Il così tanto discusso nuovo regolamento dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, (nota anche con la sigla AGCOM), relativo al diritto d'autore, approvato ieri e passato senza aspettare l'ingresso del nuovo consigliere Antonio Nicita e senza passaggio presso la Commissione Parlamentare, si basa su due aspetti: il primo è educativo; mentre il secondo, quello molto criticato, si occupa con poteri e strumenti inediti per la normativa italiana della notifica e della chiusura di siti incriminati per violazione del copyright. Ed anche se non sarà vigente fino alla prossima primavera, in Rete, (una volta assorbito il colpo dell'approvazione di questo nuovo regolamento), il dibattito continua con tanto di prese d'atto, commenti pro e contro, ed analisi accurate delle 14 pagine del testo. In ogni caso gli elementi distintivi e più importanti di quest'ultimo sono principalmente tre e tutti contengono definizioni e metodi talvolta confusi e persino enigmatici:
1) -Poteri giudiziari ad un ente amministrativo. Con queste norme l'AGCOM si doterà della possibilità di regolamentare in modo amministrativo delle fattispecie di reato, illeciti presenti nel codice penale e civile. Questo potere è molto discutibile, sia perché la magistratura è già più volte intervenuta a tutela degli Internet Service Provider, (noti anche con la sigla ISP), o dei consumatori quando è stato rilevato un abuso nella chiusura dei siti, (e l'intervento della magistratura sospende in ogni caso l'attività dell'AGCOM), sia perché i provider sono chiamati in caso di hosting con sede all'estero ad oscurare i siti tramite blocchi degli IP. Questa possibilità è considerata del tutto arbitraria e, secondo alcuni, persino incostituzionale. Al riguardo il giornalista freelance Alessandro Longo ha, ad esempio, spiegato: "Gli oscuramenti dei siti tramite blocco dell'IP sono un machete che impediscono agli utenti di vedere siti accusati di pirateria e li bloccano interamente, (anche nelle parti legali, come le recensioni). Sono quindi di fatto un blocco di una comunicazione bidirezionale senza ordine del giudice: inaudito in un Paese democratico".
2) -Introduce nuove definizioni di opera digitale, di gestore, di prestatore. Il testo dell'AGCOM è nuovo anche nell'introdurre la definizione di opera digitale quale «un'opera, o parti di essa, di carattere sonoro, audiovisivo, fotografico, videoludico, editoriale e letterario, inclusi i programmi applicativi e i sistemi operativi per elaboratore, tutelata dalla Legge sul diritto d'autore e diffusa su reti di comunicazione elettronica». Da ciò si può intuire come questa definizione non sia d'aiuto, ma è con la separazione tra gestore di pagina Internet e gestore di sito Internet che il testo rischia di combinare un pasticcio. Tale distinzione nasce per evitare le criticità tirate fuori con la bozza dello scorso Luglio, ma a quanto pare la toppa è peggio del buco; infatti non è ben chiaro come l'AGCOM pensi di agire nei confronti dell'autore dell'illecito evitando di confonderlo con chi ne permette soltanto l'accesso. Ed inoltre il testo non aiuta a comprendere quello che si dovrà fare con i gestori di commenti su un blog, con i cosiddetti "uploader" di contenuti su piattaforme di condivisione. Comunque sia, in molti hanno la netta sensazione che gli unici a pagare con certezza siano gli ISP, con multe che possono arrivare anche a 250.000 euro.
3) -Abbrevia i tempi. La cosiddetta "procedura di notice and takedown" del regolamento AGCOM viene accelerata in modo impressionante: dalla notifica dell'apertura di un procedimento da parte dell'autorità alla controdeduzione degli interessati passeranno al massimo cinque giorni. Per di più l'intera procedura può durare al massimo 35 giorni e nel caso dei provvedimenti urgenti, (come per violazioni massive del copyright, quindi principalmente estere), verranno concessi tre giorni. Dopodiché, se i contenuti non verranno rimossi spontaneamente, l'AGCOM procederà alla sanzione, che comporta la richiesta dell'oscuramento del sito.
Tuttavia, come già anticipato, questo regolamento viene considerato come un potenziale nemico di Internet, e non solo dalle culture hacking, come ad esempio la divisione italiana della legione Anonymous che ieri sera ha sferrato un nuovo attacco, mettendo Tango Down il sito della AGCOM. Infatti la questione è più delicata e complessa di quanto si pensi: giuristi, associazioni di consumatori, sigle collegate all'impresa nel Web, grandi colossi della Rete come Google, sono preoccupati per i meccanismi di funzionamento di queste regole, che non sono riuscite a stabilire cosa si intenda fare con la rimozione selettiva dei contenuti illeciti; concetto lasciato sulla carta, ma che viene considerato poco attuabile dagli estensori stessi del regolamento. Insomma l'unico obiettivo abbastanza grande da poter essere colpito con efficacia è che tutto sembra ricadere sui cosiddetti content provider italiani. Perciò sono già annunciati ricorsi presso tutti i tribunali, a partire dal Tribunale Amministrativo Regionale, (noto anche con la sigla TAR), del Lazio. Oltretutto rinunciando ad ogni ipotesi del cosiddetto Deep Packet Inspection, (noto anche con la sigla DPI), come richiesto dalle direttive Europee, nel nuovo regolamento si sente la mancanza di un progetto basato sul cosiddetto "follow the money", vale a dire sulla capacità di seguire il percorso del denaro per risalire ai responsabili. In sostanza il rischio è che la battaglia legale congeli la norma e si protragga per così tanto tempo da arrivare alla scadenza del mandato politico del Parlamento, e forse in attesa di un nuovo regolamento europeo sul diritto d'autore, previsto per il 2015. In questo caso, l'Unione Europea potrebbe anche stancarsi delle polemiche italiane ed imporci un "copia ed incolla", il che, infine, significa che potrebbe decidere di imporre le stesse regole di copyright per tutti gli stati membri; prospettiva che, secondo alcuni, non sarà priva di vantaggi.
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