Sembra proprio che esistano due distinti sottotipi neuroanatomici della schizofrenia; o almeno questo è quanto hanno scoperto per la prima volta alcuni ricercatori della Perelman School of Medicine, (in collaborazione con diverse altre istituzioni internazionali), nel corso di uno studio che ha analizzato le scansioni cerebrali di oltre 300 pazienti ed il quale è stato pubblicato di recente sulla rivista Brain. In pratica gli scienziati hanno osservato che il primo tipo di schizofrenia mostrava volumi più bassi di sostanza grigia rispetto agli individui sani, mentre il secondo tipo aveva volumi sostanzialmente simili al cervello normale; il che ha suggerito che in futuro trovare la spiegazione di queste differenze potrebbe informare opzioni di trattamento più personalizzate. Al riguardo Christos Davatzikos, uno dei principali autori della ricerca in questione, ha spiegato: "Numerosi altri studi hanno dimostrato che le persone con schizofrenia hanno volumi significativamente più piccoli di tessuto cerebrale rispetto a quelle sane. Tuttavia per almeno un terzo dei pazienti che abbiamo esaminato, non è stato affatto così: il loro cervello era quasi completamente normale. In futuro non diremo "Questo paziente ha la schizofrenia", me diremo "Questo paziente ha questo sottotipo oppure questo schema anormale"; piuttosto che avere un ampio ombrello sotto il quale sono classificati tutti". In sostanza, come già risaputo, la schizofrenia è un disturbo mentale poco compreso che tipicamente presenta allucinazioni, deliri ed altri problemi cognitivi, sebbene i sintomi e le risposte al trattamento variano ampiamente da paziente a paziente. Inoltre finora i tentativi di studiare la malattia, (confrontando cervelli sani e malati), non hanno preso in considerazione questa eterogeneità e ciò ha confuso i risultati e minato le cure cliniche. Ad ogni modo per caratterizzare meglio le distinte differenze cerebrali all'interno della popolazione di pazienti affetti da schizofrenia, gli studiosi hanno istituito un consorzio di ricerca che comprendeva 307 pazienti affetti dalla suddetta patologia e 364 individui sani, tutti di età pari o inferiore a 45 anni, e che attraversava 3 continenti: America, Asia ed Europa, (con Paesi come Stati Uniti, Cina e Germania). Per di più, come già anticipato, i ricercatori hanno analizzato le scansioni del cervello di tutti i partecipanti, utilizzando un metodo di apprendimento automatico chiamato HYDRA, (acronimo di Heterogeneity Through Discriminative Analysis): si tratta di un approccio che aiuta ad identificare i "veri sottotipi delle malattie" limitando l'influenza delle variabili confondenti, (come, ad esempio, l'età, il sesso, i protocolli di imaging e tanti altri fattori). In merito a ciò lo stesso Christos Davatzikos ha proseguito affermando: "Questo metodo ci ha permesso di sotto-categorizzare i pazienti e scoprire in che modo differivano dai controlli, permettendoci allo stesso tempo di sezionare questa eterogeneità e districare più patologie, piuttosto che cercare di trovare un modello dominante". In ogni caso, dopo aver applicato il suddetto metodo di apprendimento automatico alle immagini del cervello delle persone prese in esame, gli scienziati hanno scoperto che 115 pazienti con schizofrenia, (equivalenti a quasi il 40%), non avevano lo schema tipico di riduzione del volume della materia grigia che è viene storicamente collegato a tale disturbo. Difatti, come già detto, il loro cervello mostrava un aumento del volume nel mezzo del cervello, in un'area chiamata striato, che svolge un ruolo nel movimento volontario; anche se durante il controllo delle differenze in termini di farmaci, età e altri dati demografici, gli studiosi non sono stati in grado di trovare una spiegazione chiara di questa variazione. A tal proposito Ganesh Chand, altro principale responsabile dello studio in questione, ha commentato: "I pazienti del sottotipo 2 sono molto interessanti perché hanno simili misure demografiche e cliniche con il sottotipo 1, e le uniche differenze sono le loro strutture cerebrali"; mentre Daniel Wolf, altro principale autore, ha aggiunto: "Ci sono una varietà di farmaci antipsicotici disponibili per gestire i sintomi della schizofrenia, ma il modo in cui influenzeranno un particolare paziente, (sia positivamente che negativamente), è spesso un colpo al buio. I trattamenti per la schizofrenia funzionano davvero bene in una minoranza di persone, abbastanza bene nella maggior parte delle persone e quasi per nulla in una minoranza di persone. Per lo più non possiamo prevedere tale risultato, quindi diventa una questione di tentativi ed errori. Ora che stiamo iniziando a comprendere la biologia alla base di questo disturbo, speriamo che un giorno avremo approcci più informati e personalizzati al trattamento". Tra l'altro per quanto riguarda il motivo per cui un intero sottogruppo di pazienti con schizofrenia ha un cervello che assomiglia a persone sane, Christos Davatzikos ha, infine, concluso precisando: "Questo è dove siamo perplessi in questo momento. Non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che gli studi che stanno mettendo tutti i pazienti affetti da schizofrenia in un gruppo, quando cercano associazioni con risposta al trattamento o misure cliniche, potrebbero non utilizzare l'approccio migliore. La ricerca futura fornirà un quadro più dettagliato di questi sottotipi in relazione ad altri aspetti della struttura e della funzione del cervello, i sintomi clinici, la progressione della malattia e l'eziologia".
Sembra proprio che esistano due distinti sottotipi neuroanatomici della schizofrenia; o almeno questo è quanto hanno scoperto per la prima volta alcuni ricercatori della Perelman School of Medicine, (in collaborazione con diverse altre istituzioni internazionali), nel corso di uno studio che ha analizzato le scansioni cerebrali di oltre 300 pazienti ed il quale è stato pubblicato di recente sulla rivista Brain. In pratica gli scienziati hanno osservato che il primo tipo di schizofrenia mostrava volumi più bassi di sostanza grigia rispetto agli individui sani, mentre il secondo tipo aveva volumi sostanzialmente simili al cervello normale; il che ha suggerito che in futuro trovare la spiegazione di queste differenze potrebbe informare opzioni di trattamento più personalizzate. Al riguardo Christos Davatzikos, uno dei principali autori della ricerca in questione, ha spiegato: "Numerosi altri studi hanno dimostrato che le persone con schizofrenia hanno volumi significativamente più piccoli di tessuto cerebrale rispetto a quelle sane. Tuttavia per almeno un terzo dei pazienti che abbiamo esaminato, non è stato affatto così: il loro cervello era quasi completamente normale. In futuro non diremo "Questo paziente ha la schizofrenia", me diremo "Questo paziente ha questo sottotipo oppure questo schema anormale"; piuttosto che avere un ampio ombrello sotto il quale sono classificati tutti". In sostanza, come già risaputo, la schizofrenia è un disturbo mentale poco compreso che tipicamente presenta allucinazioni, deliri ed altri problemi cognitivi, sebbene i sintomi e le risposte al trattamento variano ampiamente da paziente a paziente. Inoltre finora i tentativi di studiare la malattia, (confrontando cervelli sani e malati), non hanno preso in considerazione questa eterogeneità e ciò ha confuso i risultati e minato le cure cliniche. Ad ogni modo per caratterizzare meglio le distinte differenze cerebrali all'interno della popolazione di pazienti affetti da schizofrenia, gli studiosi hanno istituito un consorzio di ricerca che comprendeva 307 pazienti affetti dalla suddetta patologia e 364 individui sani, tutti di età pari o inferiore a 45 anni, e che attraversava 3 continenti: America, Asia ed Europa, (con Paesi come Stati Uniti, Cina e Germania). Per di più, come già anticipato, i ricercatori hanno analizzato le scansioni del cervello di tutti i partecipanti, utilizzando un metodo di apprendimento automatico chiamato HYDRA, (acronimo di Heterogeneity Through Discriminative Analysis): si tratta di un approccio che aiuta ad identificare i "veri sottotipi delle malattie" limitando l'influenza delle variabili confondenti, (come, ad esempio, l'età, il sesso, i protocolli di imaging e tanti altri fattori). In merito a ciò lo stesso Christos Davatzikos ha proseguito affermando: "Questo metodo ci ha permesso di sotto-categorizzare i pazienti e scoprire in che modo differivano dai controlli, permettendoci allo stesso tempo di sezionare questa eterogeneità e districare più patologie, piuttosto che cercare di trovare un modello dominante". In ogni caso, dopo aver applicato il suddetto metodo di apprendimento automatico alle immagini del cervello delle persone prese in esame, gli scienziati hanno scoperto che 115 pazienti con schizofrenia, (equivalenti a quasi il 40%), non avevano lo schema tipico di riduzione del volume della materia grigia che è viene storicamente collegato a tale disturbo. Difatti, come già detto, il loro cervello mostrava un aumento del volume nel mezzo del cervello, in un'area chiamata striato, che svolge un ruolo nel movimento volontario; anche se durante il controllo delle differenze in termini di farmaci, età e altri dati demografici, gli studiosi non sono stati in grado di trovare una spiegazione chiara di questa variazione. A tal proposito Ganesh Chand, altro principale responsabile dello studio in questione, ha commentato: "I pazienti del sottotipo 2 sono molto interessanti perché hanno simili misure demografiche e cliniche con il sottotipo 1, e le uniche differenze sono le loro strutture cerebrali"; mentre Daniel Wolf, altro principale autore, ha aggiunto: "Ci sono una varietà di farmaci antipsicotici disponibili per gestire i sintomi della schizofrenia, ma il modo in cui influenzeranno un particolare paziente, (sia positivamente che negativamente), è spesso un colpo al buio. I trattamenti per la schizofrenia funzionano davvero bene in una minoranza di persone, abbastanza bene nella maggior parte delle persone e quasi per nulla in una minoranza di persone. Per lo più non possiamo prevedere tale risultato, quindi diventa una questione di tentativi ed errori. Ora che stiamo iniziando a comprendere la biologia alla base di questo disturbo, speriamo che un giorno avremo approcci più informati e personalizzati al trattamento". Tra l'altro per quanto riguarda il motivo per cui un intero sottogruppo di pazienti con schizofrenia ha un cervello che assomiglia a persone sane, Christos Davatzikos ha, infine, concluso precisando: "Questo è dove siamo perplessi in questo momento. Non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che gli studi che stanno mettendo tutti i pazienti affetti da schizofrenia in un gruppo, quando cercano associazioni con risposta al trattamento o misure cliniche, potrebbero non utilizzare l'approccio migliore. La ricerca futura fornirà un quadro più dettagliato di questi sottotipi in relazione ad altri aspetti della struttura e della funzione del cervello, i sintomi clinici, la progressione della malattia e l'eziologia".
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