Come noto, le distrofie muscolari sono caratterizzate da una progressiva atrofia della muscolatura scheletrica tale da compromettere la capacità motoria dei pazienti fino ad una insufficienza cardio-respiratoria con esiti molto severi. In pratica queste malattie rare sono causate da mutazioni geniche che portano alla mancata espressione di proteine che formano un ponte molecolare tra il citoscheletro e la lamina basale della fibra muscolare: la conseguenza di tali mutazioni è una maggiore fragilità per cui, durante la contrazione, le fibre muscolari si danneggiano e muoiono, per poi essere sostituite progressivamente da del tessuto cicatriziale e grasso. Ma, nonostante i numerosi sforzi terapeutico/sperimentali, ad oggi non vi è purtroppo ancora una cura risolutiva; anche se in una serie di studi relativamente recenti, iniziati all'Università La Sapienza di Roma e proseguiti presso l'Università degli Studi di Milano, è stata isolata e caratterizzata per la prima volta una classe di progenitori cellulari associati ai vasi sanguigni chiamati Mesoangioblasti. Difatti nel corso degli ultimi anni, il suddetto gruppo della Statale di Milano ha scoperto che queste cellule risultano essere in grado di differenziarsi in muscolo scheletrico e, cosa più rilevante, se iniettate per via sistemica, riescono ad attraversare la parete dei vasi sanguigni per favorire la rigenerazione delle fibre muscolari danneggiate nelle prime fasi della malattia. In sostanza questi risultati hanno rappresentato la base per una trial clinico di fase I/II effettuato soprattutto per i trattamenti della Distrofia Muscolare di Duchenne, il quale tuttavia si è concluso dimostrando sì la sicurezza di questo metodo, ma non ancora la sua totale efficacia. Mentre adesso nel suddetto nuovo lavoro, (frutto di un'intensa collaborazione con il professor Giulio Cossu, dell'Università degli Studi di Milano e dell'Università di Manchester, "padre" dei Mesoangioblasti, con il gruppo del dottor David Sassoon, dell'Inserm- Institut de' Myologie- Paris, il quale ha da sempre studiato e caratterizzato il gene PW1/Peg3, ed il gruppo della professoressa Elisabetta Dejana, dell'Università degli Studi di Milano e dell'IFOM, il quale da sempre studia le interazioni cellula-cellula nell'endotelio), è stato compiuto un importante passo in avanti: il gruppo di scienziati del Dipartimento di Bioscienze della Statale di Milano, guidati dalla professoressa Graziella Messina, ha scoperto il ruolo cruciale che un particolare gene, (denominato PW1/Peg3), svolge nel determinare l'effettiva efficacia dei Mesoangioblasti, (derivati da diversi donatori o pazienti), nella rigenerazione delle fibre muscolari, aprendo in tal modo la via a nuove possibilità per la sperimentazione dei Mesoangioblasti per la terapia delle distrofie muscolari. Infatti i ricercatori hanno osservato che il gene PW1/Peg3 è espresso ad alti livelli in popolazioni di Mesoangioblasti che si differenziano bene in muscolo scheletrico mentre risulta assente in Mesoangioblasti che non sono in grado di differenziarsi sia in vitro che in vivo, una volta trapiantati in topi affetti da distrofia muscolare. Tra l'altro è stato osservato che quando PW1/Peg3 risulta assente i Mesoangioblasti non sono più in grado di attraversare la parete dei vasi sanguigni, se trapiantati per via sistemica. Al riguardo la stessa professoressa Graziella Messina ha, infine, spiegato: "Abbiamo scoperto che PW1/Peg3 risulta essenziale nel conferire ai Mesoangioblasti la loro capacità di differenziarsi in muscolo scheletrico e di attraversare la parete dei vasi: due aspetti che permettono di predire in anticipo la potenzialità dei Mesoangioblasti per la terapia cellulare delle distrofie muscolari. Possiamo affermare con orgoglio che questo studio apre la via a nuove possibilità per la sperimentazione dei Mesangioblasti nella terapia delle distrofie muscolari".
Come noto, le distrofie muscolari sono caratterizzate da una progressiva atrofia della muscolatura scheletrica tale da compromettere la capacità motoria dei pazienti fino ad una insufficienza cardio-respiratoria con esiti molto severi. In pratica queste malattie rare sono causate da mutazioni geniche che portano alla mancata espressione di proteine che formano un ponte molecolare tra il citoscheletro e la lamina basale della fibra muscolare: la conseguenza di tali mutazioni è una maggiore fragilità per cui, durante la contrazione, le fibre muscolari si danneggiano e muoiono, per poi essere sostituite progressivamente da del tessuto cicatriziale e grasso. Ma, nonostante i numerosi sforzi terapeutico/sperimentali, ad oggi non vi è purtroppo ancora una cura risolutiva; anche se in una serie di studi relativamente recenti, iniziati all'Università La Sapienza di Roma e proseguiti presso l'Università degli Studi di Milano, è stata isolata e caratterizzata per la prima volta una classe di progenitori cellulari associati ai vasi sanguigni chiamati Mesoangioblasti. Difatti nel corso degli ultimi anni, il suddetto gruppo della Statale di Milano ha scoperto che queste cellule risultano essere in grado di differenziarsi in muscolo scheletrico e, cosa più rilevante, se iniettate per via sistemica, riescono ad attraversare la parete dei vasi sanguigni per favorire la rigenerazione delle fibre muscolari danneggiate nelle prime fasi della malattia. In sostanza questi risultati hanno rappresentato la base per una trial clinico di fase I/II effettuato soprattutto per i trattamenti della Distrofia Muscolare di Duchenne, il quale tuttavia si è concluso dimostrando sì la sicurezza di questo metodo, ma non ancora la sua totale efficacia. Mentre adesso nel suddetto nuovo lavoro, (frutto di un'intensa collaborazione con il professor Giulio Cossu, dell'Università degli Studi di Milano e dell'Università di Manchester, "padre" dei Mesoangioblasti, con il gruppo del dottor David Sassoon, dell'Inserm- Institut de' Myologie- Paris, il quale ha da sempre studiato e caratterizzato il gene PW1/Peg3, ed il gruppo della professoressa Elisabetta Dejana, dell'Università degli Studi di Milano e dell'IFOM, il quale da sempre studia le interazioni cellula-cellula nell'endotelio), è stato compiuto un importante passo in avanti: il gruppo di scienziati del Dipartimento di Bioscienze della Statale di Milano, guidati dalla professoressa Graziella Messina, ha scoperto il ruolo cruciale che un particolare gene, (denominato PW1/Peg3), svolge nel determinare l'effettiva efficacia dei Mesoangioblasti, (derivati da diversi donatori o pazienti), nella rigenerazione delle fibre muscolari, aprendo in tal modo la via a nuove possibilità per la sperimentazione dei Mesoangioblasti per la terapia delle distrofie muscolari. Infatti i ricercatori hanno osservato che il gene PW1/Peg3 è espresso ad alti livelli in popolazioni di Mesoangioblasti che si differenziano bene in muscolo scheletrico mentre risulta assente in Mesoangioblasti che non sono in grado di differenziarsi sia in vitro che in vivo, una volta trapiantati in topi affetti da distrofia muscolare. Tra l'altro è stato osservato che quando PW1/Peg3 risulta assente i Mesoangioblasti non sono più in grado di attraversare la parete dei vasi sanguigni, se trapiantati per via sistemica. Al riguardo la stessa professoressa Graziella Messina ha, infine, spiegato: "Abbiamo scoperto che PW1/Peg3 risulta essenziale nel conferire ai Mesoangioblasti la loro capacità di differenziarsi in muscolo scheletrico e di attraversare la parete dei vasi: due aspetti che permettono di predire in anticipo la potenzialità dei Mesoangioblasti per la terapia cellulare delle distrofie muscolari. Possiamo affermare con orgoglio che questo studio apre la via a nuove possibilità per la sperimentazione dei Mesangioblasti nella terapia delle distrofie muscolari".
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