A quanto pare per risolvere un problema di appendicite l'unica soluzione non è il bisturi; o almeno questo è quanto ha dimostrato una recente serie di studi che ha messo in discussione l'irremovibile certezza dell'esigenza di un intervento chirurgico in caso di appendicite acuta per il rischio che si trasformi in peritonite, mettendo a rischio la vita del paziente. In pratica l'ultimo di questi studi in ordine cronologico è quello pubblicato sulla rivista JAMA da un team del Turku University Hospital, (in Finlandia), in merito al quale Paulina Salminen, cordinatrice della ricerca in questione, ha affermato: "Una quantità sempre maggiore di studi consiglia l'uso di antibiotici in alternativa alla chirurgia nell'appendicite acuta non complicata". Per questo motivo il suo team ha preso in esame in maniera casuale 530 pazienti affetti da appendicite acuta non complicata, diagnosticata con la tomografia computerizzata, ed ha sottoposto alcuni di loro ad una terapia antibiotica per 10 giorni e la restante parte ad un'appendicectomia. In particolare tra i 274 pazienti randomizzati al gruppo destinato all'intervento chirurgico, quest'ultimo ha avuto successo in tutti i casi tranne uno, con un tasso di efficacia del 99,6%; mentre nei 256 pazienti del gruppo che ha assunto antibiotici, l'intervento chirurgico si è rivelato non necessario nel 72,7% dei casi. Al riguardo i ricercatori finlandesi hanno spiegato: "Questi risultati suggeriscono che i pazienti con appendicite acuta non complicata dovrebbero poter scegliere, dopo essere stati adeguatamente informati su entrambe le opzioni, fra trattamento antibiotico ed appendicectomia". Mentre Corrinne Vons dell'Ospedale Jean-Verdier di Bondy, (in Francia), ha commentato tali risultati dichiarando: "Grazie allo sviluppo di tecniche diagnostiche come la tomografia computerizzata e di antibiotici ad ampio spettro estremamente efficaci, sembra giunto il momento di considerare l'abbandono di appendicectomia di routine nelle forme non complicate che attualmente sono la maggior parte delle appendiciti acute". Ad ogni modo anche in una recente ricerca condotta da alcuni ricercatori dell'Università di Nottingham pubblicata sul British Medical Journal ha confermato queste intuizioni ripercorrendo le analisi di quattro studi precedenti che confrontavano le due terapie. Da ciò è emerso che il trattamento antibiotico risulta molto efficace e soprattutto abbatte il rischio di infezioni, con una percentuale inferiore del 31% rispetto all'intervento chirurgico. In tal proposito Krishna K. Varadhan, uno degli autori della suddetta indagine, ha spiegato: "Sui 900 casi che abbiamo considerato, trattati per metà in un modo e per metà nell'altro, il rischio di complicazioni è stato di oltre il 31% inferiore nel gruppo curato con gli antibiotici, che hanno avuto un tasso di successo del 63%". Inoltre nella maggior parte dei casi in cui non si era verificata la regressione completa e definitiva della sintomatologia, è bastato un secondo ciclo di antibiotici. Tuttavia è rimasto un buon 20% di pazienti che sono stati costretti a sottoporsi l'intervento chirurgico; anche se, come ha fatto notare Olaf Bakker, chirurgo dell'University Medical Center Utrecht, scettico nei confronti della teoria esposta dalla ricerca: "Nel 4% dei casi i soggetti sono arrivati in sala operatoria con l'appendice perforata o gangrenosa, e per tal motivo hanno dovuto subire un intervento più complesso. Infatti quando si forma una massa infiammatoria di tipo ascessuale, chiamata flemmone, oltre all'appendice può diventare necessario asportare anche una parte di intestino". Comunque sia non è stata dello stesso parere la dottoressa Krishna K. Varadhan, la quale ha puntualizzato: "A dire il vero, nella casistica che abbiamo esaminato, il tasso di appendici complicate o perforate è risultato essere uguale in entrambi i gruppi. Insomma, se non ci sono complicazioni conviene provare a verificare se un ciclo di antibiotici funziona". Tuttavia lo stesso Olaf Bakker ha ribadito affermando: "Per escludere complicazioni è necessario sottoporre i pazienti a tomografia computerizzata, esponendoli ad una quantità inutile di radiazioni". Insomma, anche se per il momento si tratta di un'alternativa ancora da perfezionare per evitare inutili rischi, questa scoperta potrebbe rappresentare uno stravolgimento dei protocolli sanitari che a sua volta potrebbe avere, infine, ripercussioni notevoli dal punto di vista economico ed organizzativo.
A quanto pare per risolvere un problema di appendicite l'unica soluzione non è il bisturi; o almeno questo è quanto ha dimostrato una recente serie di studi che ha messo in discussione l'irremovibile certezza dell'esigenza di un intervento chirurgico in caso di appendicite acuta per il rischio che si trasformi in peritonite, mettendo a rischio la vita del paziente. In pratica l'ultimo di questi studi in ordine cronologico è quello pubblicato sulla rivista JAMA da un team del Turku University Hospital, (in Finlandia), in merito al quale Paulina Salminen, cordinatrice della ricerca in questione, ha affermato: "Una quantità sempre maggiore di studi consiglia l'uso di antibiotici in alternativa alla chirurgia nell'appendicite acuta non complicata". Per questo motivo il suo team ha preso in esame in maniera casuale 530 pazienti affetti da appendicite acuta non complicata, diagnosticata con la tomografia computerizzata, ed ha sottoposto alcuni di loro ad una terapia antibiotica per 10 giorni e la restante parte ad un'appendicectomia. In particolare tra i 274 pazienti randomizzati al gruppo destinato all'intervento chirurgico, quest'ultimo ha avuto successo in tutti i casi tranne uno, con un tasso di efficacia del 99,6%; mentre nei 256 pazienti del gruppo che ha assunto antibiotici, l'intervento chirurgico si è rivelato non necessario nel 72,7% dei casi. Al riguardo i ricercatori finlandesi hanno spiegato: "Questi risultati suggeriscono che i pazienti con appendicite acuta non complicata dovrebbero poter scegliere, dopo essere stati adeguatamente informati su entrambe le opzioni, fra trattamento antibiotico ed appendicectomia". Mentre Corrinne Vons dell'Ospedale Jean-Verdier di Bondy, (in Francia), ha commentato tali risultati dichiarando: "Grazie allo sviluppo di tecniche diagnostiche come la tomografia computerizzata e di antibiotici ad ampio spettro estremamente efficaci, sembra giunto il momento di considerare l'abbandono di appendicectomia di routine nelle forme non complicate che attualmente sono la maggior parte delle appendiciti acute". Ad ogni modo anche in una recente ricerca condotta da alcuni ricercatori dell'Università di Nottingham pubblicata sul British Medical Journal ha confermato queste intuizioni ripercorrendo le analisi di quattro studi precedenti che confrontavano le due terapie. Da ciò è emerso che il trattamento antibiotico risulta molto efficace e soprattutto abbatte il rischio di infezioni, con una percentuale inferiore del 31% rispetto all'intervento chirurgico. In tal proposito Krishna K. Varadhan, uno degli autori della suddetta indagine, ha spiegato: "Sui 900 casi che abbiamo considerato, trattati per metà in un modo e per metà nell'altro, il rischio di complicazioni è stato di oltre il 31% inferiore nel gruppo curato con gli antibiotici, che hanno avuto un tasso di successo del 63%". Inoltre nella maggior parte dei casi in cui non si era verificata la regressione completa e definitiva della sintomatologia, è bastato un secondo ciclo di antibiotici. Tuttavia è rimasto un buon 20% di pazienti che sono stati costretti a sottoporsi l'intervento chirurgico; anche se, come ha fatto notare Olaf Bakker, chirurgo dell'University Medical Center Utrecht, scettico nei confronti della teoria esposta dalla ricerca: "Nel 4% dei casi i soggetti sono arrivati in sala operatoria con l'appendice perforata o gangrenosa, e per tal motivo hanno dovuto subire un intervento più complesso. Infatti quando si forma una massa infiammatoria di tipo ascessuale, chiamata flemmone, oltre all'appendice può diventare necessario asportare anche una parte di intestino". Comunque sia non è stata dello stesso parere la dottoressa Krishna K. Varadhan, la quale ha puntualizzato: "A dire il vero, nella casistica che abbiamo esaminato, il tasso di appendici complicate o perforate è risultato essere uguale in entrambi i gruppi. Insomma, se non ci sono complicazioni conviene provare a verificare se un ciclo di antibiotici funziona". Tuttavia lo stesso Olaf Bakker ha ribadito affermando: "Per escludere complicazioni è necessario sottoporre i pazienti a tomografia computerizzata, esponendoli ad una quantità inutile di radiazioni". Insomma, anche se per il momento si tratta di un'alternativa ancora da perfezionare per evitare inutili rischi, questa scoperta potrebbe rappresentare uno stravolgimento dei protocolli sanitari che a sua volta potrebbe avere, infine, ripercussioni notevoli dal punto di vista economico ed organizzativo.
Commenti
Posta un commento