Son dovuti passare quasi 20 anni, ma alla fine Ethan Zuckerman ha deciso di chiedere scusa per aver inventato i cosiddetti "pop-up", (ovvero quelle fastidiose ed invadenti pubblicità che su Internet appaiono automaticamente in finestre del browser separate e senza il consenso degli utenti). Infatti in questi giorni ha implorato il perdono degli internauti attraverso un lungo e appassionato articolo pubblicato sulle pagine, (ovviamente digitali), dell'Atlantic, vale a dire lo storico mensile americano fondato nel 1857, e nel quale ha scritto: «Ho inventato il pop-up per risolvere un problema, con le migliori intenzioni possibili. Non avevo idea delle conseguenze». Difatti il primo pop-up della storia fu creato da Ethan Zuckerman mentre lavorava per la realizzazione di Tripod.com nella seconda metà degli anni '90. In tal proposito lo stesso informatico ha continuato scrivendo: «Il sito era nato come un mezzo rivolto ai neolaureati, sviluppavamo contenuti e servizi dedicati a questa particolare categoria. L'idea non funzionò, così, dopo vari tentativi, Tripod diventò uno dei primi servizi di web hosting ed una specie di proto-Social Network. Il nostro modello di business era semplice: vendevamo pubblicità sui siti che ospitavamo. Il problema è stato che, all'epoca, non c'erano algoritmi per stabilire quali pubblicità fossero interessanti per un certo tipo di utente. Un giorno una casa automobilistica si lamentò perché i suoi banner comparivano su un sito di materiale pornografico». Ed ha proseguito scrivendo: «Il pop-up era un modo per separare la pubblicità dal contenuto. Ripeto: le mie intenzioni erano buone. Mi dispiace. Il mio intento era quello di creare uno strumento che permettesse a tutti di esprimersi, di avere una propria pagina sul web, di raggiungere molte più persone. Questo era Tripod, e tutto ha funzionato solo grazie ai soldi della pubblicità. Ai tempi non c'erano servizi come PayPal e l'unico modo per sopravvivere sul web era tramite banner ed inserti pubblicitari». Eppure le conseguenze dell'arrivo dei pop-up sono ben note a tutti, soprattutto per coloro che come primi esploratori della rete avevano vizio di andare su certi siti, magari per scaricare una canzone o guardare un film vietato ai minori: il rischio era di ritrovarsi decine di finestre aperte contemporaneamente. Tuttavia si tratta un rischio che rimane concreto anche oggi: non a caso tutti i browser, (da Firefox a Chrome, da Internet Explorer a Safari), hanno implementato funzioni che bloccano l'apertura di finestre indesiderate. Ma forse il "crimine" di Ethan Zuckerman è stato ancora più grave; infatti, come ha scritto lui stesso: «Penso che la pubblicità sia il peccato originale del Web». Ad ogni modo ai giorni d'oggi ci si è ormai arresi all'idea che tutto quello che viene fatto su Internet, (dallo scrivere un'e-mail al semplice pubblicare una foto su Facebook), contribuisce a creare un proprio profilo digitale, il quale viene poi venduto agli investitori pubblicitari per far conoscere loro tutti i gusti degli internauti e sapere, (o far pensare di sapere), cosa potrebbe interessare agli utenti. Insomma, si potrebbe dire che tutto quello che viene fatto sul Web dagli utenti serve ad arricchire qualcun altro a scapito della loro privacy; e questa è solo una conseguenza di quel primo pop-up che servì ad accontentare le richieste di quella casa automobilistica. Al riguardo Ethan Zuckerman ha proseguito a raccontare scrivendo: "Quando ero a Tripod sviluppai anche i primi algoritmi che studiavano i nostri utenti, le loro preferenze, i loro hobby, cosa andavano a visitare più spesso: informazioni che poi giravamo agli investitori pubblicitari, promettendogli un alto ritorno per le loro inserzioni sul nostro portale". In pratica, per fare due esempi, è quello che oggi fanno Google e Facebook, solo che naturalemente il tutto è tecnologicamente molto più avanzato. In tal proposito l'informatico ha affermato: «La realtà è che oggi il Web non è libero, ma è schiavo delle pubblicità. E questo è il suo "crimine" più grande». Comunque sia Ethan Zuckerman da ormai diversi anni sta cercando di espiare le sue colpe attivandosi per un Web libero e senza intrusioni nella privacy degli utenti: un valore che va protetto e che non deve essere merce di scambio per le multinazionali. Infatti dal 2007 è membro dell'advisory board della Wikimedia Foundation e dal 2011 è direttore del Center for Civic Media presso il prestigioso Massachusetts Institute of Technology, (noto anche con la sigla MIT). In tal proposito lo stesso Ethan Zuckerman ha concluso scrivendo: «Dopo 20 anni mi sembra chiaro che il modello di un Web che si alimenta solo con i soldi delle pubblicità abbia fallito. È un modello rotto, cattivo, corrosivo. Bisogna capire che è arrivato il momento di abbandonare la filosofia "gratis è meglio" e cominciare a pagare per i servizi che davvero ci interessano. Chi naviga sul Web non è un prodotto da vendere, ma un essere umano la cui privacy va rispettata e protetta». Tuttavia è difficile dire se si sia davvero pronti ad un Web a pagamento; l'unica cosa certa, su cui non ci sono dubbi è che Ethan Zuckerman sembra davvero pentito.
Son dovuti passare quasi 20 anni, ma alla fine Ethan Zuckerman ha deciso di chiedere scusa per aver inventato i cosiddetti "pop-up", (ovvero quelle fastidiose ed invadenti pubblicità che su Internet appaiono automaticamente in finestre del browser separate e senza il consenso degli utenti). Infatti in questi giorni ha implorato il perdono degli internauti attraverso un lungo e appassionato articolo pubblicato sulle pagine, (ovviamente digitali), dell'Atlantic, vale a dire lo storico mensile americano fondato nel 1857, e nel quale ha scritto: «Ho inventato il pop-up per risolvere un problema, con le migliori intenzioni possibili. Non avevo idea delle conseguenze». Difatti il primo pop-up della storia fu creato da Ethan Zuckerman mentre lavorava per la realizzazione di Tripod.com nella seconda metà degli anni '90. In tal proposito lo stesso informatico ha continuato scrivendo: «Il sito era nato come un mezzo rivolto ai neolaureati, sviluppavamo contenuti e servizi dedicati a questa particolare categoria. L'idea non funzionò, così, dopo vari tentativi, Tripod diventò uno dei primi servizi di web hosting ed una specie di proto-Social Network. Il nostro modello di business era semplice: vendevamo pubblicità sui siti che ospitavamo. Il problema è stato che, all'epoca, non c'erano algoritmi per stabilire quali pubblicità fossero interessanti per un certo tipo di utente. Un giorno una casa automobilistica si lamentò perché i suoi banner comparivano su un sito di materiale pornografico». Ed ha proseguito scrivendo: «Il pop-up era un modo per separare la pubblicità dal contenuto. Ripeto: le mie intenzioni erano buone. Mi dispiace. Il mio intento era quello di creare uno strumento che permettesse a tutti di esprimersi, di avere una propria pagina sul web, di raggiungere molte più persone. Questo era Tripod, e tutto ha funzionato solo grazie ai soldi della pubblicità. Ai tempi non c'erano servizi come PayPal e l'unico modo per sopravvivere sul web era tramite banner ed inserti pubblicitari». Eppure le conseguenze dell'arrivo dei pop-up sono ben note a tutti, soprattutto per coloro che come primi esploratori della rete avevano vizio di andare su certi siti, magari per scaricare una canzone o guardare un film vietato ai minori: il rischio era di ritrovarsi decine di finestre aperte contemporaneamente. Tuttavia si tratta un rischio che rimane concreto anche oggi: non a caso tutti i browser, (da Firefox a Chrome, da Internet Explorer a Safari), hanno implementato funzioni che bloccano l'apertura di finestre indesiderate. Ma forse il "crimine" di Ethan Zuckerman è stato ancora più grave; infatti, come ha scritto lui stesso: «Penso che la pubblicità sia il peccato originale del Web». Ad ogni modo ai giorni d'oggi ci si è ormai arresi all'idea che tutto quello che viene fatto su Internet, (dallo scrivere un'e-mail al semplice pubblicare una foto su Facebook), contribuisce a creare un proprio profilo digitale, il quale viene poi venduto agli investitori pubblicitari per far conoscere loro tutti i gusti degli internauti e sapere, (o far pensare di sapere), cosa potrebbe interessare agli utenti. Insomma, si potrebbe dire che tutto quello che viene fatto sul Web dagli utenti serve ad arricchire qualcun altro a scapito della loro privacy; e questa è solo una conseguenza di quel primo pop-up che servì ad accontentare le richieste di quella casa automobilistica. Al riguardo Ethan Zuckerman ha proseguito a raccontare scrivendo: "Quando ero a Tripod sviluppai anche i primi algoritmi che studiavano i nostri utenti, le loro preferenze, i loro hobby, cosa andavano a visitare più spesso: informazioni che poi giravamo agli investitori pubblicitari, promettendogli un alto ritorno per le loro inserzioni sul nostro portale". In pratica, per fare due esempi, è quello che oggi fanno Google e Facebook, solo che naturalemente il tutto è tecnologicamente molto più avanzato. In tal proposito l'informatico ha affermato: «La realtà è che oggi il Web non è libero, ma è schiavo delle pubblicità. E questo è il suo "crimine" più grande». Comunque sia Ethan Zuckerman da ormai diversi anni sta cercando di espiare le sue colpe attivandosi per un Web libero e senza intrusioni nella privacy degli utenti: un valore che va protetto e che non deve essere merce di scambio per le multinazionali. Infatti dal 2007 è membro dell'advisory board della Wikimedia Foundation e dal 2011 è direttore del Center for Civic Media presso il prestigioso Massachusetts Institute of Technology, (noto anche con la sigla MIT). In tal proposito lo stesso Ethan Zuckerman ha concluso scrivendo: «Dopo 20 anni mi sembra chiaro che il modello di un Web che si alimenta solo con i soldi delle pubblicità abbia fallito. È un modello rotto, cattivo, corrosivo. Bisogna capire che è arrivato il momento di abbandonare la filosofia "gratis è meglio" e cominciare a pagare per i servizi che davvero ci interessano. Chi naviga sul Web non è un prodotto da vendere, ma un essere umano la cui privacy va rispettata e protetta». Tuttavia è difficile dire se si sia davvero pronti ad un Web a pagamento; l'unica cosa certa, su cui non ci sono dubbi è che Ethan Zuckerman sembra davvero pentito.
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