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Alcuni topi paralizzati tornano a camminare grazie alla riparazione del collegamento tra cervello e zampe.
Di recente alcuni topi, che erano rimasti paralizzati in seguito a gravi lesioni spinali, hanno ripreso a camminare e correre grazie ad una innovativa tecnica di riabilitazione combinata messa a punto da un team di ricercatori svizzeri del Politecnico Federale di Losanna. Però Grégoire Courtine, ricercatore trentasettenne a capo del laboratorio di Spinal cord repair presso il Swiss Federal Institute of Technology di Losanna e coordinatore del suddetto team, ci è voluto andare con i piedi di piombo, dichiarando: "L'impatto di un simile intervento sull'uomo è difficile da prevedere". Tuttavia i risultati del suddetto studio condotto su topi che sono stati appena pubblicati su New Scientist e sulla rivista Science non possono non dare una qualche speranza a coloro che, a causa di una lesione spinale, non sono più in grado di muovere la parte inferiore del corpo. Al riguardo sempre Grégoire Courtine ha spiegato: "L'obiettivo della nostra ricerca era quello di ripristinare il movimento volontario dopo una grave lesione subìta dal midollo spinale". Ed in pratica ci sono riusciti con successo. Infatti il ricercatore ha continuato a spiegare: "Nello studio siamo stati in grado di raggiungere non solo il movimento volontario ma un controllo adattivo del movimento dopo un danno al midollo spinale che in generale causa una paralisi permanente delle zampe posteriori". E dunque in sostanza i topi, seppur aiutati, hanno ripreso a camminare, a controllare i loro movimenti per riuscire a salire sui gradini ed alcuni addirittura a correre. Comunque la storia di questa ricerca non è recente, infatti, risale a più di cinque anni fa all'Università di Zurigo. Però è stato solo a fine 2009 che sono emersi i primi risultati. Difatti in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience il gruppo guidato da Grégoire Courtine aveva mostrato che stimolando con un mix di farmaci e di impulsi elettrici il midollo spinale di topi da laboratorio che avevano subìto un grave trauma che comportava la paralisi, gli animali riprendevano a muovere le zampe ed a camminare. Tuttavia ciò avveniva involontariamente come risposta automatica ad un tapis roulant che scorreva sotto di loro. Ed è stata proprio dall'osservazione di questo fenomeno che è nata l'ipotesi che, almeno nei topi, il midollo spinale avesse una qualche forma di "intelligenza"; infatti non ha bisogno del contributo del cervello per elaborare alcuni semplici gruppi di informazione e restituire il giusto stimolo ai muscoli per produrre il movimento. In ogni caso il problema rimaneva il collegamento con il cervello, poiché è proprio da lì che parte l'impulso per muoversi volontariamente. E nella ricerca precedente non c'è stato modo di collegarlo con la parte del midollo spinale alla base della lesione. Ostacolo che i ricercatori hanno provato a superare in tutti i modi negli ultimi anni. Infatti anche se il tessuto nervoso, (ovvero sia il cervello sia il midollo spinale), possieda la capacità di recuperare le lesioni, (vale a dire quella che viene definita plasticità e consiste in una riorganizzazione delle fibre nervose), ciò avviene soltanto in caso di danni lievi. E quindi quando la lesione è troppo grave, come, appunto, i quei casi in cui produce la paralisi degli arti inferiori, il recupero è ritenuto quasi del tutto impossibile; o almeno questo era quanto si pensava finora. Infatti grazie al nuovo studio i ricercatori hanno dimostrato che risvegliandone la plasticità, il sistema nervoso è in grado di riorganizzare almeno una parte dei collegamenti delle fibre nervose che dal cervello portano l'informazione al midollo spinale ed indurre così un recupero delle funzioni motorie. Per farlo i ricercatori hanno migliorato le tecniche del precedente studio ed apportato alcuni cambiamenti agli strumenti utilizzati, convinti che un ruolo importante in questo processo di recupero è quello rappresentato dall'allenamento. In tal proposito
Grégoire Courtine ha spiegato: "Per trasformare i circuiti da dormienti ad un alto stato funzionale, abbiamo somministrato un cocktail di agenti farmacologici ed applicato una stimolazione elettrica sulla parte esterna del midollo spinale". Ma, come già dimostrato nello studio precedente, ciò avrebbe consentito di ottenere soltanto i movimenti involontari delle gambe in risposta ad uno stimolo esterno, come nel precedente esperimento. E dunque per stimolare la capacità di muovere volontariamente i passi è stato fondamentale l'utilizzo di un robot, vale a dire una sorta di imbracatura su cui il topo è sospeso e che ha avuto lo scopo di sostenerlo e tirarlo su qualora avesse perso l'equilibrio. Il resto lo ha fatto un po' di cioccolato, che è stato utilizzato come stimolo per motivare i topini a camminare sulla piattaforma allestita dai ricercatori. E solo dopo due settimane di allenamento i topi hanno iniziato a muovere i primi passi. Al riguardo il ricercatore ha dichiarato:"Prima uno, due passi, poi distanze sempre più lunghe ed, alla fine, un gruppo di topi era addirittura in grado di correre, salire gradini e superare ostacoli". In pratica a rendere possibile il recupero è stata la plasticità del cervello, in grado di costruire nuove connessioni che hanno superato l'ostacolo rappresentato dalla lesione. Inoltre Janine Heutschi, una delle autrici dello studio, ha sostenuto: "Abbiamo registrato un aumento di quattro volte del numero di fibre nervose tra il cervello ed il midollo spinale. Una ricrescita che prova lo straordinario potenziale della neuroplasticità anche dopo un serio danno al sistema nervoso centrale". E dunque adesso andrà verificato se gli stessi straordinari risultati ottenuti sul modello animale potranno essere riprodotti anche nell'uomo. Al riguardo
Grégoire Courtine ha spiegato: "Stiamo facendo grandi sforzi per raggiungere un'applicazione clinica nel prossimo futuro". Però ad oggi non esistono prove scientifiche concrete sul fatto che sia possibile ottenere nell'uomo un recupero del tutto simile a quello osservato sui topi. Anche se i ricercatori stanno lavorando arduamente per riuscire a produrle. Infatti a Zurigo il gruppo guidato da
Grégoire Courtine prevede di avviare entro un paio d'anni una sperimentazione di fase due per valutare l'efficacia di questa eccezionale tecnica sull'uomo. Intanto però il team sta partecipando al progetto europeo NeuWalk, al quale prende parte anche la Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant'Anna di Pisa, con l'obiettivo di far confluire in un unico "contenitore" le più promettenti ricerche compiute negli ultimi anni per mettere a punto un impianto neuroprotesico di nuova concezione. Oltretutto questo progetto, che è stato avviato a metà del 2010 nell'ambito del Settimo Programma Quadro dell'Unione Europea, attualmente si trova soltanto ai primi passi, ma quello che i ricercatori si aspettano è che entro i prossimi tre anni questo possa portare alla verifica sull'uomo di nuove forme di trattamento contro la paralisi.
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