A quanto pare è più di un'ipotesi quella messa in circolazione dal sito Ars Technica, secondo cui, per far fronte alle nuove sfide di Internet, che in futuro potrebbe essere governata da principi diversi rispetto alla cosiddetta "net neutrality", ed anche per risparmiare un po' di soldi sulla trasmissione di film e serie Tv, Netflix, il famoso sito americano di streaming video, starebbe pensando di adottare una tecnologia peer-to-peer, (detta anche P2P). In pratica la prova di ciò starebbe in un annuncio di lavoro in cui lo stesso Netflix si è detto alla ricerca di un "ingegnere esperto in reti peer-to-peer al quale affidare il compito di integrare tale tecnologia come meccanismo di trasmissione addizionale". In parole semplici, Netflix starebbe accarezzando l'idea di utilizzare la banda di connessione degli utenti, (ovvero quella del normale abbonamento domestico), per contribuire alla circolazione dei contenuti: il singolo utente non riceverebbe più solo il film, ma, (senza rendersene conto), parteciperebbe anche a distribuirlo ad altri abbonati. Inoltre, sebbene il termine P2P venga spesso associato ai servizi di filesharing che hanno tanto fatto penare le major discografiche e cinematografiche, (da Napster a BitTorrent, passando per KaZaA, eMule, Soulseek e diversi altri), in realtà una simile architettura di condivisione dati è utilizzata da molti giganti del Web per rendere più efficienti i propri network; ad esempio, reti peer-to-peer sono alla base delle telefonate di Skype oppure dell'ascolto musicale su Spotify, (anche se a dire il vero l'azienda svedese, in un percorso opposto a quello di Netflix, avrebbe deciso di abbandonare questa tecnologia). Tuttavia rispetto ai tempi di Napster, tutto processo rimane nascosto all'interferenza dell'utente: si tratta di uno strumento tecnico per rendere più efficiente la circolazione, (legale), di dati, e non per scambiare musica, film e/o videogiochi. Per di più nel caso di Netflix, l'adozione di questa tecnologia arriverebbe in un momento tutt'altro che casuale: nel bel mezzo della polemica che negli USA sta avvolgendo, appunto, il principio della net neutrality. In sostanza da un lato ci sono le Internet company, (assieme ad un nutrito schieramento di intellettuali, studiosi, attivisti per i diritti digitali), che chiedono di mantenere il principio della neutralità della rete, secondo cui tutti i contenuti devono circolare online senza discriminazioni legate alla loro natura o a meccanismi di natura commerciale; dall'altro ci sono le compagnie di telecomunicazione ed gli Internet Service Provider, (noti anche con la sigla ISP), premono per la possibilità di gestire il traffico in modo più libero, (vale a dire fornendo corsie preferenziali a chi paga di più); ed in mezzo c'è la Federal Communications Commission, (conosciuta anche con la sigla FCC), ovvero l'agenzia governativa che regolamenta il settore delle comunicazioni negli USA, la quale, secondo i timori dei sostenitori della net neutrality, sembrerebbe orientata ad accontentare, almeno parzialmente, le richieste degli ISP. Tra l'altro Netflix, (non ancora attivo e quindi non molto conosciuto in Italia), è un nome-simbolo dell'Internet di quest'ultimo decennio, nonché uno di quelli che viene citato più spesso nella discussione sulla net neutrality e sui possibili effetti del suo decadimento; questo sia perché negli Stati Uniti è popolarissimo, (si parla di circa 33 milioni di abbonati a fine 2013), sia perché per diffondere film e serie Tv in buona qualità ha bisogno di una quantità enorme di banda di connessione. Non a caso, per garantire il servizio ha già iniziato a stringere accordi commerciali con provider come Comcast e, più di recente, con Verizon. Dunque, come già anticipato, il passaggio ad una rete P2P potrebbe permettere a Netflix di alleggerire i costi, considerando che non dovrebbe più garantire direttamente tutta la banda necessaria per lo streaming. Tuttavia gli abbonati si potrebbero arrabbiare nel sapere che Netflix utilizza anche un po' del loro abbonamento Internet. Al riguardo, secondo Eric Klinker, amministratore delegato di BitTorrent intervistato dallo stesso Ars Technica, ha spiegato che: "Questa novità potrebbe permettere un miglioramento della qualità dello streaming e che il risparmio ottenuto grazie al P2P potrebbe soprattutto convincere Netflix ad abbassare i prezzi dei suoi abbonamenti". Ad ogni modo nei prossimi mesi si dovrebbe capire quante di queste siano semplici speculazioni, mosse strategiche e quanto, infine, ci sia di concreto.
A quanto pare è più di un'ipotesi quella messa in circolazione dal sito Ars Technica, secondo cui, per far fronte alle nuove sfide di Internet, che in futuro potrebbe essere governata da principi diversi rispetto alla cosiddetta "net neutrality", ed anche per risparmiare un po' di soldi sulla trasmissione di film e serie Tv, Netflix, il famoso sito americano di streaming video, starebbe pensando di adottare una tecnologia peer-to-peer, (detta anche P2P). In pratica la prova di ciò starebbe in un annuncio di lavoro in cui lo stesso Netflix si è detto alla ricerca di un "ingegnere esperto in reti peer-to-peer al quale affidare il compito di integrare tale tecnologia come meccanismo di trasmissione addizionale". In parole semplici, Netflix starebbe accarezzando l'idea di utilizzare la banda di connessione degli utenti, (ovvero quella del normale abbonamento domestico), per contribuire alla circolazione dei contenuti: il singolo utente non riceverebbe più solo il film, ma, (senza rendersene conto), parteciperebbe anche a distribuirlo ad altri abbonati. Inoltre, sebbene il termine P2P venga spesso associato ai servizi di filesharing che hanno tanto fatto penare le major discografiche e cinematografiche, (da Napster a BitTorrent, passando per KaZaA, eMule, Soulseek e diversi altri), in realtà una simile architettura di condivisione dati è utilizzata da molti giganti del Web per rendere più efficienti i propri network; ad esempio, reti peer-to-peer sono alla base delle telefonate di Skype oppure dell'ascolto musicale su Spotify, (anche se a dire il vero l'azienda svedese, in un percorso opposto a quello di Netflix, avrebbe deciso di abbandonare questa tecnologia). Tuttavia rispetto ai tempi di Napster, tutto processo rimane nascosto all'interferenza dell'utente: si tratta di uno strumento tecnico per rendere più efficiente la circolazione, (legale), di dati, e non per scambiare musica, film e/o videogiochi. Per di più nel caso di Netflix, l'adozione di questa tecnologia arriverebbe in un momento tutt'altro che casuale: nel bel mezzo della polemica che negli USA sta avvolgendo, appunto, il principio della net neutrality. In sostanza da un lato ci sono le Internet company, (assieme ad un nutrito schieramento di intellettuali, studiosi, attivisti per i diritti digitali), che chiedono di mantenere il principio della neutralità della rete, secondo cui tutti i contenuti devono circolare online senza discriminazioni legate alla loro natura o a meccanismi di natura commerciale; dall'altro ci sono le compagnie di telecomunicazione ed gli Internet Service Provider, (noti anche con la sigla ISP), premono per la possibilità di gestire il traffico in modo più libero, (vale a dire fornendo corsie preferenziali a chi paga di più); ed in mezzo c'è la Federal Communications Commission, (conosciuta anche con la sigla FCC), ovvero l'agenzia governativa che regolamenta il settore delle comunicazioni negli USA, la quale, secondo i timori dei sostenitori della net neutrality, sembrerebbe orientata ad accontentare, almeno parzialmente, le richieste degli ISP. Tra l'altro Netflix, (non ancora attivo e quindi non molto conosciuto in Italia), è un nome-simbolo dell'Internet di quest'ultimo decennio, nonché uno di quelli che viene citato più spesso nella discussione sulla net neutrality e sui possibili effetti del suo decadimento; questo sia perché negli Stati Uniti è popolarissimo, (si parla di circa 33 milioni di abbonati a fine 2013), sia perché per diffondere film e serie Tv in buona qualità ha bisogno di una quantità enorme di banda di connessione. Non a caso, per garantire il servizio ha già iniziato a stringere accordi commerciali con provider come Comcast e, più di recente, con Verizon. Dunque, come già anticipato, il passaggio ad una rete P2P potrebbe permettere a Netflix di alleggerire i costi, considerando che non dovrebbe più garantire direttamente tutta la banda necessaria per lo streaming. Tuttavia gli abbonati si potrebbero arrabbiare nel sapere che Netflix utilizza anche un po' del loro abbonamento Internet. Al riguardo, secondo Eric Klinker, amministratore delegato di BitTorrent intervistato dallo stesso Ars Technica, ha spiegato che: "Questa novità potrebbe permettere un miglioramento della qualità dello streaming e che il risparmio ottenuto grazie al P2P potrebbe soprattutto convincere Netflix ad abbassare i prezzi dei suoi abbonamenti". Ad ogni modo nei prossimi mesi si dovrebbe capire quante di queste siano semplici speculazioni, mosse strategiche e quanto, infine, ci sia di concreto.
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