Scoperto che nell'intestino si potrebbe "nascondere" anche la cura per l'Alzheimer.
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Immagine al microscopio dell'Escherichia coli.
Dopo la scoperta che nell'intestino sarebbe presente un batterio in grado di combattere l'obesità ed il diabete, di recente è stato scoperto che sempre nell'intestino si potrebbe "nascondere" la cura anche per l'Alzheimer. Infatti, secondo un gruppo di ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità, (noto anche con la sigla ISS), e dell'Università di Bologna, una tossina prodotta da un comune batterio presente nell'intestino umano sarebbe capace di far regredire, sino alla totale scomparsa, i sintomi neuroinfiammatori caratteristici della suddetta malattia. In pratica lo studio, che è tutto italiano, è stato il frutto, appunto, della collaborazione di alcuni ricercatori del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità con alcuni ricercatori del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie e del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell'Università di Bologna. In sostanza la ricerca, (da poco pubblicata sulla prestigiosa rivista Plos One), mostra come una singola dose della tossina CNF1, prodotta da un determinato batterio presente nell'intestino umano, (vale a dire dall'Escherichia coli), è stata in grado di far regredire e scomparire i sintomi neuroinfiammatori dell'Alzheimer nei topi da laboratorio usati come modello di studio per questa malattia. Inoltre ricerche precedenti, svolte presso l'ISS, avevano già evidenziato come il CNF1 sia capace di stimolare la plasticità cerebrale e le capacità cognitive nei topi sani. Ma tuttavia questo nuovo studio ha fatto un passo avanti ed ha aperto nuovi possibili scenari nella lotta contro l'Alzheimer. Al riguardo Carla Fiorentini, coordinatrice del gruppo dell'ISS che si occupa della tossina in questione, ha spiegato: "Nel corso delle nostre ricerche avevamo già evidenziato come il CNF1 possa stimolare la plasticità cerebrale e combattere i deficit cognitivi e di coordinazione in un modello murino per la Sindrome di Rett, malattia rara del neurosviluppo". Mentre Gabriele Campana e Roberto Rimondini Giorgini, coordinatori del gruppo dell'Università di Bologna, hanno proseguito dichiarando: "Oggi dimostriamo di poter contrastare, grazie al CNF1, importanti sintomi neuroinfiammatori, comuni a diverse malattie neurodegenerative, inclusa l'Alzheimer, per le quali attualmente non esiste una cura definitiva". Per di più questo studio pre-clinico ha già prodotto un brevetto internazionale, e la speranza è quella di poter arrivare nel minor tempo possibile alla sperimentazione sugli esseri umani. In tal proposito dall'Università di Bologna hanno, infine, concluso precisando: "È certo comunque che la nuova scoperta costituisce un passo fondamentale per il raggiungimento di una terapia efficace contro una delle più devastanti malattie dei nostri giorni".
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