A quanto pare ci sono buone notizie per il cervello ed una sua possibile compromissione nelle funzioni. Infatti di recente alcuni scienziati dell'Università di Tel Aviv hanno sviluppato una particolare proteina, (o scientificamente nota come peptide), capace di proteggere ed addirittura ripristinare le funzioni cerebrali. In pratica la scoperta potrebbe essere essenziale nella ricerca di una cura per molte malattie neurodegenerative ed in tutti quei casi di compromissione delle facoltà cerebrali come il declino cognitivo lieve, la demenza oppure la malattia di Alzheimer, ma perfino anche nei casi di SLA, (acronimo di Sclerosi Laterale Amiotrofica), e della malattia di Parkinson. In sostanza questa nuova proteina, battezzata dai ricercatori con la sigla NAP, (o anche con il nome Davunetide), andrebbe ad agire direttamente sulla cosiddetta "rete di microtubuli", vale a dire una parte cruciale del sistema nervoso. Inoltre questa rete agisce come una sorta di sistema di trasporto all'interno delle cellule nervose, portando proteine essenziali e consentendo la comunicazione tra le varie cellule. Tuttavia in alcuni casi succede che le malattie neurodegenerative guastino tale rete, con una conseguente ripercussione negativa sulle abilità motorie e le funzioni cognitive. Ed è in questi casi che interviene il nuovo peptide, sviluppato dalla professoressa Illana Gozes e dai colleghi della Tel Aviv University's Sackler Faculty of Medicine, il quale avrebbe una doppia capacità: quella di proteggere e ripristinare le funzioni dei microtubuli. Ad ogni modo la ricerca che ha portato allo sviluppo di questo peptide è partita dall'utilizzo di un composto derivato dalla proteina ADNP, che si occupa della regolazione di oltre 400 geni ed è fondamentale per lo sviluppo e la formazione di cervello, memoria e comportamento. Inoltre dopo questa prima fase, i ricercatori israeliani, (tra cui il dottor Yan Jouroukhin ed il dottor Regin Ostritsky), hanno condotto una serie di test su modelli animali con danni ai microtubuli. I risultati di tali test, (pubblicati su Neurobiology of Disease), hanno mostrato che nei topi con sintomi associati a neurodegenerazione, questi migliorassero in modo significativo; infatti il peptide NAP è stato in grado di mantenere o ripristinare il trasporto di proteine ed altri materiali nelle cellule. Per di più un successivo studio condotto da un team di ricerca del Regno Unito, e pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, ha poi confermato quanto suggerito dai risultati dei ricercatori israeliani, mostrando un'effettiva azione del NAP. E dunque, come già anticipato, quest'ultimo potrebbe essere uno strumento efficace nella lotta contro alcuni degli effetti più debilitanti delle malattie neurodegenerative. Comunque sia, infine, la professoressa Illana Gozes ha ricordato che: "Sono necessari ulteriori studi per scoprire come ottimizzare l'utilizzo del NAP come trattamento medico, anche nei pazienti che possono beneficiare maggiormente dell'intervento. Tuttavia i risultati sono promettenti ed indicano che la nostra nuova proteina potrebbe divenire un buon trattamento per le conseguenze causate dalle malattie neurodegenerative".
A quanto pare ci sono buone notizie per il cervello ed una sua possibile compromissione nelle funzioni. Infatti di recente alcuni scienziati dell'Università di Tel Aviv hanno sviluppato una particolare proteina, (o scientificamente nota come peptide), capace di proteggere ed addirittura ripristinare le funzioni cerebrali. In pratica la scoperta potrebbe essere essenziale nella ricerca di una cura per molte malattie neurodegenerative ed in tutti quei casi di compromissione delle facoltà cerebrali come il declino cognitivo lieve, la demenza oppure la malattia di Alzheimer, ma perfino anche nei casi di SLA, (acronimo di Sclerosi Laterale Amiotrofica), e della malattia di Parkinson. In sostanza questa nuova proteina, battezzata dai ricercatori con la sigla NAP, (o anche con il nome Davunetide), andrebbe ad agire direttamente sulla cosiddetta "rete di microtubuli", vale a dire una parte cruciale del sistema nervoso. Inoltre questa rete agisce come una sorta di sistema di trasporto all'interno delle cellule nervose, portando proteine essenziali e consentendo la comunicazione tra le varie cellule. Tuttavia in alcuni casi succede che le malattie neurodegenerative guastino tale rete, con una conseguente ripercussione negativa sulle abilità motorie e le funzioni cognitive. Ed è in questi casi che interviene il nuovo peptide, sviluppato dalla professoressa Illana Gozes e dai colleghi della Tel Aviv University's Sackler Faculty of Medicine, il quale avrebbe una doppia capacità: quella di proteggere e ripristinare le funzioni dei microtubuli. Ad ogni modo la ricerca che ha portato allo sviluppo di questo peptide è partita dall'utilizzo di un composto derivato dalla proteina ADNP, che si occupa della regolazione di oltre 400 geni ed è fondamentale per lo sviluppo e la formazione di cervello, memoria e comportamento. Inoltre dopo questa prima fase, i ricercatori israeliani, (tra cui il dottor Yan Jouroukhin ed il dottor Regin Ostritsky), hanno condotto una serie di test su modelli animali con danni ai microtubuli. I risultati di tali test, (pubblicati su Neurobiology of Disease), hanno mostrato che nei topi con sintomi associati a neurodegenerazione, questi migliorassero in modo significativo; infatti il peptide NAP è stato in grado di mantenere o ripristinare il trasporto di proteine ed altri materiali nelle cellule. Per di più un successivo studio condotto da un team di ricerca del Regno Unito, e pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, ha poi confermato quanto suggerito dai risultati dei ricercatori israeliani, mostrando un'effettiva azione del NAP. E dunque, come già anticipato, quest'ultimo potrebbe essere uno strumento efficace nella lotta contro alcuni degli effetti più debilitanti delle malattie neurodegenerative. Comunque sia, infine, la professoressa Illana Gozes ha ricordato che: "Sono necessari ulteriori studi per scoprire come ottimizzare l'utilizzo del NAP come trattamento medico, anche nei pazienti che possono beneficiare maggiormente dell'intervento. Tuttavia i risultati sono promettenti ed indicano che la nostra nuova proteina potrebbe divenire un buon trattamento per le conseguenze causate dalle malattie neurodegenerative".
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