Di recente alcuni ricercatori del Karolinska Institutet, uno dei principali istituti della ricerca sul cervello con sede a Solna, sono riusciti a creare il primo neurone artificiale in grado di riprodurre le funzioni compiute da quelli umani. In pratica al suo interno non ci sono parti "viventi": per la sua realizzazione i ricercatori hanno fatto ricorso ad una materia plastica conduttiva, ovvero un polimero nel quale possono scorrere segnali elettrici. In questo modo il suo sistema risulta in grado di agire e comunicare nello stesso modo di un neurone naturale ed i segnali chimici vengono trasformati in impulsi elettrici trasmettendo gli ordini ad altre cellule, (e viceversa). Tuttavia quando a causa di un incidente o una malattia tale processo viene bloccato, la comunicazione si interrompe e possono nascere gravi patologie come alcuni tipi di sordità, il Parkinson oppure l'epilessia. Ed anche se finora si cercava di affrontare questo problema trasmettendo dei segnali elettrici dall'esterno per cercare di ripristinare la funzionalità, tale trattamento si è sempre rivelato piuttosto rozzo perché la stimolazione va a disturbare in maniera indiscriminata tutte le cellule nervose dell'area interessata, comprese anche quelle non implicate nel disturbo; mentre utilizzando un neurone artificiale di questo tipo si potrebbe ripristinare la comunicazione soltanto la zona del danno. Infatti i ricercatori svedesi hanno raccontato i risultati della loro ricerca sulla rivista Biosensors & Bioelectronics, nella quale hanno messo in risalto in particolare la prospettiva di poter affrontare con efficacia i disordini neurologici. Tra l'altro in futuro avrebbero intenzione di installare cellule artificiali nelle varie parti del corpo dove si siano manifestate, appunto, delle anomalie così da ripristinare il corretto funzionamento in modo del tutto automatico con un sistema di governo intelligente al loro interno, oppure facendo ricorso ad una tecnologia wireless controllata dall'esterno. Al riguardo Angela Richter-Dahlfors, professore di microbiologia alla guida della suddetta ricerca ha affermato: "Il prossimo passo che dobbiamo compiere è quello di miniaturizzare il prototipo in modo da renderlo adatto all'impianto nel corpo umano". In sostanza il gruppo guidato dalla microbiologa è al lavoro da molti anni sull'ardua impresa e, già nel 2009, aveva annunciato un primo parziale passo verso la meta dimostrando che la strada poteva essere percorsa: 6 anni dopo il risultato che si era fissato sembra essere stato raggiunto, (seppur in modo ristretto ed in laboratorio). Comunque sia, anche se saranno necessari ancora diversi anni di lavoro per giungere ai risultati ambiti dai ricercatori svedesi, adesso l'obiettivo finale risulta meno difficile da raggiungere e soprattutto la strada intrapresa sembra essere promettente.
Di seguito un video pubblicato dallo stesso Karolinska Institutet:
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