La dislessia in Italia viene diagnosticata anche a molti bambini che non ne soffrono.



Alcune persone tra qui anche bambini soffrono di seri disturbi per quanto riguarda l'apprendimento. Ciò è dovuto ad una sindrome chiamata Dislessia che viene, appunto, classificata tra i Disturbi Specifici di Apprendimento, (DSA), con il codice F81.0, e la sua principale manifestazione consiste nella difficoltà a leggere velocemente e/o correttamente ad alta voce ed anche da scarse abilità nella scrittura. Tuttavia tali difficoltà non possono essere ricondotte ad insufficienti capacità intellettive, a mancanza di istruzione, a cause esterne oppure a deficit sensoriali. La prova? Basta pensare che alcuni grandi scienziati come Leonardo da Vinci oppure alcuni moderni geni dell'animazione come Walt Disney erano dislessici. Inoltre è necessario concentrarsi sulle cifre del fenomeno, perché, passando dall'ipotesi di un Disturbo Specifico dell'Apprendimento, (DSA), alla realtà dei banchi delle scuola elementare, negli anni scorsi il quadro di distribuzione e di frequenza riguardante la dislessia poteva apparire peggio di quello che in realtà si rileva oggi. Al riguardo Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell'Istituto Italiano di Ortofonologia, che recentemente ha presentato a Roma un'indagine condotta nell'ambito del progetto "Ora sì", promosso dall'associazione di scuole "Una rete per la qualità", ha affermato: "Troppi bambini in Italia sono considerati dislessici, ma in realtà hanno solo disturbi comuni". Ed ha poi proseguito dicendo: "In Italia un bambino su cinque presenta disturbi di apprendimento ma questo non vuol dire che sia dislessico, eppure viene ritenuto tale e perciò inserito in un percorso di recupero specifico che rischia di causargli danni notevoli, avendo in realtà solo disturbi comuni". A far riflettere sono stati i risultati del progetto condotto nella capitale, che hanno dimostrato che nelle scuole materne ed elementari di Roma circa il 23% dei bambini viene indicato a rischio di Disturbi specifici di apprendimento, ovvero con significative difficoltà nella lettura, scrittura e nel ragionamento matematico. Ma in realtà in questa percentuale così elevata sarebbero inseriti anche bambini con difficoltà di tipo minore, definibili come secondarie oppure a basso rendimento scolastico, e non come DSA. Infatti, se venissero ricalcolati i dati con delle valutazioni particolarmente attente, questa percentuale di bambini a rischio scenderebbe intorno al 4%. Quindi le cifre reali in Italia sono più basse rispetto a quanto si osserva ad esempio, nel mondo anglosassone, anche perché l'italiano è una lingua che meno si presta allo sviluppo del fenomeno rispetto a quella inglese. Oltretutto la ricerca si è svolta a partire da Settembre 2010 fino a Giugno 2011, attraverso un'indagine condotta su nove scuole elementari, (nello specifico 27 classi di prima e 27 classi di seconda), e sei scuole materne, (prendendo in considerazione 25 classi dell'ultimo anno), per un totale di 1.175 alunni, tra cui 1.025 delle elementari, (535 di prima e 490 di seconda), e 150 delle materne. Il risultato è stato che nelle scuole elementari su 1.025 bambini sono a rischio DSA solo 41 alunni, contro i 239 potenzialmente individuati. E grazie al lavoro svolto nell'ambito del suddetto progetto con la grande collaborazione e competenza da parte degli insegnanti delle 9 scuole, si è passati da un bambino su cinque ad un bambino su venticinque considerato a rischio DSA. Ed, inoltre, come già detto precedentemente, solo per 41 piccoli studenti è stata prevista una terapia specifica per problematiche organizzative e di apprendimento presso una struttura esterna alla scuola. Va preso in considerazione anche che tra questi 41 alunni c'erano 8 considerati "anticipatari", ovvero bambini sottoposti in modo un po' precoce a stimoli scolastici in un momento non adeguato della loro evoluzione. E quindi, escludendo questi 8 studenti, da 41 giovani alunni si passerebbe a 33 che soffrono di DSA, portando così il rapporto da 1 bambino su 25 ad 1 bambino su 31. Mentre nelle scuole materne su 150 bambini, 39 si sono meritati una particolare attenzione. Però fortunatamente alla fine dell'anno il numero si è quasi dimezzato, infatti, 19 studenti, vale a dire uno su 7, hanno presentato difficoltà organizzative che sono determinate anche da componenti emotive e quindi possono essere recuperati con percorsi specifici. Ed, infine, Federico Bianchi di Castelbianco ha sottolineato che: "Segnalare come dislessici bambini che in realtà non lo sono comporta due gravi rischi: sono dirottati su percorsi alternativi come portatori di una disabilità che non hanno, con oneri economici non sostenibili e totalmente inutili, mentre il loro problema non solo non verrà affrontato ma lascerà un vuoto di conoscenze che si ripercuoterà pesantemente sul loro curriculum studiorum".

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