Realizzato un metodo d'avanguardia per svelare la vera identità del caffè torrefatto e delle miscele.

 
Si sa, in tutto il mondo le persone vogliono che il loro caffè sia soddisfacente ed abbia prezzi ragionevoli: per soddisfare questi standard, i torrefattori usano tipicamente una miscela di due tipi di chicchi, (ossia arabica e robusta); alcuni di essi, però, utilizzano maggiormente una varietà della seconda tipologia di caffè più economica di quanto ammettano, poiché la composizione dei chicchi è difficile da determinare dopo la tostatura. Tuttavia di recente alcuni ricercatori dell'Aquatic and Crop Resources Development Research Center e dell'University of Guelph, tramite uno studio pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry, hanno annunciato di aver sviluppato un metodo innovativo per valutare esattamente cosa c'è in una tazza di caffè. In pratica, sebbene le miscele di caffè possono avere una buona qualità ed un buon sapore, i chicchi di arabica risultano essere desiderabili degli altri tipi, con il risultato di un valore di mercato più elevato per le miscele che contengono una proporzione maggiore di questa varietà. Ed è proprio per questo motivo che, come già anticipato, in alcuni casi le varie aziende diluiscono le loro miscele con i chicchi meno costosi di robusta, ottenendo un prodotto che è difficile da distinguere per i consumatori finali. Inoltre, nonostante ultimamente siano stati sviluppati metodi che prevedono la cromatografia o la spettroscopia per l'autenticazione del caffè, la maggior parte di questi sono ad alta intensità di lavoro e di tempo oppure utilizzano il cloroformio per l'estrazione; cosa che limita i tipi di composti che possono essere rilevati. Tra l'altro in alcune ricerche precedenti gli esperti hanno utilizzato la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare, (conosciuta anche con la sigla NMR), per monitorare la quantità di 16-O-metilcafestolo, (detto anche 16-OMC), nel caffè, ma le sue concentrazioni si sono dimostrati variare a seconda della posizione geografica e dal tipo di coltivazione. Ad ogni modo adesso gli scienziati canadesi hanno voluto basarsi su un loro passato lavoro con la NMR per valutare la composizione chimica di ogni varietà di chicchi di caffè e confermare le miscele di campioni reali: entrando un po' più nei dettagli hanno estratto i composti da un set di test di caffè puro e miscele note con metanolo ed hanno identificato i composti con la NMR. In sostanza gli studiosi hanno trovato 12 composti con concentrazioni misurabili, e 2 che avevano quantità significativamente diverse tra le varietà di caffè: si è visto che elevate concentrazioni di 16-OMC erano uniche per la robusta; mentre alte concentrazioni di kahewol, (ovvero un composto precedentemente trovato in chicchi di caffè), erano ben distinte nell'arabica. Per di più è stata rilevata anche una connessione diretta e riproducibile tra le concentrazioni di 16-OMC e kahewol che si trovavano nelle miscele delle sopracitate due varietà. Successivamente i ricercatori hanno misurato i livelli di 16-OMC e kahewol, (oltre ad altre molecole di sapore), in 292 campioni provenienti da produttori di tutto il mondo: così facendo sono riusciti ad autenticare con successo il caffè puro, anche con concentrazioni relativamente basse dei due composti indicatori in questione; invece per i campioni in cui la composizione delle miscele era nota, le previsioni degli scienziati si sono mostrati essere entro il 15% del rapporto effettivo. Comunque sia, secondo quanto hanno fatto sapere, infine, gli stessi studiosi, questo nuovo metodo è risultato essere in un certo qual modo più stabile ed affidabile per verificare il caffè non adulterato e prevedere le miscele rispetto agli approcci precedentemente riportati.

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