Sarà capitato a tutti, (o quasi), almeno una volta nella vita di sperimentare quanto l'ansia di essere osservati possa avere un effetto disastroso sulla propria performance. Ma a quanto pare gli errori diminuiscono se ci si sente sostenuti; o almeno questo è quanto ha dimostrato un recente studio pubblicato su Scientific Reports e condotto da neuroscienziati dello Sackler Centre for Consciousness Science dell'University of Sussex e della Brighton and Sussex Medical School, i quali hanno identificato il sistema di connessioni cerebrali che fa "inciampare" proprio quando meno lo si desidera. In pratica utilizzando una risonanza magnetica funzionale, il team ha monitorato l'attività del cervello dei partecipanti durante lo svolgimento di un compito che ha richiesto loro di esercitare una precisa quantità di forza nell'afferrare un oggetto: alcuni sapevano di essere monitorati, mentre altri no. Così facendo si è scoperto che coloro che sapevano di essere sotto osservazione hanno confermato di sentirsi più ansiosi ed hanno stretto l'oggetto con più forza senza rendersene conto. Inoltre allo stesso tempo le scansioni di neuroimaging hanno mostrato che, in questa determinata situazione, la corteccia parietale inferiore, zona del cervello che aiuta a controllare le funzioni sensoriali e motorie fini, (nota anche con la sigla IPC), si disattiva. Tra l'altro, secondo quanto spiegato dagli stessi ricercatori, questa parte del cervello funziona in connessione con il solco temporale superiore posteriore, (noto anche con la sigla PSTS), nei processi mentali che portano a dedurre cosa un'altra persona sta pensando in base alle sue espressioni. In altre parole se un individuo sente che chi lo osserva desidera la sua riuscita, l'esecuzione avrà successo; mentre se l'individuo percepisce il contrario, la corteccia parietale inferiore si disattiva ed il livello delle sue prestazioni cade in picchiata. Motivo per il quale, sempre secondo i ricercatori: "Per imparare a controllare la propria attività cerebrale sarebbe importante credere che il pubblico ci sta sostenendo". Al riguardo Antonella Costantino, direttrice dell'unità operativa di Neuropsichiatria Infantile presso la Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico, ha commentato: "Il dato della ricerca è sulla componente motoria, ma analoghe riflessioni valgono anche per le performance di tipo cognitivo e potrebbe essere estrapolate per tutte le altre forme di ansia da prestazione, in cui l'atteggiamento critico, nostro o dell'altro, aumenta l'ansia e peggiora le prestazioni". Ed ha, infine, concluso dichiarando: "A fronte delle stesse conoscenze, se i bambini hanno davanti un insegnante critico o che supporta, il rendimento può essere molto differente. Genitori e insegnanti dovrebbero quindi considerare che l'atteggiamento ipercritico finisce per interferire sul pieno ed armonico sviluppo di capacità e competenze dei più piccoli".
Sarà capitato a tutti, (o quasi), almeno una volta nella vita di sperimentare quanto l'ansia di essere osservati possa avere un effetto disastroso sulla propria performance. Ma a quanto pare gli errori diminuiscono se ci si sente sostenuti; o almeno questo è quanto ha dimostrato un recente studio pubblicato su Scientific Reports e condotto da neuroscienziati dello Sackler Centre for Consciousness Science dell'University of Sussex e della Brighton and Sussex Medical School, i quali hanno identificato il sistema di connessioni cerebrali che fa "inciampare" proprio quando meno lo si desidera. In pratica utilizzando una risonanza magnetica funzionale, il team ha monitorato l'attività del cervello dei partecipanti durante lo svolgimento di un compito che ha richiesto loro di esercitare una precisa quantità di forza nell'afferrare un oggetto: alcuni sapevano di essere monitorati, mentre altri no. Così facendo si è scoperto che coloro che sapevano di essere sotto osservazione hanno confermato di sentirsi più ansiosi ed hanno stretto l'oggetto con più forza senza rendersene conto. Inoltre allo stesso tempo le scansioni di neuroimaging hanno mostrato che, in questa determinata situazione, la corteccia parietale inferiore, zona del cervello che aiuta a controllare le funzioni sensoriali e motorie fini, (nota anche con la sigla IPC), si disattiva. Tra l'altro, secondo quanto spiegato dagli stessi ricercatori, questa parte del cervello funziona in connessione con il solco temporale superiore posteriore, (noto anche con la sigla PSTS), nei processi mentali che portano a dedurre cosa un'altra persona sta pensando in base alle sue espressioni. In altre parole se un individuo sente che chi lo osserva desidera la sua riuscita, l'esecuzione avrà successo; mentre se l'individuo percepisce il contrario, la corteccia parietale inferiore si disattiva ed il livello delle sue prestazioni cade in picchiata. Motivo per il quale, sempre secondo i ricercatori: "Per imparare a controllare la propria attività cerebrale sarebbe importante credere che il pubblico ci sta sostenendo". Al riguardo Antonella Costantino, direttrice dell'unità operativa di Neuropsichiatria Infantile presso la Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico, ha commentato: "Il dato della ricerca è sulla componente motoria, ma analoghe riflessioni valgono anche per le performance di tipo cognitivo e potrebbe essere estrapolate per tutte le altre forme di ansia da prestazione, in cui l'atteggiamento critico, nostro o dell'altro, aumenta l'ansia e peggiora le prestazioni". Ed ha, infine, concluso dichiarando: "A fronte delle stesse conoscenze, se i bambini hanno davanti un insegnante critico o che supporta, il rendimento può essere molto differente. Genitori e insegnanti dovrebbero quindi considerare che l'atteggiamento ipercritico finisce per interferire sul pieno ed armonico sviluppo di capacità e competenze dei più piccoli".
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