A quanto pare il confine tra coscienza ed incoscienza si trova in un delicatissimo punto di equilibrio delle connessioni tra i neuroni; o almeno questo è quanto hanno scoperto di recente alcuni ricercatori dell'Institute for Medical Psychology dell'Università di Kiel, i quali, attraverso uno studio intitolato "Large-scale signatures of unconsciousness are consistent with a departure from critical dynamics" e pubblicato sul Journal of the Royal Society Interfacef, hanno cercando di comprendere se ed in che modo sia possibile svegliare un paziente dal coma agendo direttamente sulla sua attività cerebrale. In pratica se da un lato è vero che studi precedenti avevano già dimostrato che, quando è cosciente, il cervello elabora e combina tra loro un grande numero di input che arrivano nello stesso momento dai vari sensi, dall'altro è anche vero che nessuno studio è riuscito a comprendere in modo chiaro cosa accade quando il cervello è incosciente. O almeno così è stato finora; ddifatti nello studio in questione,coordinato da Enzo Tagliazucchi, i ricercatori tedeschi, analizzando attraverso la risonanza magnetica funzionale l'attività cerebrale di 12 persone sane volontarie in 3 momenti differenti, (da sveglie, quindi coscienti; da incoscienti: ai volontari è stato somministrato il propofol; e nuovamente da coscienti), hanno scoperto come la rete neurale funziona al limite tra caos ed ordine. In sostanza i dati raccolti hanno mostrato che durante la fase di coscienza il cervello genera un "vortice di attività continua", simile ad un "flusso di coscienza" in cui i neuroni si muovono attraverso un numero infinito e sempre diverso di percorsi. Mentre poco dopo la somministrazione del suddetto anestetico, oltre a ridursi l'attività stessa del cervello, cala drasticamente anche la variabilità di connessioni delle reti neurali, come se i neuroni fossero bloccati in schemi prefissati dai quali non riescono più a sbloccarsi. Insomma, si tratta di risultati che suggeriscono come nel cervello esista un livello "ottimale" di connessioni e che lo stato di coscienza possa essere immaginato come il risultato dell'esplorazione del maggior numero possibile di percorsi; anche se queste reti non devono essere troppo uniformi ne attive allo stesso modo, ma piuttosto un "caos controllato". Ad ogni modo, come già anticipato, quanto scoperto apre nuove prospettive per quanto riguarda gli studi effettuati sullo stato di incoscienza più conosciuto: il coma. Infatti l'idea generale è che i cervelli dei pazienti affetti da questa condizione siano "bloccati", (o meglio "stabili"), al punto da non riuscire a riattivarsi e quindi a passare nuovamente ad uno stato di veglia. Motivo per il quale adesso l'obiettivo principale dei ricercatori tedeschi è quello di riuscire ad indurre i neuroni dei soggetti in coma ad esplorare nuovi "percorsi" in modo da riuscire a tornare, infine, ad uno stato di coscienza.
A quanto pare il confine tra coscienza ed incoscienza si trova in un delicatissimo punto di equilibrio delle connessioni tra i neuroni; o almeno questo è quanto hanno scoperto di recente alcuni ricercatori dell'Institute for Medical Psychology dell'Università di Kiel, i quali, attraverso uno studio intitolato "Large-scale signatures of unconsciousness are consistent with a departure from critical dynamics" e pubblicato sul Journal of the Royal Society Interfacef, hanno cercando di comprendere se ed in che modo sia possibile svegliare un paziente dal coma agendo direttamente sulla sua attività cerebrale. In pratica se da un lato è vero che studi precedenti avevano già dimostrato che, quando è cosciente, il cervello elabora e combina tra loro un grande numero di input che arrivano nello stesso momento dai vari sensi, dall'altro è anche vero che nessuno studio è riuscito a comprendere in modo chiaro cosa accade quando il cervello è incosciente. O almeno così è stato finora; ddifatti nello studio in questione,coordinato da Enzo Tagliazucchi, i ricercatori tedeschi, analizzando attraverso la risonanza magnetica funzionale l'attività cerebrale di 12 persone sane volontarie in 3 momenti differenti, (da sveglie, quindi coscienti; da incoscienti: ai volontari è stato somministrato il propofol; e nuovamente da coscienti), hanno scoperto come la rete neurale funziona al limite tra caos ed ordine. In sostanza i dati raccolti hanno mostrato che durante la fase di coscienza il cervello genera un "vortice di attività continua", simile ad un "flusso di coscienza" in cui i neuroni si muovono attraverso un numero infinito e sempre diverso di percorsi. Mentre poco dopo la somministrazione del suddetto anestetico, oltre a ridursi l'attività stessa del cervello, cala drasticamente anche la variabilità di connessioni delle reti neurali, come se i neuroni fossero bloccati in schemi prefissati dai quali non riescono più a sbloccarsi. Insomma, si tratta di risultati che suggeriscono come nel cervello esista un livello "ottimale" di connessioni e che lo stato di coscienza possa essere immaginato come il risultato dell'esplorazione del maggior numero possibile di percorsi; anche se queste reti non devono essere troppo uniformi ne attive allo stesso modo, ma piuttosto un "caos controllato". Ad ogni modo, come già anticipato, quanto scoperto apre nuove prospettive per quanto riguarda gli studi effettuati sullo stato di incoscienza più conosciuto: il coma. Infatti l'idea generale è che i cervelli dei pazienti affetti da questa condizione siano "bloccati", (o meglio "stabili"), al punto da non riuscire a riattivarsi e quindi a passare nuovamente ad uno stato di veglia. Motivo per il quale adesso l'obiettivo principale dei ricercatori tedeschi è quello di riuscire ad indurre i neuroni dei soggetti in coma ad esplorare nuovi "percorsi" in modo da riuscire a tornare, infine, ad uno stato di coscienza.
Commenti
Posta un commento