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L'utilizzo della matematica per curare il diabete?
Il termine Diabete deriva dal verbo greco διαβαίνειν, che significa passare attraverso e identifica alcune malattie caratterizzate da poliuria, (cioè l'abbondante produzione di urina), e polidipsia, (cioè l'abbondante ingestione di acqua). E sempre più persone ne sono affette. Di recente è stato scoperto che forse a quanto pare la matematica può essere utilizzata per curare il diabete. Infatti oggi si parla spesso di cure "personalizzate", cioè adattate al singolo malato ed alla sua malattia. Gli oncologi per esempio, si affidano al DNA, cioè valutano la carta di identità genetica di un tumore e, sulla base dei suoi geni, scelgono i farmaci più efficaci. Mentre i cardiologi agiscono diversamente, almeno per quanto riguarda la prevenzione di infarto ed ictus, infatti, studiano la "carta" del rischio cardiovascolare che valuta per ogni persona le abitudini quotidiane come il fumo, (che è molto dannoso), oppure l'attività fisica, (che invece è protettiva), il peso o la pressione arteriosa, (che, se in eccesso, fanno male), ed, infine, intervengono con dieta e farmaci, a seconda dell'identikit del paziente. E dunque gli esperti del diabete hanno scelto una strada similiare, infatti, combinano le misure che riguardano l'età ed il peso di una persona, la sua glicemia nelle diverse ore del giorno, quella a digiuno e soprattutto quella dopo il pasto, (alla quale gli esperti danno una grande importanza), la quantità di emoglobina glicosilata nel sangue, (in sigla HbA1c, che da' un' idea dell'eccesso di glucosio nel sangue, nei tre mesi precedenti), la presenza di obesità oppure di complicanze come l'insufficienza renale cronica, e successivamnete stabiliscono il "profilo" del paziente affetto da diabete di tipo secondo, (cioè quello degli adulti), sul quale verrà "ritagliata" la cura. I pazienti possono essere inquadrati in cinque principali "tipi", tanti quanti quelli che sono stati individuati dagli esperti dell'Associazione Medici Diabetologi, (acronimato in AMD), che ne hanno parlato a Lisbona in occasione del congresso annuale dell'EASD, cioè l'European Association for the Study of Diabetes. Un approccio dunque "made in Italy" al problema che sta interessando la comunità scientifica internazionale ed in particolare l'International Diabetes Federation che lo sta prendendo in considerazione. In riguardo Carlo B. Giorda, presidente dell'AMD ha spiegato: "Attualmente esistono linee guida per il trattamento del diabete, che non specificano quale farmaco scegliere per quel particolare tipo di paziente. Così abbiamo pensato di mettere a punto cinque algoritmi, che identificano altrettante tipologie di diabetici. Un esempio di "tipo diabetico"? Un paziente con iperglicemia lieve-moderata, (HbcA1c 6,5- 9), che fa l'autista od il muratore e che potrebbe correre un rischio professionale legato all'ipoglicemia, cioè a un'eccessiva riduzione del glucosio nel sangue, in seguito alla somministrazione di certi farmaci, che in questo caso andranno evitati". Inoltre Carlo Giorda ha continuato affermando: "Grazie a questi algoritmi possiamo sfruttare al massimo la potenza delle cure oggi disponibili. Cure che vanno cominciate il più precocemente possibile". In aggiunta Antonio Ceriello, un Italiano emigrato ha Barcellona, all'Istitut d'Investigacions Biomèdiques August Pi i Sunyer, ha affermato: "Esiste una sorta di "memoria metabolica". Se all'esordio della malattia il glucosio rimane alto per troppo tempo, (e la spia è appunto l'emoglobina glicosilata), le complicanze del diabete saranno peggiori". Proprio per questo l'AMD ha dato il via nel 2009 al progetto "Subito" che ha come obiettivo quello di intercettare i pazienti diabetici il prima possibile e trattarli nel migliore dei modi così da evitare le complicanze a lungo termine. Inoltre il "profiling" dei pazienti diabetici prende in considerazione anche un elemento sul quale gli esperti si sono focalizzati in questi ultimi tempi, vale a dire la glicemia post-prandiale. Al riguardo Antonio Ceriello ha proseguito dicendo: "Le ricerche ci dimostrano che la glicemia post-prandiale, (il pasto stimola la secrezione di insulina, l'ormone che serve al metabolismo degli zuccheri e che è carente nel diabetico), sarebbe legata ad un maggior rischio di complicanze cardiovascolari. Ecco perché è fondamentale ridurla". Inoltre ultimo ma non meno importante elemento per la personalizzazione della terapia è il controllo della glicemia da parte del paziente. Infatti l'automonitoraggio serve sia all'inizio, quando un paziente deve essere "catalogato" in uno dei cinque profili, sia dopo, per il controllo dell'efficacia della terapia. Oggi i metodi più diffusi si basano su apposite strisce, dove si fa cadere una goccia di sangue; queste strisce sono poi "lette" da un piccolo apparecchio che indicherà il valore della glicemia. I test disponibili, (oggi se ne trovano in commercio circa una ventina), hanno un margine di errore di circa il 20% nel determinare il vero valore della glicemia. Che forse è un po' troppo dal momento che quanto più il dato è preciso, tanto più accuratamente si potrà adeguare la terapia. Ed è prorpio per questo che le industrie stanno studiando nuovi glucometri che non presentino questi inconvenienti, (ad esempio, l'ultimo arrivato ha un margine di errore di solo il 10%), e che siano accurati e precisi e non interferiscano con le sostanze presenti nel sangue, come certi farmaci. Infine Guido Freckmann dell'Università di Hulm in Germania, ha concluso precisando: "Anche la Food and Drug Administration americana ha introdotto nuove regole per migliorare l'accuratezza di questi test".
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