Di recente grazie ad un nuovo studio è stato scoperto che a differenza da quanto gli esperti avevano ipotizzato finora, la dopamina, vale a dire un importante neurotrasmettitore coinvolto anche nel sistema di motivazione e ricompensa, non sembrerebbe esercitare il medesimo effetto in quelle aree del cervello in cui la sua chimica è coinvolta. La suddetta ricerca che è stata condotta dalla Vanderbilt University negli Stati Uniti e finanziata dal National Institute of Drug Abuse, ha dimostrato che elevati livelli di dopamina in una particolare area del cervello, ovvero l'insula anteriore, importante per il sistema delle emozioni e la percezione del rischio, vanno ad inibire l'attitudine allo svolgimento di quei compiti complessi anche quando la ricompensa risulta essere congrua allo sforzo ma contraddistinta da un certo livello d'incertezza. In parole povere ci sono persone che, non avendo la propensione al rischio, preferiscono accontentarsi di ricompense limitate per compiti semplici ed altre che risultano più concentrate sugli elevati livelli di ricompensa e quindi sono più disponibili ad affrontare compiti complicati, rendendo minime le possibili perdite di tempo e denaro. In questa seconda categoria di persone "attive" rientrano quei soggetti che risultano possedere livelli di dopamina più alti in altre due aree del cervello, vale a dire il corpo striato e la corteccia prefrontale ventromediale, e livelli di dopamina inferiori nell'insula anteriore. In pratica lo studio ha coinvolto 25 volontari di età compresa tra i 18 ed i 29 anni sottoposti a differenti tipologie di compiti con ricompense in denaro crescenti in base alla difficoltà, i quali sono stati sottoposti ad una particolare scannerizzazione del cervello, cioè la Tomografia ad emissione di positroni, (conosciuta anche con l'acronimo PET), al fine di determinarne i livelli di dopamina nelle differenti regioni cerebrali. I risultati ottenuti, che, per di più, hanno molto sorpreso i ricercatori, hanno smosso delle importanti questioni su tutte quelle terapie che fanno uso di medicinali psicotropi che agiscono sui livelli di dopamina ed utilizzati per una serie di disturbi mentali legati alla mancanza di motivazione come ad esempio, la sindrome da deficit di attenzione ed iperattività, (nota con la sigla ADHD), la depressione e la schizofrenia. Infatti dal suddetto studio sembrerebbe emergere che la dopamina potrebbe avere effetti addirittura opposti a seconda dell'area del cervello nella quale è presente. Comunque questo studio, nelle intenzioni dei ricercatori, vorrebbe, infine, porre le basi per mettere a punto uno strumento di misurazione obbiettivo che sia in grado di valutare la chimica cerebrale della motivazione. Aspetto che è presente non solo nella depressione ed in altre patologie mentali, ma anche in tutte quelle problematiche legate alla dipendenza da droghe ed alcool.
Di recente grazie ad un nuovo studio è stato scoperto che a differenza da quanto gli esperti avevano ipotizzato finora, la dopamina, vale a dire un importante neurotrasmettitore coinvolto anche nel sistema di motivazione e ricompensa, non sembrerebbe esercitare il medesimo effetto in quelle aree del cervello in cui la sua chimica è coinvolta. La suddetta ricerca che è stata condotta dalla Vanderbilt University negli Stati Uniti e finanziata dal National Institute of Drug Abuse, ha dimostrato che elevati livelli di dopamina in una particolare area del cervello, ovvero l'insula anteriore, importante per il sistema delle emozioni e la percezione del rischio, vanno ad inibire l'attitudine allo svolgimento di quei compiti complessi anche quando la ricompensa risulta essere congrua allo sforzo ma contraddistinta da un certo livello d'incertezza. In parole povere ci sono persone che, non avendo la propensione al rischio, preferiscono accontentarsi di ricompense limitate per compiti semplici ed altre che risultano più concentrate sugli elevati livelli di ricompensa e quindi sono più disponibili ad affrontare compiti complicati, rendendo minime le possibili perdite di tempo e denaro. In questa seconda categoria di persone "attive" rientrano quei soggetti che risultano possedere livelli di dopamina più alti in altre due aree del cervello, vale a dire il corpo striato e la corteccia prefrontale ventromediale, e livelli di dopamina inferiori nell'insula anteriore. In pratica lo studio ha coinvolto 25 volontari di età compresa tra i 18 ed i 29 anni sottoposti a differenti tipologie di compiti con ricompense in denaro crescenti in base alla difficoltà, i quali sono stati sottoposti ad una particolare scannerizzazione del cervello, cioè la Tomografia ad emissione di positroni, (conosciuta anche con l'acronimo PET), al fine di determinarne i livelli di dopamina nelle differenti regioni cerebrali. I risultati ottenuti, che, per di più, hanno molto sorpreso i ricercatori, hanno smosso delle importanti questioni su tutte quelle terapie che fanno uso di medicinali psicotropi che agiscono sui livelli di dopamina ed utilizzati per una serie di disturbi mentali legati alla mancanza di motivazione come ad esempio, la sindrome da deficit di attenzione ed iperattività, (nota con la sigla ADHD), la depressione e la schizofrenia. Infatti dal suddetto studio sembrerebbe emergere che la dopamina potrebbe avere effetti addirittura opposti a seconda dell'area del cervello nella quale è presente. Comunque questo studio, nelle intenzioni dei ricercatori, vorrebbe, infine, porre le basi per mettere a punto uno strumento di misurazione obbiettivo che sia in grado di valutare la chimica cerebrale della motivazione. Aspetto che è presente non solo nella depressione ed in altre patologie mentali, ma anche in tutte quelle problematiche legate alla dipendenza da droghe ed alcool.
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