tutti gli utenti di Facebook che non sono residenti negli USA o in Canada, (ovvero circa il 70% del totale), fanno riferimento alla sede irlandese del colosso. E dunque da bravo studente di legge, Schrems si è reso conto che, stando a Dublino, Facebook deve far riferimento alle leggi irlandesi in materia di privacy, ben più rigide e precise di quelle americane. E iniziò così la sua piccola campagna a fronte di 22 violazioni che ha individuato nel comportamento del Social Network, accolte lo scorso 24 Agosto 2011 dalla DPC, (Data Protection Commissioner), irlandese. L'avventura di Max Schrems e dei suoi due compagni d'università che seguono con lui "Europe versus Facebook" è iniziata con una richiesta apparentemente banale. Infatti, secondo le direttive europee accolte in Irlanda dal Data Protection Act del 2003, ogni utente ha diritto a richiedere tutte le informazioni personali su di sé conservate dai servizi web. Tra cui naturalmente client di posta e Social Network. I tre studenti hanno compilato così sul forum ufficiale di Facebook la richiesta dei propri file personali contenenti tutti i dati conservati sui server del Social Network, (disponibile solo fuori da USA e Canada, non essendo obbligatorio in quella giurisdizione), e hanno ricevuto in risposta dei file PDF di 780, 1142 e 1222 pagine. Nei testi hanno trovato una mole incredibile di dati su di loro. E come ha raccontato lo stesso Max scherms: "Fra le informazioni riportate c'erano un sacco di dati che io avevo eliminato: messaggi, note, amici bannati, poke, i miei nickname precedenti, gli indirizzi mail che usavo all'inizio, tag e foto cancellate". Da qui Schrems ed i suoi amici constatarono le prime violazioni della legge europea. Infatti, secondo il Data Protection Act, ogni informazione che l'utente elimina deve essere cancellata anche dal server. Invece Facebook mantiene traccia di tutto. Inoltre Max Schrems ha spiegato: "Nei file che abbiamo ricevuto ci sono tonnellate di dati cancellati ed alcuni messaggi contenevano informazioni molto sensibili". Ed ha continuato affermando: "Io penso che sia uno scandalo il fatto che loro dicano agli utenti che possono rimuovere facilmente i contenuti, se lo vogliono, ma in realtà continuino a conservarli. Da come la vedo io, stanno semplicemente prendendo in giro le persone. Oltre che violare una legge". Tanto che il 24 Agosto scorso la commissione irlandese per la protezione dei dati ha accolto la segnalazione dei tre studenti ed ha iniziato il procedimento di verifica verso Facebook. Oltre al problema della rimozione delle informazioni dai server, fra le segnalazioni di "Europe versus Facebook" ci sono anche altre anomalie. Infatti fra i reclami del progetto ci sono ad esempio, il riconoscimento facciale nelle foto di amici o il processo per cui un utente può inserire un altro in un gruppo senza il suo consenso o ancora il fatto che gli utenti non siano correttamente informati ogni volta che vengono cambiate le impostazioni di privacy, cosa che avviene tra l'altro molto spesso. Ed, inoltre, tra tutti questi reclami, uno di quelli a cui Schrems tiene di più è quello del "opt-out". Nelle impostazioni di Facebook, infatti, il profilo attiva le scelte di condivisione più ampie, (cioè pubbliche), da cui un utente si deve "de-selezionare" se vuole mantenere private le proprie informazioni. Ma la direttiva europea prevede l'"opt-in" anziché l'"opt-out", ovvero il fatto che se si vuole un'opzione la si deve scegliere volontariamente, non si deve esservi iscritto in maniera coatta per poi essere ricordati a deselezionare l'elemento. E dunque questa è un'altra violazione su cui si scagliano i tre studenti viennesi. Al riguardo Max Schrems ha spiegato: "Negli Stati Uniti non esiste una vera e propria legge generale sulla privacy, ma solo direttive frammentate sulla protezione delle informazioni finanziarie o relative alla salute su cui sono tra l'altro molto rigidi. Per tutto il resto la privacy è considerata una questione di opzioni, non un diritto fondamentale come è invece interpretata nel diritto europeo. Per questo i comportamenti di Facebook o delle altre grandi compagnie della Silicon Valley non fanno che applicare delle direttive comuni oltreoceano". Ed invece alla base delle leggi sulla privacy in Europa c'è l'idea che ogni utente, ogni individuo, debba consentire tutte le volte all'uso ed alla circolazione dei dati che lo riguardano. E dunque Facebook in vari modi trasgredisce questa norma fondamentale per chiunque, come sembrano dimostrare questi tre giovani attivisti. Il loro obiettivo però non è ottenere un risarcimento personale. Anzi la loro è una campagna pensata per sensibilizzare i gestori del Social Network a difesa di tutti gli utenti. Ed, inoltre, Max ha affermato: "Io penso che noi dobbiamo migliorare i nostri Social Media, non ignorarli. Io voglio rendere Facebook migliore. Mi piacciono i Social Network, li uso, ma non voglio che solo perché sono dei giganti possano fare un uso improprio dei nostri dati personali". Anche perché comunque si tratterebbe semplicemente di rispettare una legge già esistente, infatti, come ha afferma, infine, Max Schrems: "Se fanno il loro business in altri Paesi devono rispettare la loro legge. Se Facebook viene in Europa deve sottoporsi alla legge, esattamente come tutte le compagnie europee che in USA accettano le loro regole". Altrimenti ci sarebbe il rischio che si arrivi ad una concorrenza sleale con chi invece è nato e cresciuto in Europa e rispetta da sempre gli stretti parametri sulla privacy.
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