Scoperto che gli impulsi elettromagnetici potrebbero aiutare a combattere l’acufene.


Si sa, ascoltare la musica ad un volume troppo alto, (abitudine molto diffusa soprattutto tra i giovani), può causare con il tempo diversi danni all'udito: tra questi c'è l'acufene, ovvero
disturbo costituito da rumori continui, (come, ad esempio, fischi, ronzii, fruscii, pulsazioni ecc...), che il cervello percepisce come fastidiosi a tal punto da influire sulla qualità della vita del soggetto che ne è affetto. Tuttavia l'acufene non è classificabile come una vera e propria malattia, ma piuttosto come una condizione che può derivare da una vasta pluralità di cause: danni neurologici, (come, ad esempio, dovuti a sclerosi multipla), infezioni dell'orecchio, stress ossidativo, stress emotivo, presenza di corpi estranei nell'orecchio, allergie nasali che impediscono, (o inducono), il drenaggio dei fluidi, accumulo di cerume ed, appunto, l'esposizione a suoni di elevato volume. Inoltre solitamente si tratta di un fenomeno soggettivo, tale da non poter essere misurato oggettivamente: spesso è valutato clinicamente su una semplice scala da "lieve" a "catastrofico" in base agli effetti che esso comporta, (come ad esempio l'interferenza con il sonno e sulle normali attività quotidiane). Ad ogni modo il suo trattamento può portare a miglioramenti nel caso in cui viene individuata una causa di fondo; in caso contrario, si ricorre generalmente alla psicoterapia. Tuttavia attualmente non vi sono farmaci efficaci e, secondo recenti stime, questa condizione è abbastanza frequente, con una prevalenza che si attesta tra il 10 ed 15% della popolazione mondiale adulta, la cui maggioranza però dimostra di tollerarla bene, dimostrandosi un problema significativo solo nel 1-2% degli individui. Comunque sia, stando ai risultati di uno studio pubblicato di recente sulla rivista Jama Otolaryngology-Head & Neck Surgery, pare che per la cura dell'acufene cronico la somministrazione di impulsi elettromagnetici si è rivelata essere più efficace del placebo. Al riguardo Robert Folmer, ricercatore presso il Portland Veterans Affairs Medical Center, nonché principale autore della ricerca, ha ribadito: "L'acufene, o tinnito, che consiste nella percezione di ronzii o altri suoni "fantasma", è percepito dal 10-15% della popolazione adulta, e la forma cronica, di durata superiore a 3 mesi, è una condizione che colpisce negativamente la qualità della vita di milioni di persone in tutto il mondo". Tuttavia, come già anticipato, durante lo studio in questione la stimolazione magnetica transcranica, (nota anche con la sigla TMS; una tecnica non invasiva che eroga impulsi elettromagnetici a bassa frequenza attraverso il cuoio capelluto del paziente), si è dimostrata efficace su un campione formato da 70 partecipanti. In tal proposito lo stesso Robert Folmer ha proseguito dichiarando: "A causa della sua azione di riduzione dell'attività cerebrale nelle regioni direttamente stimolate, l'TMS a bassa frequenza è stata proposta come trattamento innovativo per le patologie associate ad un aumento dell'attività corticale, tra cui, appunto, l'acufene". In sostanza durante la ricerca i volontari affetti da acufene cronico sono stati randomizzati a ricevere la TMS oppure placebo per una durata di 10 giorni consecutivi; mentre la gravità degli acufeni è stata valutata, attraverso il cosiddetto indice funzionale Tinnitus, (o TFI), a 1, 2, 4, 13, e 26 settimane dopo l'ultima sessione di trattamento. Al riguardo Robert Folmer ha, infine, concluso sottolineando: "I dati raccolti indicano nel gruppo "TMS" una riduzione del 31% nel TFI a 26 settimane di follow-up rispetto al gruppo basale; contro un 7% del gruppo "placebo". Non pensiamo che la TMS debba sostituire in toto le strategie di gestione dell'acufene cronico, ma potrebbe arricchire le opzioni esistenti, specie nei pazienti refrattari ad altre terapie".

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