Di recente uno studio italiano, condotto da alcuni ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell'Università La Sapienza, dell'Ospedale di Niguarda, dell'Università degli Studi dell'Aquila, dell'Alma Mater Studiorum e dell'Università di Calgary, (in Canada), e pubblicato in anteprima sulla rivista Hippocampus, ha dimostrato come durante il sonno le frequenze lente dell'attività elettrica dell'ippocampo siano strettamente associate al consolidamento delle memorie spaziali. In pratica l'esperimento condotto durante la suddetta ricerca prevedeva che i pazienti presi in considerazione esplorassero un ambiente virtuale fino a creare una perfetta mappa cognitiva dell'ambiente stesso, nel quale poi veniva loro richiesto di muoversi, spostandosi il più rapidamente possibile da un punto a un altro. Successivamente i pazienti erano liberi di dormire indisturbati, monitorati attraverso la registrazione dell'attività elettrica della corteccia cerebrale e dell'ippocampo; il mattino seguente i pazienti venivano nuovamente sottoposti al test di navigazione spaziale. Al riguardo Luigi De Gennaro, professore associato dell'Università La Sapienza, ha spiegato: "Ormai da tempo abbiamo iniziato lo studio sistematico dell'attività dell'ippocampo durante il sonno, scoprendo che la struttura profonda del cervello gioca un ruolo cruciale nei processi di consolidamento delle memorie. Lo studio che abbiamo appena pubblicato dimostra, per la prima volta, che specifiche frequenze lente dell'attività elettrica ippocampale presentano un'elevatissima correlazione con l'efficienza del consolidamento di memorie spaziali. Soltanto nel sonno NREM si osserva una correlazione quasi perfetta. In altri termini, la presenza di questa specifica attività elettrica lenta nell'ippocampo durante il sonno predice il livello delle nostre prestazioni nei compiti di navigazione spaziale durante il giorno successivo". Inoltre le implicazioni di questa nuova scoperta potrebbero aprire delle prospettive potenzialmente applicative nell'ambito dell'ottimizzazione dei processi di apprendimento. Infatti, secondo i ricercatori, si potrebbero immaginare training di specifiche abilità spaziali che prevedano un miglioramento della qualità del sonno al fine di ottimizzare le successive prestazioni mnestiche. Insomma pare proprio che il consiglio che da sempre molte madri dispensano ai propri figli nei periodi di stress per un esame, (ovvero di interrompere ad un certo punto lo studio per andare dormire), adesso abbia una sua fondatezza scientifica.
Di recente uno studio italiano, condotto da alcuni ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell'Università La Sapienza, dell'Ospedale di Niguarda, dell'Università degli Studi dell'Aquila, dell'Alma Mater Studiorum e dell'Università di Calgary, (in Canada), e pubblicato in anteprima sulla rivista Hippocampus, ha dimostrato come durante il sonno le frequenze lente dell'attività elettrica dell'ippocampo siano strettamente associate al consolidamento delle memorie spaziali. In pratica l'esperimento condotto durante la suddetta ricerca prevedeva che i pazienti presi in considerazione esplorassero un ambiente virtuale fino a creare una perfetta mappa cognitiva dell'ambiente stesso, nel quale poi veniva loro richiesto di muoversi, spostandosi il più rapidamente possibile da un punto a un altro. Successivamente i pazienti erano liberi di dormire indisturbati, monitorati attraverso la registrazione dell'attività elettrica della corteccia cerebrale e dell'ippocampo; il mattino seguente i pazienti venivano nuovamente sottoposti al test di navigazione spaziale. Al riguardo Luigi De Gennaro, professore associato dell'Università La Sapienza, ha spiegato: "Ormai da tempo abbiamo iniziato lo studio sistematico dell'attività dell'ippocampo durante il sonno, scoprendo che la struttura profonda del cervello gioca un ruolo cruciale nei processi di consolidamento delle memorie. Lo studio che abbiamo appena pubblicato dimostra, per la prima volta, che specifiche frequenze lente dell'attività elettrica ippocampale presentano un'elevatissima correlazione con l'efficienza del consolidamento di memorie spaziali. Soltanto nel sonno NREM si osserva una correlazione quasi perfetta. In altri termini, la presenza di questa specifica attività elettrica lenta nell'ippocampo durante il sonno predice il livello delle nostre prestazioni nei compiti di navigazione spaziale durante il giorno successivo". Inoltre le implicazioni di questa nuova scoperta potrebbero aprire delle prospettive potenzialmente applicative nell'ambito dell'ottimizzazione dei processi di apprendimento. Infatti, secondo i ricercatori, si potrebbero immaginare training di specifiche abilità spaziali che prevedano un miglioramento della qualità del sonno al fine di ottimizzare le successive prestazioni mnestiche. Insomma pare proprio che il consiglio che da sempre molte madri dispensano ai propri figli nei periodi di stress per un esame, (ovvero di interrompere ad un certo punto lo studio per andare dormire), adesso abbia una sua fondatezza scientifica.
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