Appurato che un comune antidepressivo non dovrebbe più essere usato per trattare le persone con demenza.


Sembra proprio che un farmaco comunemente usato per trattare l'agitazione nelle persone affette da demenza non sia tanto più efficace di un normalissimo placebo, e che anzi possa addirittura aumentare il rischio di mortalità; o almeno questo è quanto hanno fatto sapere alcuni ricercatori dell'Università di Plymouth, (in collaborazione con l'Università dell'Anglia Orientale, l'Università del Sussex, la London School of Economics and Political Science, l'Università di Exeter, la Birmingham and Solihull Mental Health Foundation, l'Università di Manchester, l'University College London, il Trinity College, l'University of Cambridge School of Medicine ed il Translational and Clinical Research Institute), i quali attraverso uno studio i cui risultati sono stati pubblicati diverse settimane fa sulla rivista Lancet, hanno, appunto, dimostrato che l'antidepressivo mirtazapina non è in grado di offrire alcun miglioramento per quanto riguarda l'agitazione sperimentata dagli individui colpiti dalla demenza, e che questo farmaco risulta essere più probabilmente associato ad una mortalità più elevata rispetto ai soggetti che non si sottopongono a nessun tipo di trattamento. In pratica, come già noto, l'agitazione è un sintomo comune della demenza, caratterizzato da un'attività verbale, vocale o motoria inappropriata, e spesso comporta aggressioni fisiche e verbali: la cura non farmacologica centrata sul paziente è il primo intervento che dovrebbe essere offerto ma, quando questo non funziona, i medici possono passare a un'alternativa basata sui farmaci. Tuttavia nel corso degli anni si è visto che gli antipsicotici possono aumentare i tassi di mortalità negli individui con demenza, (senza considerare gli altri effetti collaterali), e così i medici hanno iniziato a prescrivere sempre più spesso la mirtazapina, in quanto considerata un trattamento efficace. Ad ogni modo è stato proprio per constatare se effettivamente questo antidepressivo fosse in grado di ridurre la suddetta agitazione che gli scienziati hanno deciso di reclutare 204 persone con probabile o possibile malattia di Alzheimer, facendo assumere a metà di loro la mirtazapina ed all'altra metà un semplice placebo, (ovvero quello che in gergo viene chiamato "gruppo di controllo"): si è trattato di un cosiddetto "studio in doppio cieco", il che significa che né gli studiosi né i partecipanti sapevano quale gruppo era stato trattato con il farmaco in questione e quale no. Comunque sia in questo modo è emerso che, come già anticipato, trascorse 12 settimane non c'era stata nessuna riduzione nel livello di agitazione nel gruppo che aveva assunto la mirtazapina rispetto al gruppo di controllo. Inoltre i ricercatori hanno anche osservato che entro la 16ª settimana nel primo gruppo c'erano stati più morti, (per la precisione 7), rispetto al secondo gruppo, (dove ce n'era stato solo uno); il che ha suggerito un'importanza statistica marginale. Al riguardo Sube Banerjee, uno dei principali autori della sopracitata ricerca, ha, infine, spiegato: "La demenza colpisce 46 milioni di persone in tutto il mondo: una cifra destinata a raddoppiare nei prossimi 20 anni. La scarsa qualità della vita è guidata da problemi come l'agitazione ed abbiamo bisogno di trovare modi per aiutare le persone colpite. Questo studio mostra che un modo comune di gestire i sintomi non è utile, e potrebbe anche essere dannoso. È davvero importante che questi risultati siano presi in considerazione e che la mirtazapina non venga più usata per trattare l'agitazione nelle persone con demenza. Questo studio ha aggiunto informazioni importanti alla base di prove, e non vediamo l'ora di indagare su ulteriori trattamenti che possono aiutare a migliorare la qualità della vita delle persone affette da tale condizione".

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