In questi giorni un team europeo composto da scienziati italiani, israeliani e tedeschi coordinato da Stefano Vassanelli, neurofisiologo al Dipartimento di Scienze Biomediche dell'Università degli Studi di Padova, è riuscito a realizzare dei microchip in silicio che, una volta impiantato nel cervello, sono capaci di stabilire una comunicazione bi-direzionale e ad alta risoluzione con i neuroni. In pratica durante questa ricerca, che è stata condotta nell'ambito del progetto CyberRat finanziato dalla Comunità Europea, i ricercatori hanno usufruito di avanzate tecnologie del silicio per creare alcuni microchip a forma di ago che possono essere impiantati direttamente nel cervello senza causare danni. Più precisamente per realizzare questi microchip aghiformi è stato utilizzato un rivestimento di biossido di titanio dallo spessore nanometrico ottenuto attraverso delle speciali procedure di deposizione che hanno conferito al microchip un'alta biocompatibilità. Inoltre grazie all'ausilio di alcuni sensori ed attuatori di dimensioni micrometriche integrati nei microchip, i ricercatori hanno potuto registrare l'attività di numerose popolazioni di neuroni in varie regioni cerebrali con una risoluzione di soli dieci micrometri. Al riguardo il professor Stefano Vassanelli ha spiegato: "Oltre a raggiungere per la prima volta una risoluzione così elevata, la tecnica ha consentito di stabilire con i neuroni una comunicazione bi-direzionale; vale a dire da cervello al microchip, registrando l'attività neuronale, e dal microchip al cervello, stimolandola. Oltretutto la nuova tecnologia sviluppata durante il progetto CyberRat rappresenta la base di partenza per lo sviluppo di nuovi sofisticati strumenti sperimentali che saranno utili per comprendere come le reti complesse che i neuroni creano nel cervello interconnettendosi sono in grado di elaborare le informazioni". E dunque a quanto pare è possibile che questa tecnologia possa essere impiegata per la creazione di neuroprotesi intelligenti, in grado di registrare l'attività cerebrale ad alta risoluzione, elaborare delle risposte mediante microelaboratori su chip e stimolare il cervello in un circuito ibrido neuro-elettronico. Infine non è da escludere la possibilità che questo approccio potrà essere di grande aiuto per la terapia di varie malattie neurologiche, tra cui anche il morbo di Parkinson e l'epilessia.
In questi giorni un team europeo composto da scienziati italiani, israeliani e tedeschi coordinato da Stefano Vassanelli, neurofisiologo al Dipartimento di Scienze Biomediche dell'Università degli Studi di Padova, è riuscito a realizzare dei microchip in silicio che, una volta impiantato nel cervello, sono capaci di stabilire una comunicazione bi-direzionale e ad alta risoluzione con i neuroni. In pratica durante questa ricerca, che è stata condotta nell'ambito del progetto CyberRat finanziato dalla Comunità Europea, i ricercatori hanno usufruito di avanzate tecnologie del silicio per creare alcuni microchip a forma di ago che possono essere impiantati direttamente nel cervello senza causare danni. Più precisamente per realizzare questi microchip aghiformi è stato utilizzato un rivestimento di biossido di titanio dallo spessore nanometrico ottenuto attraverso delle speciali procedure di deposizione che hanno conferito al microchip un'alta biocompatibilità. Inoltre grazie all'ausilio di alcuni sensori ed attuatori di dimensioni micrometriche integrati nei microchip, i ricercatori hanno potuto registrare l'attività di numerose popolazioni di neuroni in varie regioni cerebrali con una risoluzione di soli dieci micrometri. Al riguardo il professor Stefano Vassanelli ha spiegato: "Oltre a raggiungere per la prima volta una risoluzione così elevata, la tecnica ha consentito di stabilire con i neuroni una comunicazione bi-direzionale; vale a dire da cervello al microchip, registrando l'attività neuronale, e dal microchip al cervello, stimolandola. Oltretutto la nuova tecnologia sviluppata durante il progetto CyberRat rappresenta la base di partenza per lo sviluppo di nuovi sofisticati strumenti sperimentali che saranno utili per comprendere come le reti complesse che i neuroni creano nel cervello interconnettendosi sono in grado di elaborare le informazioni". E dunque a quanto pare è possibile che questa tecnologia possa essere impiegata per la creazione di neuroprotesi intelligenti, in grado di registrare l'attività cerebrale ad alta risoluzione, elaborare delle risposte mediante microelaboratori su chip e stimolare il cervello in un circuito ibrido neuro-elettronico. Infine non è da escludere la possibilità che questo approccio potrà essere di grande aiuto per la terapia di varie malattie neurologiche, tra cui anche il morbo di Parkinson e l'epilessia.
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