A quanto pare la cosiddetta "Web Tax", (spesso detta anche "Google Tax"), sta tenendo ancora banco nella discussione della Legge di Stabilità; anzi, in questi giorni Ernesto Carbone, (PD), ovvero il suo primo ideatore, ha rilanciato con un nuovo emendamento che certamente farà discutere. In pratica invece di pensare alla partita IVA obbligatoria, in questo nuovo emendamento si è deciso di proporre una modifica alla nozione di "stabile organizzazione" per la legge italiana. Per farla breve, ciò significa che chi utilizza in modo tecnologicamente stabile la Rete italiana è azienda che opera in Italia. Al riguardo lo stesso Ernesto Carbone, all'epoca delle polemiche e dei forti contrasti per la cosiddetta Web Tax, cancellata in Senato e ricopiata alla Camera, aveva pubblicato un tweet in cui affermava: «Il meglio deve ancora venire»; ed in effetti le cose sembrano stare proprio così. Infatti basta leggere la Relazione Illustrativa del gruppo di lavoro radunatosi attorno a questa proposta, composto da ingegneri e giuristi, per capire che si tratta di un rilancio in grande stile. Ad ogni modo, come già anticipato, la premessa dell'emendamento in questione, già introdotto in sede di commissione Bilancio, è che in materia d'imposte dirette i redditi d'impresa di soggetti non residenti siano tassati in Italia solo se derivano da attività esercitate, appunto, mediante "stabile organizzazione". Ma tuttavia al giorno d'oggi, con l'avvento delle tecnologie informatiche ed Internet, le imprese straniere che prestano stabilmente servizi in Italia non hanno la necessità di avvalersi di una sede in senso tradizionale sul territorio nazionale. Ed è proprio questo il punto che l'emendamento cercherà di risolvere aggiungendo un comma all'articolo 162 del TUIR, (acronimo che sta ad indicare il Testo Unico delle Imposte sui Redditi), il quale recita: «Costituisce stabile organizzazione l'utilizzo abituale della rete nazionale, sia essa fissa, mobile o satellitare, per trasmettere dati da elaboratori elettronici, localizzati anche al di fuori del territorio nazionale, verso indirizzi IP italiani, al fine di fornire servizi online, ivi inclusi quelli consistenti in tutte le azioni poste in essere al fine di attribuire maggiore visibilità sulla rete Internet al fruitore del servizio, compresi banner o finestre di pop-up visualizzati nelle pagine web, indicizzazione e visualizzazione di link sponsorizzati sui motori di ricerca, annunci pubblicitari trasmessi via e-mail, visualizzati all'interno di Social Network o per mezzo di applicazioni su dispositivi mobili». Comunque sia la proposta andrà vagliata con attenzione nei prossimi giorni, e non mancherà certo di far esplodere il conflitto con le grandi multinazionali del Web, le quali, secondo i ben informati, sarebbero già riuscite a fare pressioni sul Ministero del Tesoro per seppellire la proposta sulle partite IVA sulla base della mancata cornice europea. Infatti con questo nuovo comma si individuano i fornitori di servizi come il display advertsing, search engine marketing, e-mail advertising, social media marketing e si afferma molto nettamente che la trasmissione dati, (cioè la commutazione di pacchetto), è la versione in bit delle caratteristiche fisiche delle aziende di una volta. Il che in termini più tecnici viene spiegato così: «È possibile determinare la frequenza, e quindi l'abitualità, con cui determinati pacchetti, provenienti da un preciso indirizzo IP, (univoco per ogni elaboratore sulla rete), attraversano i dispositivi di instradamento dei provider nazionali, avendo come destinazione finale ulteriori indirizzi IP relativi ad elaboratori, (client), localizzati sul territorio italiano. Pertanto, un flusso di dati con un elevato tasso, presuppone sia un preciso target di riferimento per il business sia la costante fruizione di infrastrutture di rete localizzate sul territorio nazionale, da cui si possa evincere una nuova forma di stabile organizzazione». Ovviamente la proposta di Ernesto Carbone non pretende di far diventare italiana un'azienda che non lo è: l'escamotage stabilisce che operano in Italia seguendo il testo sulle imposte dirette e scavalca l'obbligatorietà di aprire una partita IVA, facendo rientrare le attività dell'azienda sotto la tassazione nazionale, in tutto e per tutto, senza distinzioni con le aziende tricolore che pagano già quelle tasse, (notoriamente più alte). E per ottenere questo scopo, si sostiene che tutti coloro che anche dall'estero indirizzano servizi verso IP italiani operano in Italia. Comunque sia è difficile dire quanto ciò possa essere accolto e quali siano le conseguenze giuridiche ed economiche di questo assunto, ma di sicuro non passerà inosservato.
A quanto pare la cosiddetta "Web Tax", (spesso detta anche "Google Tax"), sta tenendo ancora banco nella discussione della Legge di Stabilità; anzi, in questi giorni Ernesto Carbone, (PD), ovvero il suo primo ideatore, ha rilanciato con un nuovo emendamento che certamente farà discutere. In pratica invece di pensare alla partita IVA obbligatoria, in questo nuovo emendamento si è deciso di proporre una modifica alla nozione di "stabile organizzazione" per la legge italiana. Per farla breve, ciò significa che chi utilizza in modo tecnologicamente stabile la Rete italiana è azienda che opera in Italia. Al riguardo lo stesso Ernesto Carbone, all'epoca delle polemiche e dei forti contrasti per la cosiddetta Web Tax, cancellata in Senato e ricopiata alla Camera, aveva pubblicato un tweet in cui affermava: «Il meglio deve ancora venire»; ed in effetti le cose sembrano stare proprio così. Infatti basta leggere la Relazione Illustrativa del gruppo di lavoro radunatosi attorno a questa proposta, composto da ingegneri e giuristi, per capire che si tratta di un rilancio in grande stile. Ad ogni modo, come già anticipato, la premessa dell'emendamento in questione, già introdotto in sede di commissione Bilancio, è che in materia d'imposte dirette i redditi d'impresa di soggetti non residenti siano tassati in Italia solo se derivano da attività esercitate, appunto, mediante "stabile organizzazione". Ma tuttavia al giorno d'oggi, con l'avvento delle tecnologie informatiche ed Internet, le imprese straniere che prestano stabilmente servizi in Italia non hanno la necessità di avvalersi di una sede in senso tradizionale sul territorio nazionale. Ed è proprio questo il punto che l'emendamento cercherà di risolvere aggiungendo un comma all'articolo 162 del TUIR, (acronimo che sta ad indicare il Testo Unico delle Imposte sui Redditi), il quale recita: «Costituisce stabile organizzazione l'utilizzo abituale della rete nazionale, sia essa fissa, mobile o satellitare, per trasmettere dati da elaboratori elettronici, localizzati anche al di fuori del territorio nazionale, verso indirizzi IP italiani, al fine di fornire servizi online, ivi inclusi quelli consistenti in tutte le azioni poste in essere al fine di attribuire maggiore visibilità sulla rete Internet al fruitore del servizio, compresi banner o finestre di pop-up visualizzati nelle pagine web, indicizzazione e visualizzazione di link sponsorizzati sui motori di ricerca, annunci pubblicitari trasmessi via e-mail, visualizzati all'interno di Social Network o per mezzo di applicazioni su dispositivi mobili». Comunque sia la proposta andrà vagliata con attenzione nei prossimi giorni, e non mancherà certo di far esplodere il conflitto con le grandi multinazionali del Web, le quali, secondo i ben informati, sarebbero già riuscite a fare pressioni sul Ministero del Tesoro per seppellire la proposta sulle partite IVA sulla base della mancata cornice europea. Infatti con questo nuovo comma si individuano i fornitori di servizi come il display advertsing, search engine marketing, e-mail advertising, social media marketing e si afferma molto nettamente che la trasmissione dati, (cioè la commutazione di pacchetto), è la versione in bit delle caratteristiche fisiche delle aziende di una volta. Il che in termini più tecnici viene spiegato così: «È possibile determinare la frequenza, e quindi l'abitualità, con cui determinati pacchetti, provenienti da un preciso indirizzo IP, (univoco per ogni elaboratore sulla rete), attraversano i dispositivi di instradamento dei provider nazionali, avendo come destinazione finale ulteriori indirizzi IP relativi ad elaboratori, (client), localizzati sul territorio italiano. Pertanto, un flusso di dati con un elevato tasso, presuppone sia un preciso target di riferimento per il business sia la costante fruizione di infrastrutture di rete localizzate sul territorio nazionale, da cui si possa evincere una nuova forma di stabile organizzazione». Ovviamente la proposta di Ernesto Carbone non pretende di far diventare italiana un'azienda che non lo è: l'escamotage stabilisce che operano in Italia seguendo il testo sulle imposte dirette e scavalca l'obbligatorietà di aprire una partita IVA, facendo rientrare le attività dell'azienda sotto la tassazione nazionale, in tutto e per tutto, senza distinzioni con le aziende tricolore che pagano già quelle tasse, (notoriamente più alte). E per ottenere questo scopo, si sostiene che tutti coloro che anche dall'estero indirizzano servizi verso IP italiani operano in Italia. Comunque sia è difficile dire quanto ciò possa essere accolto e quali siano le conseguenze giuridiche ed economiche di questo assunto, ma di sicuro non passerà inosservato.
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