Sebbene finora il nome abbia sempre suggerito il contrario, il morbo di Parkinson non sarebbe da considerare come un unica malattia ma bensì andrebbe suddiviso in due diverse condizioni in base al suo sviluppo che può avere inizio nel cervello o nell'intestino; il che spiegherebbe perché i pazienti affetti da tale patologia spesso descrivono sintomi molto diversi tra loro, indicando la medicina personalizzata come la via più giusta da seguire per trattare le persone colpite. O almeno questa è la conclusione a cui sono arrivati di recente alcuni ricercatori dell'Aarhus University Hospital, della Christian-Albrechts-University Kiel e dell' attraverso uno studio pubblicato sulla rivista Brain. Al riguardo Per Borghammer, uno dei principali autori, ha affermato: "Con l'aiuto di tecniche di scansione avanzate, abbiamo dimostrato che il morbo di Parkinson può essere suddiviso in due varianti, che si manifestano in luoghi diversi del corpo. Per alcuni pazienti la malattia inizia nell'intestino e da lì si diffonde al cervello per mezzo delle connessioni neurali. Per altri, invece, la malattia parte nel cervello e si diffonde all'intestino e ad altri organi, (come, ad esempio, il cuore)". Ed ha poi sottolineato: "La nostra scoperta potrebbe essere molto significativa per il trattamento del morbo di Parkinson in futuro, in quanto dovrebbe essere basata sul modello di malattia del singolo paziente". In pratica, come già risaputo, il Parkinson è un disturbo caratterizzato da un lento deterioramento del cervello dovuto all'accumulo di α-sinucleina, (ossia una proteina tossica che danneggia le cellule nervose), che con il passare del tempo porta a quei movimenti lenti e rigidi che generalmente vengono associati alla malattia. Tuttavia adesso durante la suddetta loro ricerca gli scienziati hanno utilizzato tecniche avanzate di tomografia ad emissione di positroni, (o PET), e di risonanza magnetica per esaminare le persone affette dal morbo in questione, (includendo anche le persone che non avevano ancora ricevuto una diagnosi ma che avevano un alto rischio di sviluppare la malattia: tra cui, per esempio, quelle colpite dal Disturbo comportamentale del sonno REM), e, come già anticipato, hanno osservato che alcuni pazienti subivano danni al sistema dopaminergico del cervello prima che si verificassero danni all'intestino ed al cuore; mentre altri pazienti mostravano danni al sistema nervoso dell'intestino e del cuore prima che il danno al suddetto sistema cerebrale fosse visibile. In merito a ciò lo stesso Per Borghammer ha proseguito spiegando: "Questa conoscenza è importante e sfida la comprensione del morbo di Parkinson che è prevalsa sino a questo momento. Finora, infatti, molte persone hanno visto la malattia come relativamente omogenea e l'hanno definita sulla base dei classici disturbi del movimento. Ma allo stesso tempo siamo rimasti perplessi sul perché ci fosse una così grande differenza tra i sintomi dei pazienti. Con questa nuova conoscenza i diversi sintomi hanno più senso e questa è anche la prospettiva in cui la ricerca futura dovrebbe essere vista". In sostanza a seguito dei risultati ottenuti gli studiosi hanno fatto riferimento a due tipi di Parkinson: "prima-cervello" e "prima-corpo", nel quale potrebbe essere particolarmente interessante studiare la composizione dei batteri nell'intestino, (meglio conosciuta come microbiota). A tal proposito Per Borghammer ha continuato dichiarando: "È stato dimostrato da tempo che i pazienti affetti dal Parkinson hanno un microbioma intestinale diverso da quello delle persone sane, senza che noi ne comprendessimo veramente il significato. Ora che siamo in grado di identificare i due tipi di morbo di Parkinson, possiamo esaminare i fattori di rischio ed i possibili fattori genetici che possono essere diversi per questi due tipi di malattia. Il passo successivo è quello di esaminare se, ad esempio, il Parkinson "prima-corpo" può essere curato trattando l'intestino con il trapianto di feci o in altri modi che influenzano il microbioma". Ed ha successivamente aggiunto: "La scoperta del Parkinson a livello cerebrale è una sfida più grande. Questa variante della malattia è probabilmente relativamente priva di sintomi fino a quando non compaiono i sintomi del disturbo del movimento ed al paziente viene, appunto, diagnosticato il Parkinson. A quel punto il paziente ha già perso più della metà del sistema dopaminergico, e sarà quindi più difficile trovare i pazienti abbastanza presto da poter rallentare la malattia". Comunque sia quella condotta dai ricercatori è stata un'indagine longitudinale, il che significa che i partecipanti sono stati richiamati di nuovo dopo 3 e 6 anni in modo che tutti gli esami e le scansioni potessero essere ripetute. Al riguardo lo stesso Per Borghammer ha, infine, concluso asserendo: "Questo rende lo studio il più completo di sempre, e fornisce agli scienziati preziose conoscenze e chiarimenti sulla malattia, (o malattie), di Parkinson. Ricerche precedenti hanno indicato che ci potrebbe essere più di un tipo di Parkinson, ma questo non è stato dimostrato chiaramente fino a questo studio, che è stato specificamente progettato per chiarire questa questione. Ora abbiamo una conoscenza che offre la speranza di un trattamento futuro migliore e più mirato per le persone che sono colpite dal morbo di Parkinson".
Commenti
Posta un commento