A quanto pare di recente per la prima volta nella storia della medicina è stata tracciata nel cervello la firma genetica dell'Alzheimer: una sorta di "mappa" delle aree neurali più "deboli" e meno protette dal classico accumulo di proteine tossiche, che ha spiegato perché la malattia in questione inizia e si diffonde nel cervello sempre allo stesso modo. In pratica si tratta del risultato ottenuto da uno studio condotto da alcuni ricercatori dell'Università di Cambridge guidati da Michele Vendruscolo, pubblicato in questi giorni sulla rivista Science Advances, e che in futuro potrebbe permettere di capire se una persona è a rischio di ammalarsi e magari agire tempestivamente con farmaci preventivi. In sostanza l'Alzheimer progredisce sempre in modo molto caratteristico, "uccidendo" tessuti cerebrali specifici e sempre nello stessa sequenza. Tuttavia finora nessuno era stato in grado di spiegare, ad esempio, perché la malattia parte sempre dalla "corteccia entorinale", per poi progredire in altre aree specifiche. Per scoprirlo lo stesso Michele Vendruscolo ha studiato 500 campioni di tessuto cerebrale di individui giovani e sani e campioni di tessuto cerebrale di pazienti deceduti per Alzheimer, accorgendosi che nel cervello sano e giovane, (di età compresa tra i 20 ed i 40 anni), si intravedono già delle "aree di vulnerabilità" in cui funzionano poco i geni protettivi anti-Alzheimer; in altre parole, si tratta di geni deputati alle funzioni di eliminazione dalle proteine tau e beta-amiloide coinvolte nella malattia. Ad ogni modo al riguardo lo scienziato italiano ha, infine, spiegato: "Abbiamo scoperto che in una persona giovane ed ancora perfettamente sana, i tessuti che in tarda età verranno attaccati dall'Alzheimer presentano già livelli di funzionamento ridotti dei geni protettivi anti-demenza. In altre parole l'Alzheimer attacca i tessuti in cui le difese contro l'aggregazione di beta-amiloide e Tau sono meno efficienti. Questa scoperta è importante in quanto aiuta a capire perché ci si ammala di Alzheimer e perché la malattia progredisce sempre allo stesso modo".
A quanto pare di recente per la prima volta nella storia della medicina è stata tracciata nel cervello la firma genetica dell'Alzheimer: una sorta di "mappa" delle aree neurali più "deboli" e meno protette dal classico accumulo di proteine tossiche, che ha spiegato perché la malattia in questione inizia e si diffonde nel cervello sempre allo stesso modo. In pratica si tratta del risultato ottenuto da uno studio condotto da alcuni ricercatori dell'Università di Cambridge guidati da Michele Vendruscolo, pubblicato in questi giorni sulla rivista Science Advances, e che in futuro potrebbe permettere di capire se una persona è a rischio di ammalarsi e magari agire tempestivamente con farmaci preventivi. In sostanza l'Alzheimer progredisce sempre in modo molto caratteristico, "uccidendo" tessuti cerebrali specifici e sempre nello stessa sequenza. Tuttavia finora nessuno era stato in grado di spiegare, ad esempio, perché la malattia parte sempre dalla "corteccia entorinale", per poi progredire in altre aree specifiche. Per scoprirlo lo stesso Michele Vendruscolo ha studiato 500 campioni di tessuto cerebrale di individui giovani e sani e campioni di tessuto cerebrale di pazienti deceduti per Alzheimer, accorgendosi che nel cervello sano e giovane, (di età compresa tra i 20 ed i 40 anni), si intravedono già delle "aree di vulnerabilità" in cui funzionano poco i geni protettivi anti-Alzheimer; in altre parole, si tratta di geni deputati alle funzioni di eliminazione dalle proteine tau e beta-amiloide coinvolte nella malattia. Ad ogni modo al riguardo lo scienziato italiano ha, infine, spiegato: "Abbiamo scoperto che in una persona giovane ed ancora perfettamente sana, i tessuti che in tarda età verranno attaccati dall'Alzheimer presentano già livelli di funzionamento ridotti dei geni protettivi anti-demenza. In altre parole l'Alzheimer attacca i tessuti in cui le difese contro l'aggregazione di beta-amiloide e Tau sono meno efficienti. Questa scoperta è importante in quanto aiuta a capire perché ci si ammala di Alzheimer e perché la malattia progredisce sempre allo stesso modo".
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