IL1RAP e LFA-1, i geni che scatenano l'Alzheimer.


A quanto pare c'è un gene specifico legato a più alti tassi di accumulo di proteina precorritrice della beta-amiloide e quindi all'insorgenza dell'Alzheimer; o almeno questo è quello che hanno fatto sapere alcuni ricercatori dell'Università dell'Indiana i quali di recente hanno pubblicato sulla rivista Brain i dettagli di un loro studio. In pratica i ricercatori statunitensi sono riusciti a decodificare l'intero genoma di 500 pazienti, misurando anche l'estensione delle placche amiloidi nel loro cervello con un intervallo di 2 anni. Successivamente hanno incrociato i dati scoprendo che il gene IL1RAP risulta essere associato, appunto, ad una maggiore crescita e sviluppo delle suddette placche. Al riguardo Vijay K. Ramanan, uno degli autori della ricerca, ha dichiarato: "È stata una scoperta interessante perché IL1RAP è noto per svolgere un ruolo centrale nell'attività della microglia, le cellule del sistema immunitario che agiscono come sistema per lo smaltimento dei rifiuti nel cervello e sono al centro di pesanti indagini in una varietà di malattie neurodegenerative". Tra l'altro un altro studio condotto da alcuni ricercatori dell'Università degli Studi di Verona ha scoperto meccanismi inediti nel processo che porta proprio allo sviluppo del morbo di Alzheimer: pubblicato su Nature Medicine, lo studio si è concentrato in particolare sui leucociti, che sembrano giocare un ruolo fondamentale nell'insorgenza della malattia in questione. Difatti in generale le malattie infiammatorie sono accomunate dalla migrazione dei globuli bianchi dai vasi sanguigni nei tessuti colpiti dalla patologia: in caso di infezione, il processo è fondamentale per proteggere l'organismo dall'aggressione esterna. Tuttavia ciò non avviene quando le infiammazioni non sono dovute ad una vera e propria infezione: in questo caso i leucociti producono un danno tissutale. In tal proposito Gabriella Constantin, docente di Patologia generale presso il Dipartimento di Patologia e Diagnostica dell'Università degli Studi di Verona, ha spiega: "È stato scoperto che i neutrofili sono coinvolti nell'induzione della patologia in modelli sperimentali di Alzheimer ed è stata svelata la presenza di neutrofili nel tessuto cerebrale proveniente da autopsie effettuate su pazienti con Alzheimer". Inoltre da tale studio è emerso l'importante ruolo dell'integrina LFA-1, vale a dire una proteina presente sulla superficie dei neutrofili che media l'adesione dei globuli bianchi alla parete dei vasi sanguigni e la conseguente migrazione verso il cervello. Tra l'altro i ricercatori veronesi hanno anche tentato di bloccare l'LFA-1, ottenendo una riduzione significativa della formazione di aggregati del cosiddetto materiale proteico, (ossia il risultato dell'incontro tra proteina amiloide e tau che caratterizza la malattia di Alzheimer dal punto di vista neuropatologico). Insomma, così facendo i ricercatori sono, infine, riusciti ad impedire lo sviluppo del deficit cognitivo in modelli sperimentali di Alzheimer.

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