Il buco dell'ozono, quest'anno, è più grande del previsto.


Nella metà del 1980 si è verificata per la prima volta la diminuzione dello strato di ozono della stratosfera, fenomeno che prese il nome di "buco dell'ozono". In pratica il buco dell'ozono definisce la riduzione temporanea e ciclica dello strato di ozono, (noto con il simbolo O3), che circonda la Terra. La diminuzione dell'ozonosfera nelle regioni polari, durante la stagione primaverile, può toccare il 70% nell'Antartide ed il 30% nell'Artide. Il compito principale dello strato di ozono, che si estende da circa 10 a 20 miglia, (cioè da circa 15 a 35 km), sopra la superficie terrestre, è quello di filtrare fino al 99% le radiazioni ultraviolette che possono causare danni al Pianeta, alla nostra pelle, (sotto forma di melanomi), alla fotosintesi delle piante, (causandone l'inibizione), ed ad agli organismi marini come i fitoplancton, fondamentali per la catena alimentare marina. La diminuzione ciclica dello strato di ozono, che protegge i due Poli, è solo in parte determinata dallo spostamento delle correnti di massa d'aria fredda che in primavera vengono a scontrarsi con le correnti d'aria cariche di ozono provenienti dalle zone tropicali, dove l'ozono si forma a seguito di reazioni chimiche provocate dai raggi solari, lì più intensi; disperdendo l'ozono nella stratosfera durante i mesi di luce. Nel Polo Sud il buco dell'ozono è più intenso che al Polo Nord perché, mentre nell'Antartide il vortice polare è più freddo e più intenso in quanto meno interessato dalle correnti oceaniche o dalla presenza di terre vicine, nel Polo Nord il vortice è meno gelido ed intenso e crea al suo interno meno nubi contenenti cloro. Quest'ultimo reagisce con l'ozono, salendo così nella stratosfera a primavera, determinando di conseguenza la distruzione dell'ozono e l'allargamento del buco dell'ozono. Anche altre particelle emesse dalle eruzioni vulcaniche, (acido cloridico, aerosol e cloro), sono responsabili della riduzione d'ozono. I primi studi dell'ozono risalgono al 1982, dopo che circa un ventennio prima si era scoperta l'esistenza dello strato di ozono nei livelli più alti dell'atmosfera terrestre. Quando nei primi anni '80 si scoprì che la stratosfera si stava assottigliando e si era formato un buco nell'ozono, i governi presero alcune precauzioni, come la riduzione della produzione e del consumo di gas Clorofluorocarburi, (acronimati in CFC contenuti ad esempio, nelle bombolette spray e nei circuiti di raffreddamento), il cui uso venne ridotto drasticamente nel 1988 a seguito del Protocollo di Montreal. Inoltre nel 1990 oltre 90 Paesi decisero di sospendere la produzione di CFC, ed oggi i CFC sono stati sostituiti dai composti Idrofluorocarburi, (acronimato in HFC), i quali non contengono atomi di cloro e di bromo e soprattutto non sono dannosi per l'ozono. Tuttavia la ricerca, pubblicata on-line lo scorso 2 Ottobre sulla rivista Nature, ha mostrato come nel 2011 la quantità di ozono distruttra nella regione artica poteva essere paragonabile alle quantità osservate in annate terribili. Per studiare la perdita d'ozono, nel 2011 sopra l'artico gli scienziati di 19 istituzioni di nove Paesi, (vale a dire Stati Uniti, Germania, Olanda, Canada, Russia, Finlandia, Danimarca, Giappone e Spagna), hanno analizzato una serie completa di misure e hanno scoperto che a certe altitudini il periodo di freddo è durato oltre 30 giorni in più che in ogni inverno precedentemente studiato, portando ad una perdita di ozono senza precedenti. Tuttavia sono necessari ancora ulteriori studi per determinare quali fattori hanno causato un periodo di freddo così a lungo. Al riguardo Gloria Manney del Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California, e collaboratrice del New Mexico Institute of Mining and Tecnology di Socorro, ha affermato: "Osservando le temperature giorno per giorno abbiamo notato che le stesse hanno raggiunto valori più bassi rispetto ai precedenti inverni freddi artici. La differenza con gli inverni precedenti è che le temperature sono risultate abbastanza basse da determinare processi chimici che trasformano il coloro in forme altamente dannose per l'ozono stratosferico. Ciò vuol dire che, se nel corso dell'inverno le temperature della stratosfera artica dovessero calare anche solo leggermente ad esempio a causa dei cambiamenti climatici, si potrebbe verificare una grave perdita d'ozono". Oltretutto la perdita registrata nel 2011 ha interessato una superficie notevolmente inferiore a quella dell'Antartide. Questo perché il vortice polare artico, ovvero un'area ciclonica persistente di grandi dimensioni entro la quale avviene la perdita d'ozono, è risultato di circa il 40% più piccolo rispetto alla corrispetiva figura ciclonica dell'Antartide. Tra l'altro il vortice polare artico è più mobile e molto spesso stazionante al di sopra di aree densamente abitate. Infine Gloria Manney ha sostenuto che, senza il Protocollo di Montreal del 1989, (un trattato internazionale che limita la produzione di sostanze lesive dell'ozono), i livelli di cloro sarebbero già così elevati da favorire la formazione di un buco dell'ozono artico ogni primavera. Ed, infine, l'alta persistenza di questi composti nell'atmosfera potrebbe indurre un'accelerazione nel processo anche in uimmediato futuro.

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