Del rischio cancro della pelle se ne parla assiduamente ormai da diverso tempo, soprattutto in concomitanza dell'arrivo della bella stagione. Tuttavia a volte si dimentica, (o se ne parla poco), che non è soltanto l'esposizione indiscriminata ai raggi UV provenienti dal Sole a poter esserne causa, ma anche l'uso eccessivo che sempre più persone, (tra cui tantissimi giovani), fanno di lampade, docce e lettini abbronzanti, utilizzabili durante tutto l'anno. Motivo per il quale i casi di melanoma ed altri tipi di tumori della pelle sono in costante aumento. Quindi la cosa più saggia da fare sarebbe prevenire, seguendo i consigli dei dermatologi ed evitando esposizioni incontrollate. Tuttavia per tutti quei casi in cui purtroppo il tumore della pelle si è già presentato, di alcuni ricercatori della Pennsylvania State University, (nota anche con la sigla PSU), arriva una notizia confortante: nella corteccia del pino si troverebbe una sostanza che parrebbe essere, appunto, efficace nel combattere il cancro della pelle; in particolare il melanoma, ovvero la forma più aggressiva e difficile da curare. In pratica lo studio, pubblicato su Molecular Cancer Therapeutics e condotto dal professor Gavin Robertson, (direttore del Penn State Hershey Melanoma Center), si è concentrato sulla capacità elusiva delle cellule cancerose. Al riguardo il suddetto professore ha spiegato: "Quando si trovano sotto l'attacco di un farmaco, trovano una strada sbarrata. Tuttavia il loro segreto è quello di trovare una deviazione o altre strade per aggirare tale sbarramento e poter continuare l'opera devastatrice". Ad ogni modo adesso i ricercatori della PSU potrebbero aver risolto questo problema identificando un rimedio che crea contemporaneamente molte strade chiuse. Infatti durante la suddetta ricerca Gavin Robertson ed i colleghi hanno esaminato 480 composti naturali ed hanno identificato nelle leelamine, (ovvero derivate dalla corteccia degli alberi di pino), un elemento in grado di causare un grande ingorgo nel circuito della cellula tumorale. Motivo per cui le leelamine potrebbero essere delle ottime candidate nell'essere impiegate nel primo di una nuova classe unica di farmaci che andranno a colpire contemporaneamente diversi percorsi delle proteine. Nella fattispecie i ricercatori hanno scoperto che questa sostanza disattiva le vie multiple di proteine come PI3K, MAPK e STAT3, (coinvolte fino al 70% nello sviluppo dei melanomi, in quanto favoriscono la moltiplicazione e la diffusione delle cellule tumorali), ed allo stesso tempo delle cellule del melanoma. In sostanza l'azione delle leelamine avviene a livello del trasporto del colesterolo, che viene bloccato anche nel suo muoversi intorno alla cellula: così facendo viene a mancare anche la comunicazione molto attiva delle cellule tumorali, le quali non sopravvivono. Tra l'altro tale effetto inibitorio si è mostrato attivo in particolar modo nelle cellule cancerose, poiché le cellule normali non sono dipendenti dagli stessi elevati livelli di attività in questi percorsi: per questo motivo l'effetto sulle cellule normali può essere trascurabile. Infatti gli i test condotti finora su colture di cellule e su modello animale non hanno mostrato effetti collaterali rivelabili. Perciò al momento la speranza dei ricercatori è quella di iniziare i test anche sugli esseri umani e, se tutto andrà bene, riuscire a realizzare e mettere a disposizione al più presto possibile un nuovo rimedio.
Del rischio cancro della pelle se ne parla assiduamente ormai da diverso tempo, soprattutto in concomitanza dell'arrivo della bella stagione. Tuttavia a volte si dimentica, (o se ne parla poco), che non è soltanto l'esposizione indiscriminata ai raggi UV provenienti dal Sole a poter esserne causa, ma anche l'uso eccessivo che sempre più persone, (tra cui tantissimi giovani), fanno di lampade, docce e lettini abbronzanti, utilizzabili durante tutto l'anno. Motivo per il quale i casi di melanoma ed altri tipi di tumori della pelle sono in costante aumento. Quindi la cosa più saggia da fare sarebbe prevenire, seguendo i consigli dei dermatologi ed evitando esposizioni incontrollate. Tuttavia per tutti quei casi in cui purtroppo il tumore della pelle si è già presentato, di alcuni ricercatori della Pennsylvania State University, (nota anche con la sigla PSU), arriva una notizia confortante: nella corteccia del pino si troverebbe una sostanza che parrebbe essere, appunto, efficace nel combattere il cancro della pelle; in particolare il melanoma, ovvero la forma più aggressiva e difficile da curare. In pratica lo studio, pubblicato su Molecular Cancer Therapeutics e condotto dal professor Gavin Robertson, (direttore del Penn State Hershey Melanoma Center), si è concentrato sulla capacità elusiva delle cellule cancerose. Al riguardo il suddetto professore ha spiegato: "Quando si trovano sotto l'attacco di un farmaco, trovano una strada sbarrata. Tuttavia il loro segreto è quello di trovare una deviazione o altre strade per aggirare tale sbarramento e poter continuare l'opera devastatrice". Ad ogni modo adesso i ricercatori della PSU potrebbero aver risolto questo problema identificando un rimedio che crea contemporaneamente molte strade chiuse. Infatti durante la suddetta ricerca Gavin Robertson ed i colleghi hanno esaminato 480 composti naturali ed hanno identificato nelle leelamine, (ovvero derivate dalla corteccia degli alberi di pino), un elemento in grado di causare un grande ingorgo nel circuito della cellula tumorale. Motivo per cui le leelamine potrebbero essere delle ottime candidate nell'essere impiegate nel primo di una nuova classe unica di farmaci che andranno a colpire contemporaneamente diversi percorsi delle proteine. Nella fattispecie i ricercatori hanno scoperto che questa sostanza disattiva le vie multiple di proteine come PI3K, MAPK e STAT3, (coinvolte fino al 70% nello sviluppo dei melanomi, in quanto favoriscono la moltiplicazione e la diffusione delle cellule tumorali), ed allo stesso tempo delle cellule del melanoma. In sostanza l'azione delle leelamine avviene a livello del trasporto del colesterolo, che viene bloccato anche nel suo muoversi intorno alla cellula: così facendo viene a mancare anche la comunicazione molto attiva delle cellule tumorali, le quali non sopravvivono. Tra l'altro tale effetto inibitorio si è mostrato attivo in particolar modo nelle cellule cancerose, poiché le cellule normali non sono dipendenti dagli stessi elevati livelli di attività in questi percorsi: per questo motivo l'effetto sulle cellule normali può essere trascurabile. Infatti gli i test condotti finora su colture di cellule e su modello animale non hanno mostrato effetti collaterali rivelabili. Perciò al momento la speranza dei ricercatori è quella di iniziare i test anche sugli esseri umani e, se tutto andrà bene, riuscire a realizzare e mettere a disposizione al più presto possibile un nuovo rimedio.
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