Negli ultimi mesi, durante uno studio pubblicato sulla rivista Toxicology Letters, alcuni ricercatori dell'Università del Queensland e della Ghent University hanno unito le forze per svelare i misteri del mortale pesce pietra, (ossia il più velenoso al mondo e che vive nelle acque costiere poco profonde dell'Australia settentrionale), ed hanno fatto una scoperta che potrebbe cambiare il modo in cui le vittime da punture verranno trattate in futuro. Al riguardo Bryan Fry, uno dei principali autori, ha spiegato: "Gli studi precedenti non sono stati in grado di scoprire tutti i meccanismi in gioco nel veleno del pesce pietra a causa del modo in cui il veleno è stato testato. Ci sono un paio di ragioni per cui tali ricerche passate non sono state in grado di decifrare completamente i misteri tossicologici del veleno del pesce pietra. Ma adesso ne abbiamo scoperto uno importante: i vari laboratori stavano analizzando solo il veleno liofilizzato, poiché il veleno viene spesso essiccato per renderlo più stabile per il trasporto e lo stoccaggio. Tuttavia testando il veleno appena munto la nostra analisi ha rivelato che il processo di liofilizzazione distrugge parzialmente l'attività neurotossica del campione: un'attività chiave che stiamo iniziando ad osservare solo ora". Ed ha successivamente proseguito dichiarando: "Qualsiasi studio di laboratorio che utilizza il veleno liofilizzato non recupererebbe quindi tutta l'attività paralitica o alcune altre attività funzionali del veleno; il che è importante, dato che l'antiveleno del pesce pietra viene prodotto utilizzando veleno liofilizzato. Questo significa che c'è la possibilità che l'attuale antidoto non neutralizzi completamente gli effetti paralitici nell'avvelenamento umano del pesce pietra; anche se ciò necessita sicuramente di ulteriori studi. Vorremmo anche sottolineare con forza che gli effetti paralitici non sono storicamente l'effetto letale dominante del veleno ed in alcuni casi non si manifestano nemmeno. I pazienti dovrebbero sicuramente essere trattati utilizzando la formulazione di antiveleno attualmente disponibile, che funziona bene". Ad ogni modo sempre in merito alla suddetta nuova indagine Richard Harris, altro principale responsabile delle analisi, ha aggiunto: "Il nostro studio ha anche rivelato come il veleno del pesce pietra può interrompere, o potenzialmente fermare, il cuore e paralizzare altri muscoli: abbiamo osservato che gli effetti neurotossici del veleno del pesce pietra bloccano i recettori nervosi del muscolo liscio del cuore, il che a sua volta porta ad un'alterazione della frequenza e del ritmo del cuore. È stato intrigante vedere che questo tipo di veleno funziona in modo simile a quello della vipera della morte, (un pericoloso serpente australiano), che blocca i nervi". In pratica, stando a quanto hanno fatto sapere gli scienziati, questo studio è stato reso possibile solo grazie alla nuova attrezzatura automatizzata e robotica avanzata presso l'Australian Biomolecular Interaction Facility, (nota anche con la sigla ABIF), istituita con un importante finanziamento del Consiglio australiano per la ricerca: si tratta di una struttura che possiede l'unica macchina nell'emisfero meridionale in grado di condurre esperimenti di cinetica di legame in un modo così elevato. A tal proposito lo stesso Bryan Fry ha, infine, concluso sostenendo: "Siamo stati in grado di scoprire il funzionamento interno del veleno del pesce pietra solo grazie ad una macchina conosciuta come Octet HTX, la Rolls-Royce della tecnologia di interazione biomolecolare. Siamo entusiasti di cos'altro possiamo fare con questa tecnologia e delle intuizioni che offrirà sulle creature più letali del mondo, aiutandoci a sviluppare trattamenti all'avanguardia".
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