Come promesso ormai da tempo, Facebook ha deciso di cambiare le policy per la registrazione aprendo e porte a nickname e pseudonomi purché gli utenti spieghino contesto e situazioni per giustificarne l'utilizzo. In pratica la pretesa di Facebook di obbligare i propri utenti ad utilizzare nomi reali rappresenta un'annosa polemica, esplosa soprattutto con le accuse mosse da Michael Williams, una drag queen statunitense nota in arte come Sister Roma, secondo cui la policy con cui il Social Network in Blu obbligava senza eccezioni a registrarsi utilizzando il nome scritto sui propri documenti, oltre ad essere discriminatoria, era pericolosa in quanto spesso dietro la scelta di un nome diverso vi è un serio bisogno di anonimato o la semplice volontà di allontanarsi da sofferenze, relazioni abusive oppure un passato che si vuole dimenticare. Tra l'altro anche per l'appartenenza di Sister Roma al gruppo di attivisti "LGBT-friendly" Sisters of Perpetual Indulgence, (conosciuto anche con la sigla SPI), quell'episodio era finito per diventare il fulcro della polemica e per spingere Facebook a rivedere, (seppur in parte), la sua posizione. Difatti, pur ribadendo l'intenzione di distinguersi dal resto del Web caratterizzato dall'utilizzo di pseudonimi ed anonimato, il Social Network aveva annunciato la volontà di sviluppare nuovi strumenti per differenziare le situazioni in cui la differenza è da rispettare. Tuttavia fino ad oggi questa era rimasta una promessa ed una scelta mai concretizzata ed insufficiente a spegnere la polemica. Nel frattempo altre storie si erano andate ad intrecciare con quella di Sister Roma: in particolare quella di Zoe Cat, una giovane transessuale che aveva sottolineato la contraddizione di Facebook nel sponsorizzare la marcia per i diritti LGBT, nonostante li ostacoli nel diritto al nome. Inoltre sulla questione, (oltre ai nativi americani), era intervenuta addirittura l'autorità di Amburgo che vigila sulla privacy dei cittadini tedeschi, la quale aveva stabilito che il Social Network in Blu non può imporre ai propri utenti di manifestarsi in un profilo che rispecchi l'identità reale, né può arrogarsi il diritto di richiedere dei documenti di identità per verificare che i cittadini della Rete si adeguino alle sue regole: sarebbe Facebook a doversi attenere al rispetto delle regole del Paese in cui opera, (e che, per esempio, in Germania prevedono che un cittadino possa rappresentarsi con uno pseudonimo). Ad ogni modo, come annunciato dal manager Alex Schultz in una lettera rivolta ad organizzazioni per i diritti civili, le modifiche annunciate, (che dovrebbero essere introdotte nel corso del mese Dicembre, dopo alcuni test), sono il frutto del dialogo condotto in questi mesi con le comunità e le organizzazioni che si occupano di tali temi e che hanno permesso al Social Network di capire che la politica del nome reale "non va bene per tutti" e che piuttosto bisogna parlare di volontà di far utilizzare un nome con cui si è conosciuti. Il che per Facebook significa sia permettere di motivare la scelta di un determinato pseudonimo in modo tale da diminuire i ricorsi legati alla scelta dei nomi, sia facilitare il processo di verifica nel caso di dubbio, eliminando la necessità di inviare una copia del proprio documento: una pratica che sembrava non piacere a diverse autorità locali. Comunque sia lo stesso Alex Schultz ha, infine, difeso la volontà di Facebook nel continuare a chiedere alle persone di usare i nomi con cui sono conosciuti da amici e parenti, in quanto ciò rende il Social Network più sicuro, dato che in tal modo è anche più difficile per gli utenti nascondersi dietro l'anonimato per fare molestie, atti di bullismo o frodi ai danni di altri.
Di seguito la suddetta lettera per intero:
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