Scoperto che l'obesità potrebbe dipendere anche da una temperatura corporea più bassa.


A quanto pare uno dei problemi di chi soffre di obesità potrebbe essere una temperatura interna più bassa rispetto agli altri; insomma, un "handicap metabolico" che li renderebbe di conseguenza meno capaci di disperdere energia, con il conseguente accumulo di grasso corporeo. O almeno questo è quanto ha svelato di recente uno studio condotto da alcuni ricercatori dell'Università di Bologna e pubblicato su Chronobiology International secondo cui l'obesità sarebbe in parte anche una questione di "pigrizia metabolica" dovuta, appunto, ad un maggior freddo interno all'organismo. In pratica durante la suddetta ricerca Pietro Cortelli, assieme ai ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie della suddetta università, ha misurato la temperatura corporea centrale, (vale a dire la cosiddetta "core temperature"), a riposo, di giorno e di notte, ad una ventina di volontari, la metà dei quali era obeso. In sostanza, come già anticipato, i dati raccolti hanno indicato che l'obesità potrebbe non essere soltanto il risultato di uno squilibrio fra le troppe calorie ingerite e la scarsa attività fisica: nei soggetti in estremo sovrappeso la temperatura interna durante il giorno è risultata mediamente più bassa rispetto a quella dei soggetti magri/normopeso, (si para di una temperatura inferiore ai 35 °C); mentre di notte non ci sarebbero differenze di calore interno correlabili al peso corporeo. Al riguardo lo stesso Pietro Cortelli ha spiegato: "La temperatura interna diurna è una marcatore della capacità di spesa energetica e di dissipare energia sotto forma di calore. Non riuscire a farlo in modo corretto potrebbe avere un ruolo cruciale nell'aumento di peso nei soggetti obesi". Difatti la temperatura corporea interna è mantenuta in genere attorno ai 37 °C, (con una certa variabilità individuale di circa ±0,4 °C ed indipendentemente da quella esterna e dall'attività svolta), attraverso il centro di regolazione che si trova nell'ipotalamo e che controlla i processi metabolici in modo che la temperatura sia costante. Tuttavia se l'interno dell'organismo risulta più freddo significa che il metabolismo è in qualche modo rallentato: stando ai calcoli dei ricercatori, nel lungo termine e con un impatto variabile a seconda dello stile di vita, l'incapacità di trasformare l'energia in calore e quindi di riscaldare il proprio interno si può tradurre in circa 2 chili in più ogni anno. Il che significa che nel corso del tempo quest'accumulo sarebbe tale da andare a pesare maggiormente su chi è affetto da obesità; insomma, come già spiegato, un vero e proprio handicap biologico che aumenterebbe la tendenza ad ingrassare. In tal proposito i ricercatoiri hanno, infine, concluso dichiarando: "Questa scoperta potrebbe aprire la strada ad interventi nuovi e potenzialmente efficaci contro l'obesità. Certo, i dati ottenuti sono preliminari e servono ulteriori studi, ma si tratta di un'ipotesi di lavoro al quanto interessante".

Commenti