A quanto pare il pioglitazone, (noto con il nome commerciale Actos), un farmaco usato generalmente per trattare il diabete mellito di tipo 2, potrebbe aiutare nella lotta contro la leucemia mieloide cronica, ovvero un tumore del sangue, (nota anche on la sigla LMC), che colpisce ogni anno in media 2 persone su 100.000: solo in Italia colpisce ogni anno circa 650 uomini e 500 donne, (soprattutto anziani). O almeno questo è quanto hanno suggerito i risultati di una recente ricerca preliminare condotta da un team di ricercatori internazionale, (tra cui quelli del Cancer Research UK e dell'Università di Parigi), e pubblicata sulla rivista Nature. In pratica durante tale ricerca sono stati presi in esame 24 pazienti affetti da LMC che non avevano avuto riscontro con i farmaci convenzionali, ed ai quali i ricercatori inglesi hanno somministrato, insieme al trattamento standard, il pioglitazone, appunto, un principio attivo che appartiene alla classe dei tiazolidindioni, in grado di aumentare la sensibilità all'insulina nei tessuti. Ad ogni modo dopo 12 mesi dalla somministrazione, i ricercatori hanno notato che più del 50% dei pazienti trattati in questo modo risultava essere in via di miglioramento: i primi 3 pazienti a cui era stata somministrata questa cura non hanno visto ripresentarsi il tumore nei 5 anni successivi. In sostanza, come noto, la leucemia mieloide cronica ha origine nelle cellule ematopoietiche del midollo osseo e provoca lo sviluppo anomalo dei globuli bianchi. Tuttavia il trattamento standard, (a base di farmaci come l'imatinib), pur avendo notevolmente migliorato le condizioni e le prospettive di vita per i malati, in alcuni casi provoca un elevato tasso di resistenza. Comunque sia, anche se la ricerca, (guidata anche da Philippe Leboulch, professore di medicina e biologia cellulare presso l'Università di Parigi), è stata condotta solo su un numero ristretto di pazienti e dovrà dunque essere confermata da studi clinici di maggiori dimensioni, la speranza dei ricercatori è che il trattamento combinato possa essere utile per combattere anche altre forme di tumori simili: per il momento però devono ancora essere indagati a fondo gli effetti collaterali del pioglitazone nei pazienti oncologici. Al riguardo Peter Johnson, ricercatore del Cancer Research UK, nonché coautore dello studio in questione, ha, infine, commentato: "Questo studio è la dimostrazione di come la conoscenza della biologia delle cellule tumorali possa contribuire a migliorare le terapie per i pazienti. Tuttavia si tratta di una ricerca preliminare basata su un piccolo numero di pazienti. Sarà interessante scoprire se questo trattamento combinato funziona anche in trial clinici più ampi".
A quanto pare il pioglitazone, (noto con il nome commerciale Actos), un farmaco usato generalmente per trattare il diabete mellito di tipo 2, potrebbe aiutare nella lotta contro la leucemia mieloide cronica, ovvero un tumore del sangue, (nota anche on la sigla LMC), che colpisce ogni anno in media 2 persone su 100.000: solo in Italia colpisce ogni anno circa 650 uomini e 500 donne, (soprattutto anziani). O almeno questo è quanto hanno suggerito i risultati di una recente ricerca preliminare condotta da un team di ricercatori internazionale, (tra cui quelli del Cancer Research UK e dell'Università di Parigi), e pubblicata sulla rivista Nature. In pratica durante tale ricerca sono stati presi in esame 24 pazienti affetti da LMC che non avevano avuto riscontro con i farmaci convenzionali, ed ai quali i ricercatori inglesi hanno somministrato, insieme al trattamento standard, il pioglitazone, appunto, un principio attivo che appartiene alla classe dei tiazolidindioni, in grado di aumentare la sensibilità all'insulina nei tessuti. Ad ogni modo dopo 12 mesi dalla somministrazione, i ricercatori hanno notato che più del 50% dei pazienti trattati in questo modo risultava essere in via di miglioramento: i primi 3 pazienti a cui era stata somministrata questa cura non hanno visto ripresentarsi il tumore nei 5 anni successivi. In sostanza, come noto, la leucemia mieloide cronica ha origine nelle cellule ematopoietiche del midollo osseo e provoca lo sviluppo anomalo dei globuli bianchi. Tuttavia il trattamento standard, (a base di farmaci come l'imatinib), pur avendo notevolmente migliorato le condizioni e le prospettive di vita per i malati, in alcuni casi provoca un elevato tasso di resistenza. Comunque sia, anche se la ricerca, (guidata anche da Philippe Leboulch, professore di medicina e biologia cellulare presso l'Università di Parigi), è stata condotta solo su un numero ristretto di pazienti e dovrà dunque essere confermata da studi clinici di maggiori dimensioni, la speranza dei ricercatori è che il trattamento combinato possa essere utile per combattere anche altre forme di tumori simili: per il momento però devono ancora essere indagati a fondo gli effetti collaterali del pioglitazone nei pazienti oncologici. Al riguardo Peter Johnson, ricercatore del Cancer Research UK, nonché coautore dello studio in questione, ha, infine, commentato: "Questo studio è la dimostrazione di come la conoscenza della biologia delle cellule tumorali possa contribuire a migliorare le terapie per i pazienti. Tuttavia si tratta di una ricerca preliminare basata su un piccolo numero di pazienti. Sarà interessante scoprire se questo trattamento combinato funziona anche in trial clinici più ampi".
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