A quanto pare assumere benzodiazepine può esporre ad un rischio maggiore di sviluppare il morbo di Alzheimer; o almeno questo è quanto ha affermato una recente ricerca pubblicata sul British Medical Journal da Sophie Billioti de Gage dell'Università Bordeaux; la quale al riguardo ha spiegato: "Abbiamo scoperto che il rischio aumenta del 43-51% nelle persone over 65 che hanno iniziato un trattamento con benzodiazepine in passato, (più di 5 anni prima della diagnosi). Il rischio compare per individui che hanno usato i farmaci per almeno tre mesi ed aumenta con l'aumento della durata del trattamento". In pratica durante questa ricerca gli scienziati si sono serviti del Québec Health Insurance Program, confrontando i dati di quasi 1.800 casi di Alzheimer con quelli relativi ad un gruppo di controllo formato da 7.100 soggetti privi di tale demenza. Inoltre prendendo in considerazione le prescrizioni delle benzodiazepine e la durata del trattamento, i ricercatori hanno evidenziato una decisa associazione fra il rischio di sviluppare l'Alzheimer e l'uso di questo tipo di terapia. Tuttavia la suddetta ricercatrice ha proseguito precisando: "Nel nostro studio abbiamo considerato solo coloro che avevano usato benzodiazepine per oltre 5 anni prima della diagnosi della malattia di Alzheimer, scartando quindi coloro che avevano preso questi farmaci a ridosso della diagnosi; inoltre la relazione trovata è di tipo "dose-effetto", esprimendo quindi un nesso diretto fra il dosaggio dei farmaci e l'aumento del rischio". Oltretutto un altro studio francese, firmato da Bernard Bégaud, (epidemiologo presso il prestigioso centro di ricerca INSERM), ha confermato queste conclusioni: anticipato dalla rivista Science et Avenir e prossimo alla pubblicazione scientifica integrale, lo studio in questione ha preso in esame l'uso sempre più diffuso di tranquillanti, ansiolitici e sonniferi appartenenti alla medesima classe delle benzodiazepine. Infatti, secondo le stime, solamente in Francia sarebbero migliaia i casi di Alzheimer ogni anno provocati dall'uso eccessivo di una serie di farmaci, quali: Valium, Xanax, Lexotan, Stilnox e Mogadon. In tal proposito lo stesso Bernard Bégaud ha spiegato: "Se è complicato stabilire un legame diretto di causa ed effetto, in presenza di un sospetto è doveroso agire e tentare di limitare le tante prescrizioni inutili che vengono rilasciate ogni anno"; ad esempio, la durata del trattamento non dovrebbe mai superare le 12 settimane in caso di ansiolitici. Per di più in questo caso la ricerca in questione ha selezionato fra i soggetti con più di 65 anni che fanno parte di un più vasto campione di studio sulla patologia quelli che non mostravano sintomi classificabili come segni premonitori dell'Alzheimer, come, ad esempio ansia, depressione e problemi di sonno. Dunque, mettendo a confronto consumatori e non consumatori di benzodiazepine, i ricercatori francesi hanno verificato l'esistenza di un nesso tra l'assunzione cronica dei farmaci psicotropi, (da 2 a 10 anni), ed il rischio di sviluppare l'Alzheimer. Inoltre, come ha fatto sapere Bernard Bégaud: "Contrariamente alle cadute ed alle fratture provocate dalle benzodiazepine, gli effetti cerebrali non sono immediati e sono riscontrabili soltanto a distanza di anni. L'aumento del rischio è valutabile dal 20 al 50% per le persone anziane, anche se i meccanismi di azione delle benzodiazepine sul cervello ed il modo in cui aumentano il rischio di sviluppare l'Alzheimer non sono ancora del tutto chiari". Mentre al riguardo lo psichiatra Jean-Marc Benkemoun ha, infine, concluso commentando: "Da parte mia, sono sempre assai prudente nelle prescrizioni che faccio, in particolar modo per i pazienti di una certa età, sia per i rischi di cadute accidentali e di stati confusionali, sia perché è risaputo che le benzodiazepine hanno degli effetti sulla memoria, anche se reversibili. Si sa anche che tali molecole possono aggravare una demenza già in atto. Tuttavia se fosse confermato, ad esempio, un nesso evidente fra l'uso del Valium e del Lexotan e l'insorgenza dell'Alzheimer, ciò metterebbe in discussione tutti gli attuali trattamenti".
A quanto pare assumere benzodiazepine può esporre ad un rischio maggiore di sviluppare il morbo di Alzheimer; o almeno questo è quanto ha affermato una recente ricerca pubblicata sul British Medical Journal da Sophie Billioti de Gage dell'Università Bordeaux; la quale al riguardo ha spiegato: "Abbiamo scoperto che il rischio aumenta del 43-51% nelle persone over 65 che hanno iniziato un trattamento con benzodiazepine in passato, (più di 5 anni prima della diagnosi). Il rischio compare per individui che hanno usato i farmaci per almeno tre mesi ed aumenta con l'aumento della durata del trattamento". In pratica durante questa ricerca gli scienziati si sono serviti del Québec Health Insurance Program, confrontando i dati di quasi 1.800 casi di Alzheimer con quelli relativi ad un gruppo di controllo formato da 7.100 soggetti privi di tale demenza. Inoltre prendendo in considerazione le prescrizioni delle benzodiazepine e la durata del trattamento, i ricercatori hanno evidenziato una decisa associazione fra il rischio di sviluppare l'Alzheimer e l'uso di questo tipo di terapia. Tuttavia la suddetta ricercatrice ha proseguito precisando: "Nel nostro studio abbiamo considerato solo coloro che avevano usato benzodiazepine per oltre 5 anni prima della diagnosi della malattia di Alzheimer, scartando quindi coloro che avevano preso questi farmaci a ridosso della diagnosi; inoltre la relazione trovata è di tipo "dose-effetto", esprimendo quindi un nesso diretto fra il dosaggio dei farmaci e l'aumento del rischio". Oltretutto un altro studio francese, firmato da Bernard Bégaud, (epidemiologo presso il prestigioso centro di ricerca INSERM), ha confermato queste conclusioni: anticipato dalla rivista Science et Avenir e prossimo alla pubblicazione scientifica integrale, lo studio in questione ha preso in esame l'uso sempre più diffuso di tranquillanti, ansiolitici e sonniferi appartenenti alla medesima classe delle benzodiazepine. Infatti, secondo le stime, solamente in Francia sarebbero migliaia i casi di Alzheimer ogni anno provocati dall'uso eccessivo di una serie di farmaci, quali: Valium, Xanax, Lexotan, Stilnox e Mogadon. In tal proposito lo stesso Bernard Bégaud ha spiegato: "Se è complicato stabilire un legame diretto di causa ed effetto, in presenza di un sospetto è doveroso agire e tentare di limitare le tante prescrizioni inutili che vengono rilasciate ogni anno"; ad esempio, la durata del trattamento non dovrebbe mai superare le 12 settimane in caso di ansiolitici. Per di più in questo caso la ricerca in questione ha selezionato fra i soggetti con più di 65 anni che fanno parte di un più vasto campione di studio sulla patologia quelli che non mostravano sintomi classificabili come segni premonitori dell'Alzheimer, come, ad esempio ansia, depressione e problemi di sonno. Dunque, mettendo a confronto consumatori e non consumatori di benzodiazepine, i ricercatori francesi hanno verificato l'esistenza di un nesso tra l'assunzione cronica dei farmaci psicotropi, (da 2 a 10 anni), ed il rischio di sviluppare l'Alzheimer. Inoltre, come ha fatto sapere Bernard Bégaud: "Contrariamente alle cadute ed alle fratture provocate dalle benzodiazepine, gli effetti cerebrali non sono immediati e sono riscontrabili soltanto a distanza di anni. L'aumento del rischio è valutabile dal 20 al 50% per le persone anziane, anche se i meccanismi di azione delle benzodiazepine sul cervello ed il modo in cui aumentano il rischio di sviluppare l'Alzheimer non sono ancora del tutto chiari". Mentre al riguardo lo psichiatra Jean-Marc Benkemoun ha, infine, concluso commentando: "Da parte mia, sono sempre assai prudente nelle prescrizioni che faccio, in particolar modo per i pazienti di una certa età, sia per i rischi di cadute accidentali e di stati confusionali, sia perché è risaputo che le benzodiazepine hanno degli effetti sulla memoria, anche se reversibili. Si sa anche che tali molecole possono aggravare una demenza già in atto. Tuttavia se fosse confermato, ad esempio, un nesso evidente fra l'uso del Valium e del Lexotan e l'insorgenza dell'Alzheimer, ciò metterebbe in discussione tutti gli attuali trattamenti".
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