Una delle piaghe che affliggono il nostro pianeta è certemente l'inquinamento. In particolare lo smog che è una forma di inquinamento atmosferico. Il termine smog nacque come "parola macedonia", formata cioè dai termini inglesi smoke, ("fumo"), e fog, ("nebbia"). La sua prima comparsa viene generalmente identificata in un articolo del 1905, presentato a un convegno sulla salute pubblica. Quando venne coniato, il termine era applicato ad un particolare fenomeno atmosferico descritto come smog di tipo tradizionale. Mentre oggi il termine viene utilizzato genericamente per indicare l'inquinamento atmosferico che si manifesta con forme simili alla nebbia, alla foschia o alla caligine negli strati bassi dell'atmosfera, normalmente in condizioni di calma di vento e di inversioni termiche alle basse quote. Per questo problema pare esista una soluzione... Infatti di recente è stato scoperto che in alta montagna nei ghiacciai del Madaccio, nei pressi del Passo dello Stelvio, esistono alcuni batteri in grado di degradare lo smog ed altri composti inquinanti. A scoprirlo è stato uno studio condotto da due esperti dell'Istituto di Microbiologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, impegnati da oltre tre anni nell'indagine dei microrganismi presenti sulle nostre Alpi, ed in particolare nel massiccio dell'Ortles-Cevedale. Si tratta di batteri mangia-smog in grado di ripulire l'acqua, o meglio il ghiaccio, da alcuni composti organici inquinanti tra cui gli idrocarburi policiclici aromatici presenti ad esempio, nel carbon fossile e nel petrolio. Inoltre è stato scoperto che uno di questi batteri appartiene alla specie Pseudomonas. Esaminando i ghiacciai si è scoperto che racchiudono al loro interno organismi viventi, lo hanno dimostrato precedenti studi effettuati nelle basi scientifiche antartiche e artiche negli ultimi anni, i microbiologi della facoltà di Agraria, Fabrizio Cappa e Pier Sandro Cocconcelli, appassionati della montagna, che hanno cercato in seguito di scoprire l'eventuale presenza di microrganismi ed hanno indagato la biodiversità microbica nei ghiacciai alpini. Al riguardo il professore Fabrizio Cappa ha spiegato: "Sono ambienti paradossalmente poco studiati dal punto di vista microbiologico rispetto ad altre aree più oggetto di analisi scientifiche come ad esempio, i ghiacciai dell'Antartide o della Groenlandia". Le carote del ghiacciaio del Madaccio sono state prelevate grazie a sonde per il carotaggio, appositamente costruite da una ditta Piacentina, ovvero la Tecnojoker di Pontenure, e sono state trasportate congelate fino all'arrivo nei laboratori della facoltà di Agraria, dove sono state successivamente analizzate. Ed al riguardo il professore Pier Sandro Cocconcelli ha commentato: "I risultati che si stanno ottenendo sono sorprendenti; L'acqua che si ottiene dalla fusione delle carote di ghiaccio prelevate a 3.150 metri di quota contiene una ricca comunità batterica caratterizzata da una elevata biodiversità". Questi microrganismi, definiti estremofili proprio per la loro capacità di vivere in condizioni estreme, sono stati successivamente osservati più da vicino e attraverso il sequenziamento del DNA sono stati identificati: Frigobacterium sp., Polaromonas sp., Pseudomonas sp., Micrococcus antarticus, cioè tutte specie già rintracciate nei ghiacciai dell'Antartide o nel circolo polare artico. Inoltre Fabrizio Cappa ha spiegato: "La presenza di specie identiche in luoghi così distanti ci fornisce indizi sulla storia della Terra, sulla storia delle glaciazioni". Ma la scoperta più interessante realizzata anche grazie alla collaborazione col gruppo di ricerca del professor Marco Trevisan dell'Istituto di chimica della facoltà di Agraria, è stata quella dell'aver rintracciato tra i campioni elevati contenuti di inquinanti come, appunto, gli idrocarburi policiclici aromatici ed i policlorobifenili, (Pcb), provenienti da lubrificanti. Infine il professor Fabrizio Cappa ha concluso dicendo: "In questi campioni di ghiaccio è stato isolato un microrganismo che è in grado anche a basse temperature di nutrirsi e degradare questi composti organici inquinanti. Adesso bisogna capire con le adeguate prove di laboratorio quali siano le sue potenzialità nel risanamento, (bioremediation), di ambienti inquinati". Dunque se queste prove in laboratorio riusciranno a capire meglio come agiscono questi battari, quest'ultimi potrebbero essere utilizzati anche per far sparire una volta per tutte lo smog dalle città.
Una delle piaghe che affliggono il nostro pianeta è certemente l'inquinamento. In particolare lo smog che è una forma di inquinamento atmosferico. Il termine smog nacque come "parola macedonia", formata cioè dai termini inglesi smoke, ("fumo"), e fog, ("nebbia"). La sua prima comparsa viene generalmente identificata in un articolo del 1905, presentato a un convegno sulla salute pubblica. Quando venne coniato, il termine era applicato ad un particolare fenomeno atmosferico descritto come smog di tipo tradizionale. Mentre oggi il termine viene utilizzato genericamente per indicare l'inquinamento atmosferico che si manifesta con forme simili alla nebbia, alla foschia o alla caligine negli strati bassi dell'atmosfera, normalmente in condizioni di calma di vento e di inversioni termiche alle basse quote. Per questo problema pare esista una soluzione... Infatti di recente è stato scoperto che in alta montagna nei ghiacciai del Madaccio, nei pressi del Passo dello Stelvio, esistono alcuni batteri in grado di degradare lo smog ed altri composti inquinanti. A scoprirlo è stato uno studio condotto da due esperti dell'Istituto di Microbiologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, impegnati da oltre tre anni nell'indagine dei microrganismi presenti sulle nostre Alpi, ed in particolare nel massiccio dell'Ortles-Cevedale. Si tratta di batteri mangia-smog in grado di ripulire l'acqua, o meglio il ghiaccio, da alcuni composti organici inquinanti tra cui gli idrocarburi policiclici aromatici presenti ad esempio, nel carbon fossile e nel petrolio. Inoltre è stato scoperto che uno di questi batteri appartiene alla specie Pseudomonas. Esaminando i ghiacciai si è scoperto che racchiudono al loro interno organismi viventi, lo hanno dimostrato precedenti studi effettuati nelle basi scientifiche antartiche e artiche negli ultimi anni, i microbiologi della facoltà di Agraria, Fabrizio Cappa e Pier Sandro Cocconcelli, appassionati della montagna, che hanno cercato in seguito di scoprire l'eventuale presenza di microrganismi ed hanno indagato la biodiversità microbica nei ghiacciai alpini. Al riguardo il professore Fabrizio Cappa ha spiegato: "Sono ambienti paradossalmente poco studiati dal punto di vista microbiologico rispetto ad altre aree più oggetto di analisi scientifiche come ad esempio, i ghiacciai dell'Antartide o della Groenlandia". Le carote del ghiacciaio del Madaccio sono state prelevate grazie a sonde per il carotaggio, appositamente costruite da una ditta Piacentina, ovvero la Tecnojoker di Pontenure, e sono state trasportate congelate fino all'arrivo nei laboratori della facoltà di Agraria, dove sono state successivamente analizzate. Ed al riguardo il professore Pier Sandro Cocconcelli ha commentato: "I risultati che si stanno ottenendo sono sorprendenti; L'acqua che si ottiene dalla fusione delle carote di ghiaccio prelevate a 3.150 metri di quota contiene una ricca comunità batterica caratterizzata da una elevata biodiversità". Questi microrganismi, definiti estremofili proprio per la loro capacità di vivere in condizioni estreme, sono stati successivamente osservati più da vicino e attraverso il sequenziamento del DNA sono stati identificati: Frigobacterium sp., Polaromonas sp., Pseudomonas sp., Micrococcus antarticus, cioè tutte specie già rintracciate nei ghiacciai dell'Antartide o nel circolo polare artico. Inoltre Fabrizio Cappa ha spiegato: "La presenza di specie identiche in luoghi così distanti ci fornisce indizi sulla storia della Terra, sulla storia delle glaciazioni". Ma la scoperta più interessante realizzata anche grazie alla collaborazione col gruppo di ricerca del professor Marco Trevisan dell'Istituto di chimica della facoltà di Agraria, è stata quella dell'aver rintracciato tra i campioni elevati contenuti di inquinanti come, appunto, gli idrocarburi policiclici aromatici ed i policlorobifenili, (Pcb), provenienti da lubrificanti. Infine il professor Fabrizio Cappa ha concluso dicendo: "In questi campioni di ghiaccio è stato isolato un microrganismo che è in grado anche a basse temperature di nutrirsi e degradare questi composti organici inquinanti. Adesso bisogna capire con le adeguate prove di laboratorio quali siano le sue potenzialità nel risanamento, (bioremediation), di ambienti inquinati". Dunque se queste prove in laboratorio riusciranno a capire meglio come agiscono questi battari, quest'ultimi potrebbero essere utilizzati anche per far sparire una volta per tutte lo smog dalle città.
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