Assumere grandi quantità di cibo senza fermarsi è di certo un problema che a lungo andare diventa una vera e propria ossessione. Tuttavia a quanto pare di recente una équipe di scienziati ha scoperto una possibile "cura" contro la cosiddetta sindrome delle abbuffate compulsive, ma che potrebbe rivelarsi efficace anche contro la bulimia e tutti gli altri Disturbi del Comportamento Alimentare, (conosciuti anche con la sigla DCA); o almeno questa è la prospettiva di un recente studio condotto da Valentina Sabino e Pietro Cottone dell'Università di Boston e pubblicato sulla rivista Neuropsychopharmacology. In pratica gli esperti sono riusciti a scoprire che l'ormone di rilascio della corticotropina, (scientificamente conosciuto con la sigla CRH oppure CRF), funziona come una sorta di "interruttore", disattivando il quale si riesce, appunto, a "spegnere" la sindrome dell'abbuffate compulsive. Inoltre gli scienziati hanno scoperto che una particolare molecola, (già sperimentata contro la depressione, ma attualmente non in commercio), agisce proprio sul suddetto ormone, bloccando così la fame compulsiva. Al riguardo Pietro Cottone ha spiegato: "Il meccanismo d'azione da noi scoperto ed il possibile trattamento farmacologico riguardano tutte le forme di abbuffate compulsive". Per di più durante il suddetto studi i ricercatori hanno eseguito degli esperimenti su alcuni topi da laboratorio resi "cibo-dipendenti", dimostrando così che bloccando l'ormone di rilascio della corticotropina, è possibile inibire sia la pulsione ad abbuffarsi sia l'ansia generata dall'astinenza da cibo; ansia che generalmente viene spenta abbuffandosi. Ad ogni modo i ricercatori si sono detti sicuri di aver scoperto un meccanismo che con il passare del tempo aprirà la strada a nuove cure. Infatti in tal proposito Valentina Sabino ha dichiarato: "Secondo noi, dietro questo disturbo c'è, appunto, il CRF, che aumenta all'interno dell'amigdala, (il centro che genera ansia), durante l'astinenza da cibo, incrementando di conseguenza anche l'ansia. Iniettando una molecola che blocca il CRF, i ratti smettono di essere ansiosi e non sentono più il bisogno di abbuffarsi". Mentre Pietro Cottone ha concluso precisando: "Abbiamo dimostrato che iniettando un farmaco antagonista del CRF nell'amigdala, riusciamo a bloccare completamente sia le abbuffate compulsive sia l'ansia generata dall'astinenza dai cibi appetitosi". Comunque sia al momento i disturbi dell'alimentazione sono al centro di diversi studi. Ad esempio, secondo un'altra recente ricerca pubblicata sulla rivista Comprehensive Psychiatry, la realtà virtuale aiuterebbe a vincere questi disturbi alimentari. Questo perché, secondo i ricercatori, una cucina virtuale nella quale simulare, per esempio, l'azione di mangiare pizza potrebbe essere utile per fermare l'impulso della fame. In sostanza lo studio in questione, che è stato condotto presso l'Università di Valencia, ha coinvolto circa una sessantina di persone, (sia sane che con disturbi dell'alimentazione). I risultati hanno dimostrato che gli individui credevano di essere realmente in quella cucina e che chi soffriva di Disturbi del Comportamento Alimentare, mangiando quella pizza virtuale, percepiva sentimenti negativi ed ansia di mettere su peso. Oltretutto i pazienti dopo il suddetto ciclo di "terapia virtuale" sembravano avere una riduzione dell'ansia provocata dalla mancata assunzione di cibo; il che, secondo gli esperti, confermerebbe che la realtà virtuale potrebbe essere utilizzata anche in ambito terapeutico.
Assumere grandi quantità di cibo senza fermarsi è di certo un problema che a lungo andare diventa una vera e propria ossessione. Tuttavia a quanto pare di recente una équipe di scienziati ha scoperto una possibile "cura" contro la cosiddetta sindrome delle abbuffate compulsive, ma che potrebbe rivelarsi efficace anche contro la bulimia e tutti gli altri Disturbi del Comportamento Alimentare, (conosciuti anche con la sigla DCA); o almeno questa è la prospettiva di un recente studio condotto da Valentina Sabino e Pietro Cottone dell'Università di Boston e pubblicato sulla rivista Neuropsychopharmacology. In pratica gli esperti sono riusciti a scoprire che l'ormone di rilascio della corticotropina, (scientificamente conosciuto con la sigla CRH oppure CRF), funziona come una sorta di "interruttore", disattivando il quale si riesce, appunto, a "spegnere" la sindrome dell'abbuffate compulsive. Inoltre gli scienziati hanno scoperto che una particolare molecola, (già sperimentata contro la depressione, ma attualmente non in commercio), agisce proprio sul suddetto ormone, bloccando così la fame compulsiva. Al riguardo Pietro Cottone ha spiegato: "Il meccanismo d'azione da noi scoperto ed il possibile trattamento farmacologico riguardano tutte le forme di abbuffate compulsive". Per di più durante il suddetto studi i ricercatori hanno eseguito degli esperimenti su alcuni topi da laboratorio resi "cibo-dipendenti", dimostrando così che bloccando l'ormone di rilascio della corticotropina, è possibile inibire sia la pulsione ad abbuffarsi sia l'ansia generata dall'astinenza da cibo; ansia che generalmente viene spenta abbuffandosi. Ad ogni modo i ricercatori si sono detti sicuri di aver scoperto un meccanismo che con il passare del tempo aprirà la strada a nuove cure. Infatti in tal proposito Valentina Sabino ha dichiarato: "Secondo noi, dietro questo disturbo c'è, appunto, il CRF, che aumenta all'interno dell'amigdala, (il centro che genera ansia), durante l'astinenza da cibo, incrementando di conseguenza anche l'ansia. Iniettando una molecola che blocca il CRF, i ratti smettono di essere ansiosi e non sentono più il bisogno di abbuffarsi". Mentre Pietro Cottone ha concluso precisando: "Abbiamo dimostrato che iniettando un farmaco antagonista del CRF nell'amigdala, riusciamo a bloccare completamente sia le abbuffate compulsive sia l'ansia generata dall'astinenza dai cibi appetitosi". Comunque sia al momento i disturbi dell'alimentazione sono al centro di diversi studi. Ad esempio, secondo un'altra recente ricerca pubblicata sulla rivista Comprehensive Psychiatry, la realtà virtuale aiuterebbe a vincere questi disturbi alimentari. Questo perché, secondo i ricercatori, una cucina virtuale nella quale simulare, per esempio, l'azione di mangiare pizza potrebbe essere utile per fermare l'impulso della fame. In sostanza lo studio in questione, che è stato condotto presso l'Università di Valencia, ha coinvolto circa una sessantina di persone, (sia sane che con disturbi dell'alimentazione). I risultati hanno dimostrato che gli individui credevano di essere realmente in quella cucina e che chi soffriva di Disturbi del Comportamento Alimentare, mangiando quella pizza virtuale, percepiva sentimenti negativi ed ansia di mettere su peso. Oltretutto i pazienti dopo il suddetto ciclo di "terapia virtuale" sembravano avere una riduzione dell'ansia provocata dalla mancata assunzione di cibo; il che, secondo gli esperti, confermerebbe che la realtà virtuale potrebbe essere utilizzata anche in ambito terapeutico.
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