Il 5 Giugno 1981 ha rappresentato la data di inizio dell'epidemia dell'AIDS, data in cui il centro per il monitoraggio e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti identificò un'epidemia di pneumocistosi polmonare dovute a pneumocystis carinii, (ora riclassificato come Pneumocystis jirovecii), in cinque uomini gay di Los Angeles. Benché la sindrome fosse stata chiamata inizialmente GRID, (acronimo di Gay-Related Immune Deficiency, vale a dire immunodeficienza dei gay), le autorità sanitarie si accorsero ben presto che quasi metà della popolazione in cui era stata riscontrata non era omosessuale. Nel 1982 i Centers for Disease Control and Prevention, (acronimati in CDC), introdussero il termine AIDS per descrivere più esaustivamente la sindrome appena scoperta. Quando si parla della Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, (da cui l'acronimo SIDA in francese ed in spagnolo), oppure Acquired Immune Deficiency Syndrome, (AIDS in inglese, utilizzato anche all'estero), ci si riferisce ad un insieme di manifestazioni dovute alla deplezione, ossia la diminuzione del numero di linfociti T, derivante da infezione con virus HIV-1 o HIV-2. La suddetta malattia presenta diversi quadri clinici: 1) AIDS, (Acquired Immuno-Deficiency Syndrome): appunto, sindrome da immunodeficienza acquisita; 2) PLG o LAS, (Persistent Generalized Lymphadenopathy): cioè linfadenopatia generalizzata persistente; 3) ARC, (Aids Related Complex), cioè un complesso di sintomi correlati all'AIDS; 4) ADC, (Aids Dementia Complex), cioè una demenza collegata all'AIDS. Tra queste manifestazioni sono comprese infezioni da microrganismi e l'insorgenza di tumori sia comuni nella popolazione generale sia caratteristici delle persone immunocompromesse. L'agente eziologico della patologia è il virus HIV. Si suppone che la sindrome abbia avuto origine nell'Africa subsahariana, in seguito ad una mutazione di un retrovirus animale probabilmente della scimmia che nel XX secolo fu trasmesso alla popolazione umana, provocando poi una epidemia globale. Ma vediamo come agisce questa malattia... Ciò che l'infezione virale provoca è la comparsa di uno stato infiammatorio cronico che si sviluppa in un deficit funzionale e quantitativo del sistema immunitario. Sebbene una risposta immune particolarmente forte possa essere utile per controllare la replicazione virale, il mantenimento di un tale stato nel corso del tempo può portare ad un progressivo esaurimento e deplezione cellulare. Evento centrale nella patogenesi dell'infezione da HIV è l'interessamento della linea linfocitaria. In effetti, oltre alla riduzione numerica, si notano anche vari fenomeni imputabili alla riduzione funzionale dei linfociti T. I primi sintomi dell'AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un normale sistema immunitario. La maggior parte sono infezioni causate da batteri, virus, funghi, parassiti ed altri organismi. Negli individui affetti da AIDS sono comuni le infezioni opportunistiche ed aumenta il rischio di sviluppare varie forme di tumore come il Sarcoma di Kaposi, tumori del cervello e linfomi. Sintomi comuni sono febbre; sudorazione specialmente notturna; ingrossamento ghiandolare; tremore; debolezza e perdita di peso. Senza il supporto terapeutico la morte sopravviene all'incirca entro un anno. La maggior parte dei pazienti muore per infezioni opportunistiche dovute al progressivo indebolimento del sistema immunitario. Inoltre nel 1990 l'Organizzazione Mondiale della Sanità, (OMS), ha raggruppato i diversi tipi di casi definendo una scala per i pazienti affetti da HIV-1. Questa è stata aggiornata nel Settembre del 2005. La maggior parte di queste infezioni opportunistiche può essere facilmente curata in soggetti altrimenti sani. I vari stadi della malattia sono: Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS; Stadio II: include minori manifestazioni mucocutanee e ricorrenti infezioni del tratto respiratorio superiore; Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche e tubercolosi; Stadio IV: include toxoplasmosi del cervello, candidosi di esofago, trachea, bronchi o polmoni e sarcoma di Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS. Negli USA la definizione di AIDS è governata dai suddetti CDC. Nel 1993 i CDC hanno allargato la loro definizione di AIDS andando ad includere persone sane ma risultate positive al test per l'HIV, e con un numero di linfociti T, detti CD4+, inferiore a 200 per µl, (cioè microlitri, ovvero un milionesimo di litro), di sangue. Inoltre la maggioranza dei nuovi casi di AIDS negli Stati Uniti vengono diagnosticati quando si ha un basso numero di linfociti T ed è presente una infezione da HIV. Dagli inizi dell'epidemia, sono state individuate principalmente tre vie di trasmissioni dell'HIV cioè: 1) Sessualmente: La maggior parte delle infezioni del virus dell'HIV avvennero, ed avvengono tuttora, attraverso rapporti sessuali non protetti. La trasmissione sessuale può insorgere quando c'è contatto fra le secrezioni sessuali di un partner infetto con le mucose genitali, della bocca, (cunnilingus e fellatio), oppure del retto. Nonostante la probabilità di trasmissione non sia elevata, il grande numero di esposizioni di questo tipo fa sì che sia la causa prevalente della diffusione del virus. 2) Sangue e suoi derivati: Questa via di trasmissione è particolarmente importante per gli utilizzatori di droghe introvenose, emofiliaci e riceventi di trasfusioni di sangue e suoi derivati. Gli operatori del settore sanitario, (infermieri, tecnici di laboratorio, dottori ecc...), sono anche coinvolti, sebbene più raramente. Sono interessati da questa via di trasmissione anche chi pratica o si fa fare tatuaggi e/o piercing. 3) Madre-figlio: La trasmissione del virus da madre a figlio può accadere nell'utero durante le ultime settimane di gestazione ed alla nascita. Anche l'allattamento al seno presenta un rischio di infezione per il bambino. In assenza di trattamento, il tasso di trasmissione tra madre e figlio è del 25%. Tuttavia, dove un trattamento viene effettuato combinandolo con la possibilità di un parto cesareo, il rischio è stato ridotto all'1%. Comunque, per quanto rigurada la terapia per la cura, attuamente l'infezione da HIV viene trattata con la cosiddetta Highly Active Antiretroviral Therapy, (nota come HAART), nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci antiretrovirali. Il suo utilizzo a partire dal suo ingresso nel 1995 ha consentito di ridurre la morbilità e la mortalità degli individui che sono stati infettati dal virus. Tale terapia, inoltre, permette anche un miglioramento dei parametri immunitari con un netto aumento del linfociti CD4+ che sembra permanere fino a 4-5 anni, ai quali si accompagna un abbassamento della carica virale plasmatica e liquorale, (cioè quella del liquido cefalorachidiano, detto anche liquido cerebro spinale o liquido rachido-spinale). Tuttavia l'utilizzo della HAART, in uno studio preliminare condotto su dieci persone infette da HIV-2, (che si trasmette meno facilmente, è più antico ed è per lo più diffuso nell'Africa occidentale), sembra avere una minore efficacia rispetto ai risultati che si ottengono con HIV-1, (che è una forma più virulenta e si trasmette più facilmente). Sia l'HIV-1 sia l'HIV-2 derivano da virus analoghi che infettano i primati. L'HIV-1 deriva da un virus dello Scimpanzé comune. L'origine dell'HIV-2 è attribuita con certezza al Cercocebus atys, un cercopiteco presente in Guinea Bissau, Gabon e Camerun. Comunque anche se tuttora una cura definitiva contro l'AIDS non è stata trovata, un paziente americano affetto da HIV e da leucemia sembra avere di recente ottenuto grandi benefici da un trapianto di midollo proveniente da un donatore della variante genetica delta 32, (poiché i delta 32 sono immuni all'HIV). Dopo 600 giorni dal trapianto del midollo sia la leucemia che il virus sembrano scomparsi, sebbene potevano ancora essere nell'organismo, ma solo incapaci di infettare le cellule. Inoltre sempre di recente sono stati creati alcuni gatti resistenti all'HIV, grazie all'introduzione nel loro corredo genetico di alcuni geni che riescono a rendere i Macachi Rhesus resistenti al virus. L'obiettivo è stato raggiunto dai ricercatori della Mayo Clinic di Rochester, (USA), i quali hanno pubblicato i risultati del loro studio su Nature Methods. I ricercatori hanno fatto nascere, appunto, tre gattini il cui DNA è stato geneticamente modificato con una complessa procedura che ha visto l'introduzione di particolari geni in delle cellule uovo, fecondate successivamente ed impiantate in 22 gatte che hanno dato alla luce questi 3 micini transgenici, ai quali è stato dato il nome di TgCat1, TgCat2 e TgCat3. Uno di loro poi si è accoppiato generando una cucciolata portatrice del gene modificato. I geni in questione sono quelli dei Macachi e delle Meduse. Quest'ultimi geni, (cioè quelli delle meduse), hanno reso i suddetti gatti fluorescenti; infatti i gatti, se illuminati da una luce blu, brillano, permettendo così ai ricercatori di seguire l'attività dei nuovi geni nei diversi organi. Questa scelta è stata dettata dal fatto che i gatti hanno praticamente il 90% dei loro geni che presenta delle caratteristiche simili al DNA umano ed, inoltre, perché anche loro possono essere colpiti da un virus simile che causa il Fiv, Virus dell'immunodeficienza felina, (o per meglio dire "l'AIDS dei gatti"). Oltretutto sono stati scelti i Macachi perché hanno il gene TRIMCyp, che è quello che poi è stato inserito nelle cellule uovo, in grado di sintetizzare una proteina che aggredisce il Fiv e ne impedisce la replicazione. Durante il seguente studio i ricercatori, per verificare la fondatezza della loro teoria, hanno inoculato il virus in una cultura di globuli bianchi prelevati dal sangue dei micini transgenici e, grazie anche alla tracciabilità fluorescente, hanno potuto constatare come il gene dei macachi aveva sintetizzato delle proteine in grado di distruggere l'involucro del virus e quindi di impedirne la replicazione. Ovviamente gli studiosi hanno spiegato che si tratta solo di un primo passo e quindi è impensabile almeno per il momento l'utilizzo dei suddetti geni per combattere l'Hiv negli esseri umani; ma verranno utilizzati per comprendere più approfonditamente i meccanismi per sviluppare nuovi sistemi di difesa efficienti contro questa patologia. La notizia ha però suscitato molti dubbi. A prescindere dalla questione etica riguardante l'utilizzo di animali per fare ricerca per curare malattie umane, alcune persone hanno sollevato problemi anche di natura prettamente scientifica. Comunque sia non ci rimane che aspettare per vedere se questi tre gattini saranno utili per curare definitivamente l'AIDS, salvando la vita a molte persone.
Il 5 Giugno 1981 ha rappresentato la data di inizio dell'epidemia dell'AIDS, data in cui il centro per il monitoraggio e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti identificò un'epidemia di pneumocistosi polmonare dovute a pneumocystis carinii, (ora riclassificato come Pneumocystis jirovecii), in cinque uomini gay di Los Angeles. Benché la sindrome fosse stata chiamata inizialmente GRID, (acronimo di Gay-Related Immune Deficiency, vale a dire immunodeficienza dei gay), le autorità sanitarie si accorsero ben presto che quasi metà della popolazione in cui era stata riscontrata non era omosessuale. Nel 1982 i Centers for Disease Control and Prevention, (acronimati in CDC), introdussero il termine AIDS per descrivere più esaustivamente la sindrome appena scoperta. Quando si parla della Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, (da cui l'acronimo SIDA in francese ed in spagnolo), oppure Acquired Immune Deficiency Syndrome, (AIDS in inglese, utilizzato anche all'estero), ci si riferisce ad un insieme di manifestazioni dovute alla deplezione, ossia la diminuzione del numero di linfociti T, derivante da infezione con virus HIV-1 o HIV-2. La suddetta malattia presenta diversi quadri clinici: 1) AIDS, (Acquired Immuno-Deficiency Syndrome): appunto, sindrome da immunodeficienza acquisita; 2) PLG o LAS, (Persistent Generalized Lymphadenopathy): cioè linfadenopatia generalizzata persistente; 3) ARC, (Aids Related Complex), cioè un complesso di sintomi correlati all'AIDS; 4) ADC, (Aids Dementia Complex), cioè una demenza collegata all'AIDS. Tra queste manifestazioni sono comprese infezioni da microrganismi e l'insorgenza di tumori sia comuni nella popolazione generale sia caratteristici delle persone immunocompromesse. L'agente eziologico della patologia è il virus HIV. Si suppone che la sindrome abbia avuto origine nell'Africa subsahariana, in seguito ad una mutazione di un retrovirus animale probabilmente della scimmia che nel XX secolo fu trasmesso alla popolazione umana, provocando poi una epidemia globale. Ma vediamo come agisce questa malattia... Ciò che l'infezione virale provoca è la comparsa di uno stato infiammatorio cronico che si sviluppa in un deficit funzionale e quantitativo del sistema immunitario. Sebbene una risposta immune particolarmente forte possa essere utile per controllare la replicazione virale, il mantenimento di un tale stato nel corso del tempo può portare ad un progressivo esaurimento e deplezione cellulare. Evento centrale nella patogenesi dell'infezione da HIV è l'interessamento della linea linfocitaria. In effetti, oltre alla riduzione numerica, si notano anche vari fenomeni imputabili alla riduzione funzionale dei linfociti T. I primi sintomi dell'AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un normale sistema immunitario. La maggior parte sono infezioni causate da batteri, virus, funghi, parassiti ed altri organismi. Negli individui affetti da AIDS sono comuni le infezioni opportunistiche ed aumenta il rischio di sviluppare varie forme di tumore come il Sarcoma di Kaposi, tumori del cervello e linfomi. Sintomi comuni sono febbre; sudorazione specialmente notturna; ingrossamento ghiandolare; tremore; debolezza e perdita di peso. Senza il supporto terapeutico la morte sopravviene all'incirca entro un anno. La maggior parte dei pazienti muore per infezioni opportunistiche dovute al progressivo indebolimento del sistema immunitario. Inoltre nel 1990 l'Organizzazione Mondiale della Sanità, (OMS), ha raggruppato i diversi tipi di casi definendo una scala per i pazienti affetti da HIV-1. Questa è stata aggiornata nel Settembre del 2005. La maggior parte di queste infezioni opportunistiche può essere facilmente curata in soggetti altrimenti sani. I vari stadi della malattia sono: Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS; Stadio II: include minori manifestazioni mucocutanee e ricorrenti infezioni del tratto respiratorio superiore; Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche e tubercolosi; Stadio IV: include toxoplasmosi del cervello, candidosi di esofago, trachea, bronchi o polmoni e sarcoma di Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS. Negli USA la definizione di AIDS è governata dai suddetti CDC. Nel 1993 i CDC hanno allargato la loro definizione di AIDS andando ad includere persone sane ma risultate positive al test per l'HIV, e con un numero di linfociti T, detti CD4+, inferiore a 200 per µl, (cioè microlitri, ovvero un milionesimo di litro), di sangue. Inoltre la maggioranza dei nuovi casi di AIDS negli Stati Uniti vengono diagnosticati quando si ha un basso numero di linfociti T ed è presente una infezione da HIV. Dagli inizi dell'epidemia, sono state individuate principalmente tre vie di trasmissioni dell'HIV cioè: 1) Sessualmente: La maggior parte delle infezioni del virus dell'HIV avvennero, ed avvengono tuttora, attraverso rapporti sessuali non protetti. La trasmissione sessuale può insorgere quando c'è contatto fra le secrezioni sessuali di un partner infetto con le mucose genitali, della bocca, (cunnilingus e fellatio), oppure del retto. Nonostante la probabilità di trasmissione non sia elevata, il grande numero di esposizioni di questo tipo fa sì che sia la causa prevalente della diffusione del virus. 2) Sangue e suoi derivati: Questa via di trasmissione è particolarmente importante per gli utilizzatori di droghe introvenose, emofiliaci e riceventi di trasfusioni di sangue e suoi derivati. Gli operatori del settore sanitario, (infermieri, tecnici di laboratorio, dottori ecc...), sono anche coinvolti, sebbene più raramente. Sono interessati da questa via di trasmissione anche chi pratica o si fa fare tatuaggi e/o piercing. 3) Madre-figlio: La trasmissione del virus da madre a figlio può accadere nell'utero durante le ultime settimane di gestazione ed alla nascita. Anche l'allattamento al seno presenta un rischio di infezione per il bambino. In assenza di trattamento, il tasso di trasmissione tra madre e figlio è del 25%. Tuttavia, dove un trattamento viene effettuato combinandolo con la possibilità di un parto cesareo, il rischio è stato ridotto all'1%. Comunque, per quanto rigurada la terapia per la cura, attuamente l'infezione da HIV viene trattata con la cosiddetta Highly Active Antiretroviral Therapy, (nota come HAART), nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci antiretrovirali. Il suo utilizzo a partire dal suo ingresso nel 1995 ha consentito di ridurre la morbilità e la mortalità degli individui che sono stati infettati dal virus. Tale terapia, inoltre, permette anche un miglioramento dei parametri immunitari con un netto aumento del linfociti CD4+ che sembra permanere fino a 4-5 anni, ai quali si accompagna un abbassamento della carica virale plasmatica e liquorale, (cioè quella del liquido cefalorachidiano, detto anche liquido cerebro spinale o liquido rachido-spinale). Tuttavia l'utilizzo della HAART, in uno studio preliminare condotto su dieci persone infette da HIV-2, (che si trasmette meno facilmente, è più antico ed è per lo più diffuso nell'Africa occidentale), sembra avere una minore efficacia rispetto ai risultati che si ottengono con HIV-1, (che è una forma più virulenta e si trasmette più facilmente). Sia l'HIV-1 sia l'HIV-2 derivano da virus analoghi che infettano i primati. L'HIV-1 deriva da un virus dello Scimpanzé comune. L'origine dell'HIV-2 è attribuita con certezza al Cercocebus atys, un cercopiteco presente in Guinea Bissau, Gabon e Camerun. Comunque anche se tuttora una cura definitiva contro l'AIDS non è stata trovata, un paziente americano affetto da HIV e da leucemia sembra avere di recente ottenuto grandi benefici da un trapianto di midollo proveniente da un donatore della variante genetica delta 32, (poiché i delta 32 sono immuni all'HIV). Dopo 600 giorni dal trapianto del midollo sia la leucemia che il virus sembrano scomparsi, sebbene potevano ancora essere nell'organismo, ma solo incapaci di infettare le cellule. Inoltre sempre di recente sono stati creati alcuni gatti resistenti all'HIV, grazie all'introduzione nel loro corredo genetico di alcuni geni che riescono a rendere i Macachi Rhesus resistenti al virus. L'obiettivo è stato raggiunto dai ricercatori della Mayo Clinic di Rochester, (USA), i quali hanno pubblicato i risultati del loro studio su Nature Methods. I ricercatori hanno fatto nascere, appunto, tre gattini il cui DNA è stato geneticamente modificato con una complessa procedura che ha visto l'introduzione di particolari geni in delle cellule uovo, fecondate successivamente ed impiantate in 22 gatte che hanno dato alla luce questi 3 micini transgenici, ai quali è stato dato il nome di TgCat1, TgCat2 e TgCat3. Uno di loro poi si è accoppiato generando una cucciolata portatrice del gene modificato. I geni in questione sono quelli dei Macachi e delle Meduse. Quest'ultimi geni, (cioè quelli delle meduse), hanno reso i suddetti gatti fluorescenti; infatti i gatti, se illuminati da una luce blu, brillano, permettendo così ai ricercatori di seguire l'attività dei nuovi geni nei diversi organi. Questa scelta è stata dettata dal fatto che i gatti hanno praticamente il 90% dei loro geni che presenta delle caratteristiche simili al DNA umano ed, inoltre, perché anche loro possono essere colpiti da un virus simile che causa il Fiv, Virus dell'immunodeficienza felina, (o per meglio dire "l'AIDS dei gatti"). Oltretutto sono stati scelti i Macachi perché hanno il gene TRIMCyp, che è quello che poi è stato inserito nelle cellule uovo, in grado di sintetizzare una proteina che aggredisce il Fiv e ne impedisce la replicazione. Durante il seguente studio i ricercatori, per verificare la fondatezza della loro teoria, hanno inoculato il virus in una cultura di globuli bianchi prelevati dal sangue dei micini transgenici e, grazie anche alla tracciabilità fluorescente, hanno potuto constatare come il gene dei macachi aveva sintetizzato delle proteine in grado di distruggere l'involucro del virus e quindi di impedirne la replicazione. Ovviamente gli studiosi hanno spiegato che si tratta solo di un primo passo e quindi è impensabile almeno per il momento l'utilizzo dei suddetti geni per combattere l'Hiv negli esseri umani; ma verranno utilizzati per comprendere più approfonditamente i meccanismi per sviluppare nuovi sistemi di difesa efficienti contro questa patologia. La notizia ha però suscitato molti dubbi. A prescindere dalla questione etica riguardante l'utilizzo di animali per fare ricerca per curare malattie umane, alcune persone hanno sollevato problemi anche di natura prettamente scientifica. Comunque sia non ci rimane che aspettare per vedere se questi tre gattini saranno utili per curare definitivamente l'AIDS, salvando la vita a molte persone.
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