Lo scorso Gennaio, un gruppo di ricercatori tedeschi aveva scatenato non poche polemiche nel già turbolento mondo della tecnologia medica annunciando di aver sviluppato un metodo che consentiva di controllare il movimento degli spermatozoi umani sfruttando un campo magnetico. Mentre adesso, a circa sei mesi di distanza e prima che le onde generate da quell'annuncio tornino piatte, alcuni ricercatori dell'Università di Twente e della German University del Cairo per mezzo di uno studio pubblicato Applied Physics Letters hanno annunciato un qualcosa di molto più ambizioso: MagnetoSperm, i primi micro-robot a forma di spermatozoi. Per quanto ridicolo possa sembrare, questo nome è appropriato; infatti, come facilmente intuibile, i MagnetoSperm combinano una conformazione tipica delle cellule spermatiche con una tecnologia di movimento basata sulla modulazione di un campo magnetico. In pratica questi micro-robot lunghi 322 micron sono costituiti da un wafer di silicio ricoperto da SU-8, vale a dire un polimero scelto appositamente per la sua stabilità meccanica. Inoltre la testa di questi robot è ricoperta da uno strato di nichel e cobalto grazie al quale, in presenza di un campo magnetico oscillante dell'intensità di circa 5 millitesla, (ovvero non troppo diverso da quello delle "calamite da frigo"), si sposta velocemente avanti ed indietro, ottenendo una propulsione in avanti e seguendo la direzione decisa dai ricercatori. Al riguardo Sarthak Misra, responsabile scientifico della ricerca del Dipartimento di Robotica e Meccatronica dell'Università di Twente, ha spiegato: "I nostri microrobot si ispirano alla natura, che ha progettato strumenti di locomozione molto efficienti nella micro-scala". Ad ogni modo l'obiettivo principale adesso è quello di perfezionare i MagnetoSperm rendendoli ancora più piccoli e con una coda fatta di nanofibre magnetiche, in modo da poterli manovrare in maniera efficace anche dentro il corpo di un paziente per dare una mano, ad esempio, sul fronte della fecondazione assistita o della somministrazione dei farmaci. Infatti in tal proposito i ricercatori hanno dichiarato: "I MagnetoSperm potranno anche essere utilizzati per manipolare ed assemblare oggetti microscopici: un giorno, per esempio, potranno essere introdotti nelle arterie per liberarle dai trombi che ostacolano il regolare flusso sanguigno o potranno portare all'interno dell'organismo dei farmaci o anche rendere più semplici gli interventi di fecondazione assistita". In sostanza l'idea di iniettare nel corpo dei robot talmente minuscoli ed efficaci da riuscire a potenziarlo, curarlo, (e nella peggiore, seppur meno plausibile, delle ipotesi prenderne il controllo), non è affatto nuova: risale come minimo al 1985, quando Greg Bear pubblicò un romanzo intitolato Blood Music, nel quale venivano presentati delle versioni tecnologicamente modificate di globuli bianchi capaci di manipolare la materia biologica. Ma, senza scomodare la fantascienza, l'inventore, informatico e saggista statunitense Raymond Kurzweil promuove da anni l'idea di utilizzare dei nano robot per aumentare le prestazioni del corpo e del cervello umano. Ed a quanto pare adesso creatori dei MagnetoSperm sono riusciti a compiere un primo promettente passo verso questa direzione. Quindi, come già anticipato, nel caso si rivelasse efficace, (ed economicamente sostenibile), questa tecnologia potrebbe essere utilizzata per la somministrazione ultra-specifica di farmaci, per la liberazione di arterie ostruite, ma anche per la tanto discussa fecondazione in vitro. Per di più, volendo guardare in avanti, qualcuno ipotizza che in futuro questa tecnologia potrebbe anche essere sfruttata per sviluppare terapie oncologiche mirate che consentano di ridurre l'impatto devastante della chemioterapia tradizionale.
Di seguito alcune immagini dei MagnetoSperm:
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