Di recente un team di ricercatori guidato da Daniel Baker, direttore del Laboratory for Atmospheric and Space Physics dell'University of Colorado at Boulder, ha scoperto uno "scudo invisibile" che avvolge la Terra, a circa 11.600 chilometri di distanza e che ha il compito di bloccare i cosiddetti "elettroni assassini", vale a dire quelli che si muovono intorno al pianeta ad una velocità prossima a quella della luce e noti per la minaccia che costituiscono agli astronauti ed ai satelliti e sistemi spaziali. In pratica, come spiegato dallo stesso in un comunicato stampa lo stesso Daniel Baker, questa barriera è stata scoperta nelle Fasce di Van Allen, ovvero un toro di particelle cariche trattenute dal campo magnetico terrestre per effetto della forza di Lorentz. In sostanza queste fasce, (scoperte nel 1958 dal professor James Van Allen e dal suo team dell'Università dell'Iowa, le quali, all'epoca, costituirono la prima grande scoperta dell'era spaziale), si gonfiano e si contraggono periodicamente in risposta ai disturbi energetici del Sole. Tra l'altro successivamente è stato rivelato che queste fasce sono composte da una cintura interna ed una esterna che si estendono per circa 40.000 chilometri sopra la superficie terrestre. Inoltre nel 2013, lo stesso Daniel Baker, (che ha conseguito il dottorato proprio sotto la guida di James Van Allen), ha guidato un team che ha utilizzato le sonde gemelle di Van Allen, (lanciate dalla NASA nel 2012), per trovare un terzo "anello di accumulazione", che appare e scompare con l'intensità del clima spaziale. Comunque l'ultimo mistero rimane intorno ad una barriera "estremamente tagliente" situata sul bordo interno della cintura esterna che sembra bloccare gli elettroni ultraveloci ed evitare la loro penetrazione nell'atmosfera terrestre. Al riguardo Daniel Baker ha spiegato: "È come se questi elettroni collidessero con una parete di vetro nello spazio. Qualcosa di molto simile agli scudi creati dai campi di forza di Star Trek, utilizzati per respingere le armi aliene. Si tratta di un fenomeno estremamente impressionante". In sostanza inizialmente il team di ricercatori dell'University of Colorado at Boulder aveva ritenuto che gli elettroni ad alta carica, (che ruotano intorno alla Terra a più di 160.000 chilometri al secondo), lentamente si diramassero nell'atmosfera e venissero gradualmente distrutti dall'interazione con le molecole d'aria; anche se a dire il vero la barriera di Van Allen impedisce agli elettroni di arrivare così lontano. Ed è stato per questo motivo gli scienziati hanno discusso una serie di scenari per creare e preservare una barriera del genere, arrivando ad ipotizzare che probabilmente ci si potrebbe avvalere delle linee del campo magnetico della Terra, intrappolando i protoni e gli elettroni, ma tuttavia questo causerebbe sbalzi ai poli terrestri. Per di più si sono anche analizzate le possibilità che i segnali radio dei trasmettitori possano disperdere gli elettroni nella barriera, impedendone il movimento verso il basso. Purtroppo nessuna di queste spiegazioni ha avuto un riscontro scientifico ed in tal proposito Daniel Banker ha, infine, concluso dichiarando: "Non è chiaro quali siano i processi che creano questa forte barriera nello spazio. Penso che la chiave sia quella di mantenere sotto osservazione la regione nei minimi dettagli, cosa che si può eseguire grazie ai potenti strumenti delle sonde di Van Allen. Se il Sole dovesse lanciare un'espulsione di massa coronale davvero potente, potrebbe influenzare la magnetosfera della Terra ed ho il sospetto che potrebbe rompere la barriera per un periodo di tempo".
Di recente un team di ricercatori guidato da Daniel Baker, direttore del Laboratory for Atmospheric and Space Physics dell'University of Colorado at Boulder, ha scoperto uno "scudo invisibile" che avvolge la Terra, a circa 11.600 chilometri di distanza e che ha il compito di bloccare i cosiddetti "elettroni assassini", vale a dire quelli che si muovono intorno al pianeta ad una velocità prossima a quella della luce e noti per la minaccia che costituiscono agli astronauti ed ai satelliti e sistemi spaziali. In pratica, come spiegato dallo stesso in un comunicato stampa lo stesso Daniel Baker, questa barriera è stata scoperta nelle Fasce di Van Allen, ovvero un toro di particelle cariche trattenute dal campo magnetico terrestre per effetto della forza di Lorentz. In sostanza queste fasce, (scoperte nel 1958 dal professor James Van Allen e dal suo team dell'Università dell'Iowa, le quali, all'epoca, costituirono la prima grande scoperta dell'era spaziale), si gonfiano e si contraggono periodicamente in risposta ai disturbi energetici del Sole. Tra l'altro successivamente è stato rivelato che queste fasce sono composte da una cintura interna ed una esterna che si estendono per circa 40.000 chilometri sopra la superficie terrestre. Inoltre nel 2013, lo stesso Daniel Baker, (che ha conseguito il dottorato proprio sotto la guida di James Van Allen), ha guidato un team che ha utilizzato le sonde gemelle di Van Allen, (lanciate dalla NASA nel 2012), per trovare un terzo "anello di accumulazione", che appare e scompare con l'intensità del clima spaziale. Comunque l'ultimo mistero rimane intorno ad una barriera "estremamente tagliente" situata sul bordo interno della cintura esterna che sembra bloccare gli elettroni ultraveloci ed evitare la loro penetrazione nell'atmosfera terrestre. Al riguardo Daniel Baker ha spiegato: "È come se questi elettroni collidessero con una parete di vetro nello spazio. Qualcosa di molto simile agli scudi creati dai campi di forza di Star Trek, utilizzati per respingere le armi aliene. Si tratta di un fenomeno estremamente impressionante". In sostanza inizialmente il team di ricercatori dell'University of Colorado at Boulder aveva ritenuto che gli elettroni ad alta carica, (che ruotano intorno alla Terra a più di 160.000 chilometri al secondo), lentamente si diramassero nell'atmosfera e venissero gradualmente distrutti dall'interazione con le molecole d'aria; anche se a dire il vero la barriera di Van Allen impedisce agli elettroni di arrivare così lontano. Ed è stato per questo motivo gli scienziati hanno discusso una serie di scenari per creare e preservare una barriera del genere, arrivando ad ipotizzare che probabilmente ci si potrebbe avvalere delle linee del campo magnetico della Terra, intrappolando i protoni e gli elettroni, ma tuttavia questo causerebbe sbalzi ai poli terrestri. Per di più si sono anche analizzate le possibilità che i segnali radio dei trasmettitori possano disperdere gli elettroni nella barriera, impedendone il movimento verso il basso. Purtroppo nessuna di queste spiegazioni ha avuto un riscontro scientifico ed in tal proposito Daniel Banker ha, infine, concluso dichiarando: "Non è chiaro quali siano i processi che creano questa forte barriera nello spazio. Penso che la chiave sia quella di mantenere sotto osservazione la regione nei minimi dettagli, cosa che si può eseguire grazie ai potenti strumenti delle sonde di Van Allen. Se il Sole dovesse lanciare un'espulsione di massa coronale davvero potente, potrebbe influenzare la magnetosfera della Terra ed ho il sospetto che potrebbe rompere la barriera per un periodo di tempo".
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