Di recente grazie allo sviluppo di una nuova metodologia di analisi di risonanza magnetica funzionale, sono state isolate per la prima volta le differenze funzionali tra il cervello di una persona autistica e quello di una sana. A farlo sono stati i ricercatori dell'Università di Warwick, (a Coventry, in Gran Bretagna), che hanno assegnato alla suddetta metodologia il nome "Brain-Wide Association Study", (nota anche con la sigla BWAS, e descritta nel dettaglio sulla rivista "Brain"), la quale, come già spiegato, è stata la prima in grado di creare una panoramica dell'intero cervello umano, fornendo ai neuroscienziati un modello 3D molto accurato per studiarlo. In pratica i ricercatori britannici hanno utilizzato la BWAS per identificare le regioni del cervello che possono dare un contributo importante all'insorgenza dei sintomi caratteristici dell'autismo; il tutto analizzando oltre un miliardo di set di dati e coprendo 47.636 diverse aree del cervello, per un totale di 523 pazienti autistici e 452 soggetti sani. Il che rappresenta un grande passo in avanti, considerando che le metodologie precedenti non erano state in grado di processare una mole simile di dati e si erano limitate solo ad alcune aree cerebrali. Ad ogni modo la capacità di analizzare l'intero set di dati attraverso risonanza magnetica ha fornito ai ricercatori dell'Università di Warwick la possibilità di compilare, confrontare e contrapporre modelli informatici accurati sia per i cervelli autistici e che per quelli dei pazienti sani. Difatti dal confronto di centinaia di scansioni di risonanza magnetica funzionale di soggetti autistici e non autistici, gli scienziati hanno selezionato 20 esempi di voxel in cui le connessioni nei cervelli autistici erano più forti o più deboli rispetto ai non autistici. Al riguardo Jianfeng Feng, principale autore e cordinatore dello studio, ha spiegato: "Nel modello di cervello autistico si è evidenziata una riduzione della connettività tra la corteccia visiva del lobo temporale, coinvolta nell'elaborazione dell'espressione facciale, e la corteccia prefrontale ventromediale, implicata nelle emozioni e nella comunicazione sociale. Si tratta di un collegamento molto importante per la regolazione del comportamento sociale e nei soggetti autistici non ha una piena funzionalità". Inoltre una seconda differenza è stata riscontrata nella connettività di una parte del lobo parietale che sovrintende alle funzioni spaziali. In tal proposito gli autori dello studio hanno assicurato che complessivamente i due risultati documentano un'alterazione delle basi neurali che sovrintendono al rapporto tra sé e l'ambiente ed alla teoria della mente, la capacità di formarsi una rappresentazione del pensiero degli altri. Tral'altro i ricercatori britannici hanno, infine, affermato che la metodologia in questione potrebbe essere applicata anche per l'identificazione delle aree cerebrali più coinvolte in altri disturbi neuropsichiatrici, come, ad esempio, il Sindrome da Deficit di Attenzione ed Iperattività, (noto anche con la sigla ADHD), il disturbo ossessivo-compulsivo e la schizofrenia.
Di seguito alcune immagini:
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