A quanto pare all'origine della Sindrome da Deficit di Attenzione ed Iperattività dell'età infantile ed adolescenziale, (nota anche con la sigla ADHD), potrebbe esserci l'assenza di un particolare enzima nel cervello; o almeno questa è stata la scoperta, (per ora effettuata solo su modello animale, e quindi da confermare), di un gruppo di ricercatori dell'I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli. In pratica l'ADHD è un disturbo identificato e descritto per la prima volta a metà dell'Ottocento, (1845 per la precisione), e riguarda i bambini, (nei quali compare in genere prima dei sette anni di età e può persistere anche in età adulta), e gli adolescenti cosiddetti "iperattivi", che hanno grandi difficoltà a concentrarsi nelle normali attività della vita quotidiana, dalla scuola ai giochi, si distraggono molto facilmente e di solito sono molto impulsivi. Tuttavia si tratta di un disturbo "controverso", in quanto negli ultimi anni, (soprattutto negli Stati Uniti), si è assistito ad un'impennata di diagnosi di questo disturbo, con il forte sospetto che molti bambini semplicemente vivaci siano stati etichettati come "iperattivi", con le conseguenze che questo comporta, (come, ad esempio, l'assunzione di farmaci per trattare i sintomi). Ad ogni modo il suddetto studio, pubblicato sulla rivista EMBO Molecular Medicine, era partito da ricerche in tutt'altro settore: i ricercatori, guidati da Daniela Carnevale, stavano studiando il ruolo di una particolare molecola, (ovvero l'enzima PI3K), a livello del cuore e del sistema cardiovascolare nei topi. In sostanza questa molecola è coinvolta nella trasmissione dei segnali all'interno delle cellule ed i topi che ne sono geneticamente privi, (ossia i cosiddetti "knock-out", in cui il gene che codifica per l'enzima è stato "spento"), risultano avere caratteristiche interessanti, come, ad esempio, il mancato sviluppo di ipertensione. Tuttavia durante questa ricerca gli scienziati hanno notato un fatto curioso: questi topi avevano un comportamento alquanto insolito. Infatti, come ha spiegato la stessa Daniela Carnevale: "Si muovevano in modo eccessivamente frenetico, avevano problemi a concentrarsi e ad apprendere. Infine presentavano deficit anche nella sfera delle interazioni sociali. Insomma, le caratteristiche tipiche dell'ADHD". A questo punto i ricercatori hanno deciso di dedicarsi alla comprensione del ruolo dell'enzima PI3k nel sistema nervoso, (dove recentemente è stata scoperta la presenza di tale molecola), concentrandosi in particolare sul locus ceruleus, vale a dire un'area del cervello già nota per essere implicata nel mantenimento dell'attenzione. Difatti il suddetto gruppo di ricercatori ha dimostrato che proprio l'iperattivazione del locus ceruleus determina nei topi una difficoltà nel mantenimento dell'attenzione, un aumento del movimento, ed un deficit nell'apprendimento. Al riguardo Daniela Carnevale ha dichiarato: "I neuroni del locus ceruleus hanno quella che viene definita una scarica tonica, un ritmo. In altri termini sono una specie di pacemaker, e la regolarità dei loro impulsi ha un ruolo determinante nel mantenere il livello di attenzione. Quando questi impulsi sono troppo frequenti, come abbiamo dimostrato nei topi privi di PI3K, compaiono le caratteristiche tipiche della Sindrome da Iperattività e Deficit di Attenzione". Insomma, si tratta di una scoperta che, se confermata, potrebbe aprire la strada alla comprensione di un meccanismo del tutto inesplorato che a sua volta potrebbe essere all'origine dell'ADHD, oltre che ovviamente a possibili nuovi trattamenti.
A quanto pare all'origine della Sindrome da Deficit di Attenzione ed Iperattività dell'età infantile ed adolescenziale, (nota anche con la sigla ADHD), potrebbe esserci l'assenza di un particolare enzima nel cervello; o almeno questa è stata la scoperta, (per ora effettuata solo su modello animale, e quindi da confermare), di un gruppo di ricercatori dell'I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli. In pratica l'ADHD è un disturbo identificato e descritto per la prima volta a metà dell'Ottocento, (1845 per la precisione), e riguarda i bambini, (nei quali compare in genere prima dei sette anni di età e può persistere anche in età adulta), e gli adolescenti cosiddetti "iperattivi", che hanno grandi difficoltà a concentrarsi nelle normali attività della vita quotidiana, dalla scuola ai giochi, si distraggono molto facilmente e di solito sono molto impulsivi. Tuttavia si tratta di un disturbo "controverso", in quanto negli ultimi anni, (soprattutto negli Stati Uniti), si è assistito ad un'impennata di diagnosi di questo disturbo, con il forte sospetto che molti bambini semplicemente vivaci siano stati etichettati come "iperattivi", con le conseguenze che questo comporta, (come, ad esempio, l'assunzione di farmaci per trattare i sintomi). Ad ogni modo il suddetto studio, pubblicato sulla rivista EMBO Molecular Medicine, era partito da ricerche in tutt'altro settore: i ricercatori, guidati da Daniela Carnevale, stavano studiando il ruolo di una particolare molecola, (ovvero l'enzima PI3K), a livello del cuore e del sistema cardiovascolare nei topi. In sostanza questa molecola è coinvolta nella trasmissione dei segnali all'interno delle cellule ed i topi che ne sono geneticamente privi, (ossia i cosiddetti "knock-out", in cui il gene che codifica per l'enzima è stato "spento"), risultano avere caratteristiche interessanti, come, ad esempio, il mancato sviluppo di ipertensione. Tuttavia durante questa ricerca gli scienziati hanno notato un fatto curioso: questi topi avevano un comportamento alquanto insolito. Infatti, come ha spiegato la stessa Daniela Carnevale: "Si muovevano in modo eccessivamente frenetico, avevano problemi a concentrarsi e ad apprendere. Infine presentavano deficit anche nella sfera delle interazioni sociali. Insomma, le caratteristiche tipiche dell'ADHD". A questo punto i ricercatori hanno deciso di dedicarsi alla comprensione del ruolo dell'enzima PI3k nel sistema nervoso, (dove recentemente è stata scoperta la presenza di tale molecola), concentrandosi in particolare sul locus ceruleus, vale a dire un'area del cervello già nota per essere implicata nel mantenimento dell'attenzione. Difatti il suddetto gruppo di ricercatori ha dimostrato che proprio l'iperattivazione del locus ceruleus determina nei topi una difficoltà nel mantenimento dell'attenzione, un aumento del movimento, ed un deficit nell'apprendimento. Al riguardo Daniela Carnevale ha dichiarato: "I neuroni del locus ceruleus hanno quella che viene definita una scarica tonica, un ritmo. In altri termini sono una specie di pacemaker, e la regolarità dei loro impulsi ha un ruolo determinante nel mantenere il livello di attenzione. Quando questi impulsi sono troppo frequenti, come abbiamo dimostrato nei topi privi di PI3K, compaiono le caratteristiche tipiche della Sindrome da Iperattività e Deficit di Attenzione". Insomma, si tratta di una scoperta che, se confermata, potrebbe aprire la strada alla comprensione di un meccanismo del tutto inesplorato che a sua volta potrebbe essere all'origine dell'ADHD, oltre che ovviamente a possibili nuovi trattamenti.
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