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Muore all'età di 97 anni il premio Nobel per la medicina, Renato Dulbecco.
Quest'oggi si è spento all'età di 97 anni il biologo, medico e genetista, Renato Dulbecco, che aveva ricevuto il premio Nobel per la medicina nel 1975. Premio che Renato Dulbecco ricevette per aver scoperto in America, dove era andato a vivere 50 anni fa, il meccanismo d'azione dei virus tumorali nelle cellule animali. Inoltre Paolo Vezzoni, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche, (noto anche come CNR), che, insieme al genetista Italiano aveva condiviso l'esordio negli anni '90 del "Progetto Genoma Umano", e che è rimasto in contatto con il premio Nobel della Medicina fino a qualche mese fa, lo ha ricordato con queste parole: "Era un po' amareggiato. L'esperienza fatta in Italia lo aveva davvero deluso". Oltretutto quello di Renato Dulbecco è stato quasi un secolo di vita interamente dedicata alla scienza, (tanto per la cronaca era nato a Catanzaro il 22 Febbraio 1914), e quasi tutta negli Stati Uniti con una brillante ed inaspettata parentesi, vale a dire la conduzione del Festival di Sanremo nel 1999 assieme a Fabio Fazio. La sua è stata una vita lunghissima e piena di successi. Una carriera iniziata 80 anni fa, quando nel 1930 Renato Dulbecco si iscrisse alla facoltà di medicina dell'Università di Torino, e già dal secondo anno, grazie ai brillanti risultati ottenuti, fu ammesso come interno all'Istituto di Anatomia di Giuseppe Levi, una personalità in vista nell'ambito medico e biologico. Per di più Renato Dulbecco nel periodo in cui si occupava prevalentemente di biologia ebbe modo di conoscere Salvador Luria e Rita Levi Montalcini, la quale divenne un'ottima compagna di lavoro e con la quale instaurò una profonda amicizia che proseguì anche in seguito. Riuscì a laurearsi a soli 22 anni, nel 1936, con una tesi sulle alterazioni del fegato dovute al blocco nell'efflusso della bile e ricevette in quell'occasione diversi premi, essendo stato riconosciuto come il migliore laureando dell'Università con la migliore tesi. Inoltre nello stesso anno, mentre era in procinto di scegliere se diventare scienziato oppure scegliere se intraprendere la carriera chirurgica, fu chiamato a prestare il servizio militare come ufficiale medico, fino al 1938. Tuttavia, dopo aver scelto la via della ricerca, non ebbe neppure il tempo di trovarsi un lavoro che nel 1939 venne richiamato alle armi per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, sempre come ufficiale medico a San Remo. Comunque per Renato Dulbecco fu decisivo l'incontro con Salvador Luria, che aveva già avuto modo di conoscere, essendo stato anch'egli studente a Torino ed interno dell'istituto di Giuseppe Levi. Infatti Salvador Luria si occupava a quel tempo di quei virus che infettano i batteri, (vale a dire i batteriofagi), ed utilizzava, proprio come il suo collega Renato Dulbecco, le radiazioni; e dunque, data la comunanza di interessi, gli offrì la possibilità di lavorare nel suo laboratorio a Bloomington, nell'Indiana, (USA), nel quale collaboravano già altre personalità di gran rilievo della comunità scientifica. Ed, infatti, nell'autunno del 1947 si trasferì negli Stati Uniti, a Bloomington, scoprendo un mondo totalmente diverso dalla sua terra natia, (vale a dire l'Italia), che però era accomunato dai medesimi pregiudizi razziali. Oltretutto inizialmente il suo lavoro, svolto in un laboratorio di dimensioni ridotte, fu da supporto alle ricerche di Salvador Luria, che avevano come obbiettivo quello di comprendere e spiegare scientificamente l'interazione tra più batteriofagi all'interno dello stesso batterio, dopo essere stati colpiti da radiazione ultravioletta. E, dopo molte osservazioni, si giunse alla conclusione che al massimo una ventina di batteriofagi potevano interagire l'uno con l'altro e sopravvivere più a lungo. Successivamente nel 1949 Max Delbruck, padre della genetica moderna, gli offrì un posto di lavoro al California Institute of Technology dell'università privata di Pasadena, (più noto con il nome Caltech), ovvero uno dei più importanti laboratori scientifici al mondo. E, dopo un'iniziale esitazione, dovuta al timore di recare un torto a colui che lo aveva introdotto in quel rilevante ambiente, accettò, convinto anche dalle parole del collega James Watson, (futuro premio Nobel per la scoperta della struttura del DNA). In aggiunta la grande occasione, quella che appianò la strada alle nuove frontiere della ricerca biologica, fu lo studio del virus responsabile dell'Herpes zoster, meglio conosciuto come "fuoco di Sant'Antonio". Inoltre un'altra conquista sopraggiunse poco tempo dopo, cioè nel 1955, quando Renato Dulbecco riuscì ad identificare un mutante del virus della poliomelite, (una malattia estremamente temuta), che fu utilizzato da Albert Sabin per preparare un vaccino. Il suo interesse per i virus si fece sempre più specifico al punto di sfociare in uno studio del tutto nuovo riguardante i virus che rendono le cellule cancerose, vale a dire capaci di moltiplicarsi incessantemente. In pratica l'idea di base di questo nuovo studio fu quella di studiare l'origine di un cancro dovuto, come era già noto, ad un'alterazione genetica all'interno di queste piccole entità biologiche costituite da pochi geni, a differenza delle cellule animali. Quello che bisognava comprendere era la modalità d'azione dei virus, che, una volta penetrati nella cellula, sembravano scomparire. I risultati tanto attesi del suddetto studio sopraggiunsero solo, (si fa per dire), alcuni anni dopo, cioè nel 1968; infatti lo stesso Renato Dulbecco dichiarò : "Per indagare l'azione dei geni di questi virus pensai che bisognava prima di tutto capire che cosa accadesse all'interno delle cellule rese tumorali. Si supponeva che il virus entrasse nelle cellule, ne alterasse i geni e poi scomparisse, comportandosi come un pirata della strada che investe un pedone ferendolo e poi scappa abbandonando il luogo dell'incidente". Tuttavia l'elemento sconosciuto fu l'individuazione di una sostanza chiamata antigene T, (dove la "T" sta per Tumorale), assente nelle cellule "sane" dell'organismo, ma presente sia in quelle infettate che in quelle uccise dal virus. Ed, anche se non se ne conosceva la natura, era sufficiente per indurre a pensare che qualcosa del virus restasse nella cellula colpita; infatti ciò su cui si puntò fu l'identificazione di tale sostanza. Ne risultò che si trattava di DNA virale che si univa chimicamente a quello della cellula, diventando così parte integrante del suo materiale genetico. Questa scoperta fu clamorosa perché successivamente fu semplice dedurre che i geni virali definiti oncogeni erano in grado di attivare i geni cellulari necessari alla moltiplicazione cellulare facendola proseguire incessantemente. In aggiunta il trasferimento del ricercatore in Inghilterra fu seguito dalla sua elezione a membro straniero della Royal Society di Londra. Da quel momento in poi la sua carriera fu sempre in ascesa. Infatti tra i numerosi riconoscimenti assegnatigli, ricevette la laurea honoris causa dall'Università di Yale, il premio Lasker per le scienze biologiche e mediche e, come già anticipato inizialmente, nel 1975 il premio Nobel per la medicina e la fisiologia, ricevuto, appunto, per le sue scoperte in materia di interazione tra virus tumorali e materiale genetico della cellula. Riguardo quell'occasione Renato Dulbecco dichiarò: "Il cuore mi saltò in gola. Avevo capito bene? Non osavo dirlo, ma facendomi coraggio mormorai: il premio Nobel!". I suoi ultimi decenni sono stati dedicati al Progetto Genoma Umano, il cui obiettivo è di identificare tutti i geni delle cellule umane ed il loro ruolo in modo da comprendere e combattere concretamente lo sviluppo del cancro. Mentre nel 1999, come già detto precedentemente, accettò di presentare Sanremo con Fabio Fazio e Laetitia Casta, diventando rapidamente, con il suo sorriso puerile e l'inconfondibile parlata italo-americana, un idolo del teatro Ariston. E nel Dicembre del 2000 venne coinvolto nel consiglio di beneficienza della Fondazione Cariplo assieme al collega Carlo Rubbia. Infine, come anticipato, è morto oggi, 20 Febbraio 2012, a Genova a soli 2 giorni dal suo 98° compleanno, colpito purtroppo da un infarto.
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