Dimostrato che un uso prolungato di cannabis aumenta i rischi di psicosi e schizofrenia.


I recenti risultati di un'importante ricerca svedese basata su uno studio durato ben 35 anni, che ha valutato il modo in cui cambia il rischio di disturbi psicotici tra coloro che hanno fatto uso o meno di cannabis, hanno, appunto, dimostrato che l'uso prolungato di cannabis aumenta i rischi di psicosi, ed in particolar modo quelli legati alla schizofrenia. In pratica la suddetta ricerca, pubblicata sulla rivista Psychological Medicine con il titolo "Cannabis, schizophrenia and other non-affective psychoses: 35 years of follow-up of a population-based cohort", ha reclutato ed esaminato circa 50.000 uomini svedesi; anche se il numero dei soggetti inclusi nell'analisi finale è stato di circa 42.000. Comunque in sostanza durante questa ricerca, stimando l'incidenza dei disturbi psicotici e confrontandoli tra coloro che in precedenza avevano avuto una storia di consumo di cannabis, è stato individuato un totale di 322 casi di schizofrenia, 149 di psicosi breve e 126 di altre psicosi non affettive. In questo modo la ricerca ha confermato il legame esistente tra l'uso di cannabis e le psicosi, evidenziando per esempio, che il rischio di schizofrenia è significativamente più elevato, (per essere precisi 4 volte superiore), per coloro che fanno uso di cannabis. Al riguardo Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento per le Politiche Antidroga ha spiegato: "È stato dimostrato per l'ennesima volta ciò che anche la Società Italiana di Psichiatria ha segnalato più volte e cioè l'estrema pericolosità di questa sostanza e dei suoi derivati fortemente ed erroneamente sottostimata, soprattutto perché in grado di compromettere il regolare sviluppo cerebrale negli adolescenti e causa di importanti patologie psichiatriche quali, appunto, la schizofrenia". Ed ha proseguito dichiarando: "I cannabinoidi esogeni, (che contengono il principio attivo Delta-9-tetraidrocannabinolo), vale a dire quelli che si trovano, appunto, nella cannabis e nei suoi derivati, interagiscono con alcuni ricettori cannabinoidi chiamati CB1 che sono presenti nelle regioni cerebrali coinvolte nella schizofrenia". Ed, infine, sempre Giovanni Serpelloni ha concluso spiegando: "È stata, infatti, verificata una maggiore densità di tali recettori in aree cerebrali coinvolte nella schizofrenia, tra cui la corteccia prefrontale, dorso laterale e la corteccia cingolata anteriore. Tutte aree estremamente importanti anche per le funzioni del controllo volontario dei comportamenti e della capacità di percepire ed interpretare la realtà. Ricordiamo che i principi attivi della cannabis e dei suoi derivati sono in grado di produrre nel tempo alterazioni della memoria, delle funzioni cognitive superiori quali l'attenzione, compromettendo quindi l'apprendimento ed i tempi di reazione".

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