YouTube decide di ridurre gli pseudonimi invitando gli utenti all'uso del proprio nome reale; ma non è il solo.
Recentemente YouTube, il più famoso sito di video sharing al mondo, ha deciso di apportare qualche modifica per quanto riguarda l'anonimato dei propri utenti. In pratica d'ora in poi se un utente lascerà un commento ad un video oppure caricherà un filmato vedrà apparire in una finestra pop-up la richiesta di adoperare il suo nome reale invece del nickname ed anche di collegare il proprio profilo nel Social Network Google+. Ovviamente gli iscritti sono liberi di scegliere se accettare l'invito, oppure di non tenerne conto; però in questo caso dovranno specificare il motivo per cui vogliono rinunciare a impiegare la loro vera identità, scegliendo tra le sei opzioni messe a disposizione. Comunque non è la prima volta che in casa Google viene presa una simile decisione; difatti non molto tempo fa su Google+ era stata avviata una campagna per convincere le persone a non usare gli pseudonimi. Che, secondo alcuni, sono scelti da una minoranza di iscritti, (che vengono chiamati "troll"), capaci di ostacolare le discussioni, ed in altri casi facilitano discorsi dell'odio. Dunque in questo modo la partecipazione del pubblico all'interno della Rete sta cambiando le vecchie abitudini poiché un tempo era diffuso il motto: "Su Internet nessuno sa che potresti essere un cane", il quale stava a significare che dietro ad un nickname poteva esserci chiunque. Però con la diffusione reti sociali sta avvenendo un rapido passaggio alle identità autentiche. Ad esempio, poco dopo il terremoto del Tōhoku, (Giappone), dello scorso anno, Facebook, (il famoso Social Network in Blu), diffuse nelle sue pagine degli annunci di pubblica utilità, come gli orari dei treni operativi durante l'emergenza, e contribuì a distribuire informazioni per i soccorsi sul campo. Grazie a ciò nell'ultimo anno gli iscritti nipponici a Facebook sono aumentati del 51% e, secondo le stime Emarketer, entro la fine del 2012 raggiungeranno circa il 12% della popolazione locale. Inoltre in molti hanno rinunciato al tradizionale anonimato quando sono entrati a far parte del suddetto Social Network; anche se la consuetudine prevalente nelle reti sociali in Giappone, come ad esempio su Mixi, era invece quella di adoperare un nickname. Mentre attualmente altri utenti si trovano di fronte ad un bivio. In ogni caso anche Dick Costolo, l'attuale amministratore delegato di Twitter, (il famoso Social Network dai 140 caratteri), di rencente ha annunciato che sono allo studio alcuni meccanismi per ridurre i cosiddetti "commenti-spazzatura", (o Spam), messi in circolazione da utenze nascoste dietro a nomi inventati. Tuttavia se queste misure di contrasto non risulteranno efficienti, potrebbe esserci il rischio di limitare allo stesso tempo anche la circolazione delle informazioni. Per di più, secondo il quotidiano economico Financial Times, le battaglie legali nei tribunali inglesi iniziate dopo la pubblicazione di notizie diffamatorie su Twitter non sono poche. Oltretutto alcune recenti iniziative legislative stanno provando ad arginare i discorsi dell'odio che, a loro dire, trovano terreno fertile nell'anonimato. Ad esempio, una recente proposta di provvedimento presentata nello Stato di New York ha come scopo quello di combattere il bullismo online, detto più comunemente cyberbullismo. Quest'ultima chiede una drastica riduzione di coloro che mascherano la loro vera identità sul web; in sostanza impone ai gestori di siti web di rimuovere, su eventuale richiesta, i commenti anonimi nel caso in cui non vengono associati a nomi reali, indirizzi Internet ed anche al numero civico dell'abitazione di residenza. Ma ciononostante gli pseudonimi restano una quota abbastanza elevata nei commenti. Al riguardo Disqus, una piattaforma che abilita gli interventi su blog e siti online, ha rilevato che il 61% delle opinioni valutate in modo positivo, (ad esempio, con i voti "mi piace"), sono espresse da persone che usano un nickname. Mentre il 34% viene pubblicato da utenti anonimi ed, infine, solo il 4% è associato con identità collegate ai vari Social Network, come nel caso dei profili di Facebook.
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